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Internazionale Rassegna Stampa
13.04.2004 Un po' meglio con le opinioni, ancora male con i fatti
di pelo ne perde un po', ma il vizio permane

Testata: Internazionale
Data: 13 aprile 2004
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Varie da Israele - 13/04/04»
In copertina il nuovo film di Mel Gibson, "The Passion", accusato da molti di essere un film antisemita e di riproporre l'accusa di deicidio rivolta per secoli agli ebrei.
A questo proposito, Internazionale pubblica, correttamente, articoli che offrono tutti i punti di vista.

A pag. 22 un articolo tratto dal settimanale tedesco Die Zeit che accomuna il fondamentalismo islamico a quello cristiano, che alcuni vorrebbero votato anch'esso al martirio.
A pag. 23 un parere interessante, che riportiamo, di Dina Porat (Direttore dell'Istituto Stephen Roth per lo studio dell'antisemitismo moderno e del razzismo dell'Università di Tel Aviv), tratto da Ha'aretz:

"La vera crocifissione"

Un film senza sfondo storico, che non rende giustizia alla cristianità.
Il film di Mel Gibson ha suscitato un ondata di reazioni su tutta la stampa e molti dibattiti. Negli Stati Uniti il film è stato proiettato in circa 2000 sale il mercoledì delle Ceneri, il primo giorno del periodo di Quaresima che si conclude con la Pasqua.
L'ho visto due volte ed è un film particolarmente violento, che descrive quasi tutti gli ebrei in modo così repellente da fare un torto a Cristo e a tutta la cristianità. Gesù viene picchiato, frustato e maltrattato, sanguina e si lamenta; il suo volto man mano diventa una massa informe di carne lacerata e sanguinolenta. Tutto è girato in primo piano, in sequenze lunghe ed estremamente dettagliate: dal momento in cui Gesù viene catturato dai soldati romani fino a quello della sua morte sulla croce.
Dopo aver visto in dettaglio i grossi chiodi di metallo conficcati a martellate nelle mani e nei piedi di Cristo, l'esausto spettatore spera di poter smettere di trattenere il fiato. Ma poi arriva un merlo che, con indifferente malevolenza, becchetta gli occhi e la testa penzolante del ladro appeso alla croce accanto a quella di Cristo. Il becchettare non finisce finché il merlo non è coperto di sangue. Nelle discussioni sulla stampa emerge continuamente la domanda: tutta questa violenza era necessaria?
Si risponde facendo riferimento ai problemi personali di Mel Gibson, al fatto che la violenza è di moda e piace ai giovani, fino ad arrivare a dire che si tratta di un modo per realizzare una profonda e unica immedesimazione religiosa, che gli spettatori cristiani trovano affascinante ed emozionante. La maggior parte degli ebrei ritratti nel film, non tutti, sono brutti, crudeli e facili alll'esaltazione.
Il sommo sacerdote, con il suo naso adunco e la sua espressione malevola, domina la folla ed è lui, in realtà, a costringere il governatore romano a crocifiggere Gesù. Il messaggio indiretto è che gli ebrei possono piegare al loro volere anche il rappresentante di un impero mondiale. Forse è una pesante allusione ai nostri tempi, e a quello che è stato detto sul controllo che gli ebrei avrebbero sull'amministrazione americana e sulle sue decisioni.
Non si capisce per quale motivo gli ebrei desiderino tanto crocifiggere Gesù, perché il film non fornisce agli spettatori lo sfondo storico e teologico, neanche riassunto in poche frasi, che avrebbe potuto chiarire chi era Gesù, qual'era il suo messaggio, perché le autorità ebraiche consideravano pericolose le sue dichiarazioni messianiche e che cosa stava succedendo nella provincia della Giudea sotto il dominio di Roma.
Nel film di Gibson le parti sono invertite. Il governatore romano Ponzio Pilato è un personaggio affascinante e non somiglia all'uomo che represse crudelmente molte ribellioni e fece crocifiggere migliaia di persone. Il sommo sacerdote difende solo la sua posizione il suo potere, non i principi e le usanze della sua religione.
Il governatore romano dà agli ebrei la possibilità di scegliere se salvare la vita di Cristo o quella di Barabba, un altro giudeo arrestato per i suoi crimini. E il popolo sceglie subito il criminale. Questa scelta è citata nei Vangeli, ma qui è presentata visivamente in modo da dimostrare senza ombra di dubbio che gli ebrei si identificano con il criminale e sono il contrario di Cristo, fonte di amore e misericordia.
Il film non rende giustizia a Cristo e alla cristianità anche perché l'attore Jim Caviezel, con il suo aramaico esitante, non riesce a dare l’idea di una persona che porta un messaggio nuovo all'umanità. Gesù resta solo un corpo torturato, dalla cui sofferenza nasce il culto della sua carne e del suo sangue.
La dimensione spirituale dell'origine del cristianesimo, anche se si sviluppò diversi decenni dopo Cristo, qui non esiste. L'unico elemento che riflette questa dimensione è il fatto che Gesù accetta le sue sofferenze, anzi l'accoglie con gioia e fermezza, riconoscendo di essere destinato a espiare i peccati dell'umanità.
Negli Stati Uniti molti si chiedono se Gibson odia davvero gli ebrei o se non sia l'astuto mercante. È stato influenzato da suo padre, che nega l'Olocausto?
Il film è fedele ai Vangeli, come Gibson continua dichiarare? Fino a che punto riflette la critica del regista alla decisione presa dal concilio Vaticano II nel 1965? Il concilio stabilì che sono una piccola minoranza di ebrei, quelli che vivevano all'epoca, è stata responsabile della morte di Cristo, e tutti gli altri sono assolti da questa colpa.
Ma la questione principale è se questo film violento e pericoloso, che riporta al centro della discussione l'accusa di deicidio rivolta agli ebrei, scatenerà un’ondata di antisemitismo e di violenza. Negli Stati Uniti questo non è successo.
Alcuni attribuiscono il merito all'opera che il Vaticano ha svolto dal 1965 a oggi. Ma dobbiamo temere le reazioni che il film scatenerà in Europa e nel mondo arabo.
A pag. 25 un articolo tratto dal quotidiano americano Catholic Herald che rifiuta le accuse di antisemitismo, infine dei brevi commenti tratti dai quotidiani Liberation (Francia), The Guardian (Inghilterra), El Paìs (Spagna), Al Ahram (Egitto).

