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La Stampa Rassegna Stampa
26.04.2004 Mordechai Vanunu come Spinoza
c'è chi arriva a sostenere anche questo

Testata: La Stampa
Data: 26 aprile 2004
Pagina: 1
Autore: Guido Ceronetti
Titolo: «Laterna rossa di Guido Ceronetti»
Sulla Stampa di oggi, in prima pagina, Guido Ceronetti nella sua rubrica "Lanterna rossa", si incentra sulla vicenda di Mordechai Vanunu. La tesi di Ceronetti, peraltro assai lontano dalla realtà, è quella secondo cui Vanunu sia semplicemente un eretico, al pari di Spinoza. Eretico perchè vuole liberare Israele "dall'incubo nucleare", mentre Israele si rifiuta, giustamente, di disarmarsi senza la garanzia che gli altri lo facciano (e il reattore iraniano dimostra la validità di questa scelta). Ceronetti, successivamente, si sofferma sulla figura di Vanunu dal punto di vista di apolide che, a suo dire, riflette l'identità ebraica. Probabilmente a Ceronetti sfugge il fatto che Israele non è un monolite, così come l'identità ebraica non lo è. Lo stereotipo dell'Israele militarista porta molti a non capire cosa e chi questo Stato rappresenta. Vanunu non è un coraggioso, è un individuo che si è arricchito svelando segreti militari di uno Stato che lotta da 56 anni per la sua esistenza. Pubblichiamo il pezzo di Ceronetti:
L’ERESIA è tuttora un mestiere duro. L’eresia è un’ebbrezza di verità che si paga: con la vita o con un’esistenza difficile, che ti viene resa difficile da chi si mantiene nell’opinione giusta e dai suoi rappresentanti inesorabili. Non finiranno mai, i tribunali dell’Inquisizione.
Mordechai Vanunu, riemerso dopo diciotto anni di carcere - a suo dire durissimo - non è né un traditore, né una spia: è, imperdonabilmente, un eretico. Chi divulga segreti nucleari di cui è in possesso (divulgare a tutti non è trasmettere ad un altro Stato, ad un nemico) è uno che non crede all’utilità o alla bontà di quel segreto, e crede invece nell’utilità e bontà della sua divulgazione. Potremmo definirlo un filantropo - in primo luogo lo è - e, come apostata rispetto al Nume che è il segreto nucleare stesso, nel suo santuario di morte, dove si attua il sacrificio della materia in vista di uno smisurato sacrificio umano «se verrà il momento», Mordechai è un eretico della più grave eresia moderna, paragonabile a quella dei dualisti medievali, oggi tanto amati, per vittoria postuma limitata. Biblicamente è un rashà. Ora che è uscito, per pena interamente scontata, non si può essere certi che sia lasciato in vita. Perché non si può immaginare un eretico più completo: dopo la bomba di Dimona, la sua eresia si è attaccata allo Stato di Israele stesso, all’ebraismo dei suoi abòt sefarditi, senza fargli abbracciare (dunque è un uomo alquanto lucido) né la causa palestinese né l’islamismo, fino al ripudio dell’ebraico parlato. L’eretico nucleare si è fatto cristiano anglicano e non vuol più parlare se non in lingua anglica.
In questa catena di ripudi c’è qualcosa di profondamente ebraico: la vocazione di apolide, di essere radicati nello sradicamento, il bisogno di essere altro e altrove, la fame di un irraggiungibile più. Contro questo tipo di ebreo eccessivamente fedele alla natura propria, l’Israele-Stato, ancora in cerca di una identità nazionale accettata da tutti, è certamente più animato d’odio che verso Arafat o un capo di Hamas. Mordechai ne dubita, divorzia dall’idea nazionale, è l’ebreo che torna ad essere uno senza frontiere, postbiblico e ante-sionismo... Danno militare zero, un po’ più di verità politica: quale male avrà fatto, se non d’immagine, la pubblicazione delle rivelazioni di Vanunu sul Sunday Times, diciotto anni fa? E’ nella sua persona di sconcertante eretico l’offesa che non gli sarà mai perdonata dal potere.
Mordechai è un coraggioso, ma non è un pensatore. E tuttavia il suo caso richiama quello di Baruch Spinoza e del suo urto terribile con la potente, e arroccatissima contro i nemici religiosi, sinagoga di Amsterdam. Spinoza divulgò il segreto dell’Essere nascosto nella Dimona arcana delle Scritture: rinnegò la lingua del tempio e scrisse e parlò in latino. Visse da reietto religioso e sociale, appena appena tollerato dai riformati.
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