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Il Foglio Rassegna Stampa
23.04.2004 La bandiera della Brigata Ebraica per il 25 aprile
in memoria della liberazione dell'Italia dal nazismo

Testata: Il Foglio
Data: 23 aprile 2004
Pagina: 4
Autore: Yasha Reibman
Titolo: «Dilemma. In piazza per la Liberazione con la bandiera della Brigata ebraica tra quelle palestinesi?»
Sul Foglio di oggi Yasha Reibman illustra la sensazione di disagio da parte degli ebrei italiani nel vedere la bandiera palestinese sventolare durante le manifestazioni per il 25 Aprile. Un accostamento che nella mente di molti fa equiparare Israele ai nazisti e pertanto inaccettabile.
Questo 25 aprile, a Milano, ma ci auguriamo anche in altre città, sventolerà la bandiera della brigata ebraica, in ricordo di quegli ebrei che furono uccisi per far sì che l'Italia tornasse libera. Una storia che purtoppo non viene insegnata nelle scuole e che molti non conoscono.
Ecco il pezzo.

Sempre meno di noi vanno alle manifestazioni del 25 aprile. Il perché è semplice, ci sono sempre più bandiere palestinesi". Lo dice alla riunione della giunta della comunità ebraica milanese Raphael Schmill. Tra i consiglieri responsabili delle attività giovanili, di aerea laburista, attivista per oltre dieci anni nel movimento kibbutzista Hashomer Hatzair, Schmill non è certo uno sharoniano di ferro. In questo caso le sue parole pesano ancora di più. Da sempre la comunità partecipa alle celebrazioni che ricordano la liberazione
dell’Italia, ma oggi c’è addirittura chi ipotizza di non andarci. Lo sventolare
delle bandiere palestinesi in occasione del 25 aprile e del Giorno della Memoria
hanno contribuito a creare l’associazione tra resistenza partigiana e terrorismo
palestinese. Da lì all’equazione "Israele uguale nazismo" il passo è breve.
Equazione ritenuta vera infatti dal 30 per cento di noi italiani, quindi da una persona su tre di quelle che si incontrano al bar o allo stadio. Equazioni e associazioni che la stragrande maggioranza degli ebrei, a destra come a sinistra, non vuole certo aiutare a legittimare. Equazione pericolosa, che uccide la storia e la memoria non solo di Israele, ma anzitutto delle vittime
della Shoah e dei tanti partigiani e soldati che combatterono il nazismo. E quando la memoria e l’immagine sono annientate, trasformate al punto da essere irriconoscibili, è più facile che si arrivi fisicamente a uccidere le persone. Equazione pericolosa, che porta a giustificare il terrorismo contro i civili israeliani e contro le sinagoghe in giro per il mondo. Contro il nazismo, si sa, si combatte. Armi in pugno, come nel ghetto di Varsavia, dove gli ebrei non mandarono certo rose alle SS. Non solo, ma nei locali dove oggi si mangia la
pizza kasher quasi tutti ricordano che proprio nel 1941 Amina El Husseini, Gran
Muftì di Gerusalemme, il leader arabo del momento, invitava a risolvere la questione ebraica così come i nazisti stavano facendo in Europa. Anche a seguito di queste parole, gli anni Quaranta nel mandato britannico furono caratterizzati da pogrom contro gli ebrei. Altri, tra hummus e falafel, segnalano l’uso del doppio standard di chi fa finta di nulla di fronte alle bandiere palestinesi e trova fuori luogo la presenza della bandiera israeliana. Eppure ancora tanti nel mondo della politica, delle associazioni e del giornalismo sembrano stupirsi e non capire come tutto questo ferisca gli ebrei italiani. Difficile tenere insieme tutto. Se per molti è forte la tentazione di non esserci il 25 aprile, allo stesso tempo in quel giorno si ricorda la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista, la riconquista della libertà,
l’inizio della strada verso la democrazia. Negli anni, in tanti abbiamo fatto
nostra la convinzione che gli ebrei, come tutti, siano davvero detentori di diritti e non di benevoli concessioni unicamente nei paesi in cui vige il principio che la libertà di ciascuno finisca dove comincia quella degli altri. Questo principio ha ritrovato cittadinanza e applicazione nel nostro paese a partire dal 25 aprile.

Sotto insegne storiche
La Comunità domenica ci sarà, ma per la prima volta sotto le insegne della Brigata ebraica. Fin dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale gli ebrei dell’Yishuv, l’embrione del futuro Stato d’Israele, decisero di prendere parte al conflitto. Erano anni difficili, caratterizzati a Gerusalemme, Haifa e Tel Aviv da forti scontri tra le autorità ebraiche e quelle inglesi. In nome della dottrina Ben Gurion – secondo la quale i sionisti avrebbero combattuto gli
inglesi come se non ci fossero i nazisti e avrebbero combattuto i nazisti come se non ci fossero gli inglesi – il presidente Chaim Weizman fece continue pressioni su Winston Churchill perché ebrei partecipassero al conflitto in Europa. Sebbene una prima presenza organizzata è riscontrabile già nel 1943 nello sbarco in Sicilia, solo nel 1944 Churchill ottenne la costituzione della Brigata Ebraica. E’ così che cinquemila sionisti risalirono l’Italia, con la divisa inglese e la stella di Davide in campo blu sul braccio. Organizzati in tre battaglioni, nell’ambito del decimo corpo dell’ottava armata, combatterono contro l’esercito tedesco. Soprattutto furono tra protagonisti delle battaglie nella Valle del Senio. Dopo la guerra, l’Italia divenne con loro il crocevia per i sopravvissuti ai campi di sterminio che volevano andare in Israele a ricominciare la vita.
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