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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
13.04.2004 Oil for food-money seconda puntata
lo scandalo ONu che sembra non scandalizzare

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 13 aprile 2004
Pagina: 1
Autore: Claudio Gatti-Mark Turner
Titolo: «"I SEGRETI DELL’ISPETTORE"»
Pubblichiamo la seconda parte dell'inchiesta sull'Onu del Sole24ore in collaborazione con il Financial Times, firmata da Claudio Gatti e da Mark Turner, apparsa oggi sul quotidiano di Confindustria, alle pag.1 e 6.
La prima puntata è apparsa il 10 aprile sul nostro sito.

"I SEGRETI DELL’ISPETTORE"

"Ex marine ed ex agente dei servizi americani, Scott Ritter per anni è stato una vera e propria spina nel fianco di Saddam Hussein. Poi, con un clamoroso voltafaccia è diventato l'americano più apprezzato dal regime baathista, e dal gennaio 2003 uno dei più appassionati critici dell'invasione Usa. Fino all'estate del 1998, nella sua veste di capo degli ispettori dell'Onu in Iraq per cercare le armi di distruzione di massa, Scott Ritter era convinto che Saddam Hussein fosse una minaccia per l'intero Occidente e che la sua ossessione per le armi chimico biologico nucleari non si sarebbe mai esaurita.

Dal 1999, dopo essersi dimesso da quell'incarico, ha invece cominciato a sostenere il contrario e in un documentario su questo argomento ha definito l’Iraq di Saddam "una tigre e senza più artigli". Scott Ritter non ha mai nascosto di aver prodotto quel documentario grazie a $ 400.000 donati da Shaker al-Khafaji, un uomo d'affari americano di origine irachena vicino al regime di Saddam ma ha sempre asserito che quella di Khafaji era stata un'iniziativa privata, finanziata con fondi personali. In questi ultimi anni, accusato di essere usato a fini propagandistici da Saddam, Scott Ritter si era vantato di avere sempre rifiutato qualsiasi forma di aiuto da Bagdad ma un'inchiesta condotta da Sole24ore in collaborazione con il Financial Times dimostra che negli stessi giorni in cui Khafaji ha messo i $ 400.000 a disposizione di Scott Ritter per il documentario, ha ottenuto assegnazioni di petrolio da Baghdad che gli hanno reso $ 1 milioni in profitti. Quindi, mentre dava a Ritter con la sinistra, con la destra riceveva da Baghdad. E, a detta di chi comprò le assegnazioni, dichiarò di farlo a nome di Ritter.

Il nome di Khafaji era apparso poco meno di tre mesi fa, in una lista di beneficiari di assegnazioni per centinaia di milioni di barili redatta dal ministero del petrolio iracheno dopo la caduta di Saddam.

Questi individui, che il regime intendeva premiare, avevano modo di vendere le loro assegnazioni a società o traders per un profitto che oscillava tra i cinque e i 30 centesimi a barile. Senza alcun costo o rischio per loro perché il sistema era disegnato in modo da non far comparire il nome dei beneficiari delle assegnazioni nei contratti ufficiali e da permettere a tutti di negare di aver mai ricevuto soldi dal Iraq. Cosa puntualmente avvenuta.

Anche Khafaji aveva finora negato di aver ricevuto assegnazioni. Ma dall'inchiesta del Sole24ore e del Ft risulta che Khafaji ha ceduto assegnazioni per milioni di barili di petrolio iracheno alla Italtech, società di Livorno fondata da Augusto Giangrandi, un ex trafficante d'armi italo cileno che negli anni 80 era uno dei maggiori fornitori di armi a Saddam. L’Italtech a rivenduto quel petrolio alla Bayoil, società texana di David Chalmers Jr., partner di Giangrandi.

La copia di un fax datato 4 novembre 2000, firmato da Chalmers e indirizzato al signor Shaker dice: "in seguito alla mia conversazione con Augusto, può comunicare ai suoi soci in Giordania che siamo interessati a comprare le loro assegnazioni nei seguenti termini: un milione di barili di Kirkuk con destinazione Europa, 2 milioni di barili di Basrah light con destinazione Usa e 500 barili di Basrah light. La commissione sul Kirkuk è $ 0,26 a barile, sul Basrah light 30 centesimi."

Ilsole24ore e il Ft hanno anche appurato che Khafaji si dimostrò aggressivo non solo nella fase negoziale, Giangrandi lo ha definito "uno squalo", ma anche in quella successiva. Non avendo ricevuto la sua commissione nei tempi previsti, si presentò negli uffici di Abu Dhabi di Giangrandi accompagnato da due individui. "Fu una visita inaspettata, voleva la commissione, beh, diciamo che fu piuttosto insolito si limita a dire Giangrandi". Un dirigente dell’Italtech che chiede di rimanere anonimo è meno reticente: "Shakir si presentò con due armadi come guardie del corpo. Augusto fu terrorizzato e fece in modo che potesse andare a prendere i soldi a Ginevra".

La copia di un documento contabile della Italtech oggi nelle mani del liquidatore di un'altra società di Livorno di cui Giangrandi è proprietario, la Cosmos, riporta in data 17 novembre 2001 un deposito di $ 1 milione proveniente dalla Bayoil e nello stesso giorno un pagamento. A mano, uno dei proprietari della Italtech ha poi aggiunto il nome del destinatario di quei soldi: "Shaker al-Khafaji."

Raggiunto telefonicamente da Ilsole24ore e Ft, Khafaji ha per la prima volta ammesso di aver venduto assegnazioni di petrolio iracheno, sostenendo di averlo fatto per conto dei suoi fratelli. Giangrandi ha però un ricordo ben diverso e spiega che Khafaji gli disse di essere partner di Ritter e di offrire le assegnazioni per conto dell'ispettore dell'Onu. Una conferma di questa asserzione sembra venire dalla copia di un fax inviato da Giangrandi al socio in Texas, D. Chalmers, di cui Sole e Ft sono in possesso. Dopo aver incluso i dati di Khafaji Giangrandi aggiunge una nota a mano: "caro David, questo signore è il partner di S.R., con il quale sto negoziando l'acquisto di 5 milioni di barili." Khafaji nega di aver mai detto che Ritter fosse il suo partner nelle assegnazioni, e sostiene di non avere mai neppure informato l'ex ispettore Onu delle assegnazioni che negoziò per conto "della famiglia" con la Italtech.

Ritter nega di essere stato socio di Khafaji in affari petroliferi, aggiungendo di aver accettato i fondi solo a condizione che non vi fosse alcun do ut des.

A gennaio, quando divenne pubblico l'elenco del ministero del petrolio iracheno, Ritter dice di aver chiamato Khafaji per chiedergli come potesse essere incluso in quella lista. "Mi rispose di non aver mai avuto un dollaro. Che era una balla e che non sapeva come mai ci fosse il suo nome" ricorda. Ma aggiunge: se scoprissi che aveva invece ricevuto assegnazioni nel 2000 sarei senza dubbio estremamente arrabbiato. Ritter insiste ancora oggi a dire che non avrebbe mai accettato soldi dal regime iracheno per produrre il documentario, ma sebbene non vi sia alcuna prova che ne abbia ricevuti, un fatto è certo: Khafaji ha avuto $ 1 milione dal regime proprio nel periodo in cui ne dava 400mila a Ritter.

E come ammette lo stesso ex ispettore, senza quei soldi il documentario non si sarebbe mai fatto."

Nulla può essere aggiunto, se non che una riforma delle Nazioni Unite, appare più che mai urgente.



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