Interessante il breve commento del quotidiano libanese Daily Star:

In questa parte del mondo l'antisemitismo di solito è descritto come l'inevitabile risultato del conflitto arabo-israeliano. Finora solo le autorità del Kuwait hanno censurato il film, mentre l'accoglienza più calorosa è stata ricevuta nei Territori occupati, dove i palestinesi sperano che "La passione" alimenti l'ostilità nei confronti degli ebrei.
Anche un film quindi, può andar bene pur di alimentare l'odio verso Israele.

A pag. 21, dalla cronaca da Gerusalemme:

Scontri sulla Spianata delle Moschee

Il 2 aprile la polizia israeliana ha assediato per oltre un'ora la moschea
di al Aqsa, terzo luogo sacro dell'islam, dove si erano rifugiati un
centinaio di palestinesi in seguito a violenti scontri con gli agenti sulla
Spianata delle Moschee. Dopo aver tirato lacrimogeni per disperdere la folla
che si trovava davanti all'edificio, gli agenti israeliani hanno evacuato la
moschea senza ulteriori violenze. Il responsabile palestinese dei negoziati,
Saeb Erakat, ha accusato la polizia israeliana di "aver provocato
deliberatamente" i palestinesi durante la preghiera del venerdì.
Ci risiamo, solito vizio di Internazionale, pubblicare il parere virgolettato di una unica fonte, quella che interessa a De Mauro, i palestinesi.
Non ci piace nemmeno la foto pubblicata, un soldato israeliano che mostra il manganello ad un palestinese anziano intento a recarsi in moschea.
Queste situazioni si hanno quando i disordini, in questo caso scoppiati per mano palestinese, con un fitto lancio di sassi verso gli ebrei in preghiera al Muro del pianto, rischiano di degenerare, costringendo così l'esercito ad intervenire.
Se si ha solo una fonte, allora non si dovrebbe pubblicarne il parere, altrimenti correttezza vuole che vengano pubblicate entrambe.
Internazionale stava migliorando, ma la cronaca di questo numero lo fa regredire di molto.

