Dall'Italia c'è chi mantiene con i nostri soldi i sequestratori degli ostaggi italiani ecco come è avvenuto
Testata: Libero Data: 16 aprile 2004 Pagina: 8 Autore: Francesco Ruggeri Titolo: «Sequestratori finanziati dai nostri pacifisti»
Riportiamo l'articolo di Francesco Ruggeri che svela come il terrorismo della National Alliance, che tiene in ostaggio i nostri connazionali, si mantiene con i nostri soldi. E' pubblicato su Libero di ieri, giovedì 15 aprile '04. BAGDAD - «Gli ostaggi italiani sono delle spie, e perciò prigionieri di guerra: fanno parte dei servizi di intelligence e hanno partecipato alle attività di spionaggio contro la resistenza irachena e all'assedio contro la popolazione di Fallujah. Se verificheremo che non sono responsabili di attività di spionaggio allora li libereremo». Ad emettere questo delirante proclama, Jabbar Al Kubaysi. Il leader supremo dell'Iraqi National Patriotic Alliance (Ina), gruppo comunista tra i più attivi della resistenza antioccidentale nel triangolo sunnita, e tra i mandanti dell'ondata di sequestri. Una "Alleanza" che parla a nome di tutti i movimenti armati iracheni, che si prefigge di unificare in unico Fronte di liberazione nazionale. La dichiarazione è stata la prima ufficiale dopo il video choc trasmesso da Al Jazeera. Ieri l'hanno ripresa con evidenza agenzie e telegiornali. Ma il nome dell'autore, all'italiano medio, non dice un granchè. E invece proprio gli italiani dovrebbero conoscerlo meglio di altri. Il movimento di Al Kubaysi è stato infatti protagonista appena il mese scorso di un tour di conferenze nelle principali città del nostro Paese, mirate a raccogliere fondi per sostenere il terrorismo della National Alliance in Iraq. Sotto l'egida del Campo antimperialista di Gianfranco Mazzei e Moreno Pasquinelli (quest'ultimo in carcere da qualche settimana per gli attentati in Turchia). Detta così sembra quasi uno scherzo. Soldi italiani che finanziano una formazione che si presenta come organica ai responsabili del rapimento di cittadini italiani in quel di Fallujah. Ma per capire il fatto nella sua gravità, ci è bastato guardare gli occhi lucidi di F.A., vedova di una delle tante vittime collaterali dell'Ina di Kubaysi, rintracciata a Samarrà. Le abbiamo mostrato la foto del leader, insieme a quella del suo braccio destro Shawkat Khazindar, mentre in veste di conferenziere sollecitava donazioni durante la tappa fiorentina del "tour", sabato 13 marzo scorso presso il Circolo Arci in via Bronzino 117 a Firenze. E lei ha accettato di farsi immortalare con in mano la foto dei suoi carnefici, verso i quali nutre ovviamente il massimo disprezzo. Partecipando il 12 marzo alla serata milanese di Khazindar, organizzata come le altre da Gianfranco Mazzei del Comitato Iraq Libero del Campo antimperialista, avevamo sperato che in realtà non esistesse alcun gruppo in carne e ossa, che fosse solo propaganda. Una volta tornati in Iraq ci siamo purtroppo resi conto che gli attentati e le azioni di guerra dell'Ina "contro gli stranieri" sono tristemente famose, e con esse i nomi dei capi. Scoprendo per giunta che Kubaysi e soci altro non sono che la frangia combattente nata da una scissione del Partito comunista iracheno, con tanto di quadretto di Marx alla parete. Fuori legge e in esilio ai tempi di Saddam. Ce l'ha confermato l'attuale segretario del Pci, Ahmed Alflahi, intervistato nella sede di Baghdad, a latere di un meeting "a scopo di lucro" molto simile a quello italiano. Attentati, attacchi, agguati, e ora la nuova strategia dei sequestri "terrorizzanti". Per realizzare tutto ciò di una cosa non si può fare a meno, di denaro. Khazindar non l'aveva certo nascosto alla platea del centro sociale Cox di Milano. "Tutti i mezzi sono leciti per resistere al progetto di occupazione imperialista-sionista, principale pericolo per tutta l'umanità", aveva affermato con voce stentorea. Passando quindi ad enumerare i bisogni della resistenza clandestina, "..costretta a combattere una guerra asimmetrica con pochissimi mezzi". Forse l'idea dei sequestri è nata proprio così, come arma non convenzionale a buon mercato. E una parte dei fondi per la logistica potrebbero venire proprio dall'Italia, raccolti impunemente alla sala del consiglio regionale di Perugia piuttosto che al palazzo della provincia di Sassari o allo Slai Cobas di Napoli. "Noi semplicemente giriamo a loro i contributi", ci confessò Mazzei mentre forniva al pubblico milanese il numero di un conto corrente: 46676698, causale "Iraq".....ostaggi italiani. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Libero. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.