Ucciso un colono

Un colono ebreo è stato ucciso da un palestinese che è riuscito a
infiltrarsi nell'insediamento di Avnei Hefetz, vicino a Tulkarem. Il
palestinese è stato ucciso a sua volta dai soldati israeliani.
E' stato un assalto in piena regola, di due terroristi (uno è riuscito a fuggire), e l'uomo ucciso era un padre che ha perso la vita nell'intento di salvarla alla propria figlia adolescente.
Ucciso un uomo, non un colono; oppure gli abitanti degli insediamenti ebraici della Cisgiordania non meritano nemmeno di essere considerati uomini e donne, persone come le altre?
Da notare che il terrorista in questione, è stato rilasciato dal carcere isareliano, solo una settimana prima l'attentato.

Sharon contro Arafat

Il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha lanciato nuove minacce contro
il leader palestinese Arafat, "responsabile dell'omicidio di centinaia di
ebrei negli ultimi anni". In una serie di interviste concesse alle radio
locali in occasione dell'inizio della pasqua ebraica, Sharon ha dichiarato
che "chi uccide un ebreo, o tenta di ucciderlo, merita la morte" e che
"tutti i paesi che si rispettino devono reagire agli omicidi e difendersi,
proprio come fanno gli Stati Uniti". L'11 settembre 2003, dopo due attentati
suicidi costati la vita a 15 cittadini israeliani, il governo israeliano ha
preso, in linea di principio, la decisione di eliminare Arafat.
Sharon non ha detto esattamente così, Sig. De Mauro. Il premier israeliano ha dichiarato che "chi uccide, nel mondo, un ebreo, avrà la vita segnata, punto."
Questo è quello che dovrebbero fare tutti i leader dei governi responsabili, perseguire in ogni modo chi attenta alla vita dei propri cittadini.
Chi compie certi atti (tutti, compreso i mandanti stile Arafat), deve sapere che non resterà impunito, per niente al mondo e se quelle pronunciate da Sharon sono minacce, caro Sig. De Mauro, allora ben vengano le minaccce.

L'intervista - Hamas nell'Anp

In un'intervista pubblicata il 5 aprile dal settimanale tedesco Focus, il
presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) Yasser Arafat ha
espresso il desiderio di integrare il movimento radicale Hamas nella
struttura politica dell'Anp. Gli integralisti di Hamas si sono subito
dichiarati favorevoli all'ipotesi del leader dell'Anp, a condizione che il
movimento non sia relegato a un ruolo marginale. Il governo statunitense ha
ammonito Arafat contro l'ingresso di Hamas nel governo palestinese: il
gruppo è sulla lista ufficiale delle organizzazioni terroristiche più
pericolose del mondo. In questi giorni Hamas, insieme alla Jihad islamica,
partecipa al dialogo interpalestinese sulla futura amministrazione della
Striscia di Gaza dopo il ritiro delle truppe israeliane, deciso
unilateralmente dal premier Ariel Sharon.
Questa è un ulteriore conferma di quanto, l'Anp, sia in grado di fermare il terrorismo.
Secondo Arafat, i suoi cortigiani, e magari anche qualche simpatizzante burocrate di Bruxelles, fautore del dialogo con le bestie umane che si fanno esplodere, Israele dovrebbe, in futuro, trattare con qualche ministro dell'Anp proveniente da Hamas, magari con una cintura esplosiva sotto la giacca; così, tanto per chiudere in bellezza le riunioni di governo.
Se è questa la visione strategica dell'Anp, i palestinesi possono capire per quale motivo ben difficilmente, in queste condizioni, avranno mai uno stato.
Continua intanto il silenzio di Internazionale, abbastanza patetico per la verità, riguardo le numerose accuse e richieste di chiarimenti verso l'Anp di Arafat, in merito alla sottrazione di denaro, dirottato su conti personali del raìs di Ramallah, proveniente dagli aiuti internazionali.

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