Altro che Igor Man, Michele Giorgio lo batte di molte lunghezze fatti pochi, propaganda molta
Testata: Il Manifesto Data: 08 aprile 2004 Pagina: 2 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Iraq-Palestina- Una scia d'odio e d'affari»
Sul Manifesto di ieri, mercoledì 7 aprile:
L'assassinio dello sceicco Ahmed Yassin, leader spirituale fondatore di Hamas, compiuto da Israele il 22 marzo a Gaza, L’uccisione di un capo terrorista è per Michele Giorgio "l’assassinio di un leader spirituale": l’idea di spiritualità propognata dal quotidiano "comunista" assomiglia sempre più a quella dei crociati continua a manifestare i suoi effetti dirompenti in tutta la regione mediorientale. La temuta ed annunciata vendetta di Hamas finora non c’è stata – in parte grazie alla sorveglianza dell’esercito israeliano, in parte per contrasti interni ad Hamas. Ma Michele Giorgio vede comunque degli effetti: siccome non riesce a vederli in Israele, ha bisogno di cercare altrove. E via coi teoremi La recente chiusura del giornale del movimento sciita capeggiato dal leader religioso Moqtada Sadr, è stata decisa non solo per la campagna contro l'occupazione Usa dell'Iraq portata avanti dalla pubblicazione. Il giornale infatti aveva condannato apertamente anche l'occupazione israeliana dei territori palestinesi e
Che al-Hawza sia stato fatto chiudere è vero –che lo sia per i suoi articoli sul Medio Oriente è una palese invenzione di Michele Giorgio, che non casualmente evita di citare le fonti l'assassinio di Yassin, una personalità sunnita alla quale tuttavia anche i musulmani sciiti attribuivano doti politiche e religiose fuori dal comune
Avrà pure avuto doti religiose, ma quelli che ha ordinato sono degli assassinii: e non sembra avere le dote politiche sufficienti a farsi vendicare.
la ribellione sciita contro l'occupazione Usa ha ricordato a molti la prima Intifada palestinese (1987-'93) contro Israele, quando in strada scendevano migliaia di persone, disarmate a differenze dell'Iraq di questi giorni, a reclamare libertà ed indipendenza. Che "molti" in questi giorni siano in estasi per similitudini di vario genere non c’è dubbio, ma Mochele Giorgio non ci fornisce le prove che questi "molti" siano in Iraq e non spettatori italiani. La questione del conflitto israelo-palestinese, la centralità di un popolo che non rinuncia ai suoi diritti sanciti dalle risoluzioni dell'Onu, l’ONU? Lo stesso ONU che non ha smentito quel rappresentante palestinese che nel 1997 ha accusato gli israeliani di avere infettato con il virus HIV centinaia di bambini palestinesi? Lo stesso ONU che non è mai intervenuto per soccorrere i profughi ebrei cacciati dai paesi arabi? smentiscono giorno dopo giorno quanto sostengono gli Stati uniti sulla possibilità di «democratizzare» e «riformare» il mondo arabo-islamico, mettendo in secondo piano il problema palestinese. E su questa teoria, smentita da ciò che abbiamo di fronte ai nostri occhi, si fonda l'«iniziativa per il grande Medio Oriente» che George Bush intende presentare al mondo durante i lavori del G8 del prossimo giugno. E dopo la manfrina propagandistica, Michele Giorgio si invola verso l’evocazione della fratellanza araba Dal bagno di sangue e dalle ribellioni di questi ultimi giorni, esce per altro smentita anche la posizione di coloro che, nel periodo immediatamente successivo alla caduta di Saddam Hussein e all'ingresso degli americani a Baghdad, avevano sottolineato una «indifferenza», se non addirittura una ostilità degli iracheni verso i palestinesi, perché protetti dal regime appena abbattuto. Certo in quei giorni dello scorso maggio e giugno non mancarono casi di aggressioni e minacce contro i palestinesi, molti dei quali vennero costretti a lasciare le abitazioni che avevano ricevuto dal regime di Saddam Hussein. Tutti fatti che smentiscono il mito della fratellanza araba mondiale e chissà perché non sono mai stati riferiti da Michele Giorgio. Ma gli iracheni erano e restano profondamente contrari all'occupazione israeliana. Questo invece è un articolo di fede per il quale, come abbiamo visto, mancano prove e fonti. Tantopiù ora che vedono con i loro occhi la presenza degli interessi economici e militari israeliani all'interno dell'Iraq occupata. Ormai i prodotti israeliani - rivelava ieri il giornale israeliano Maariv attraverso altri paesi (Cipro, Giordania e Turchia) arrivano sui mercati iracheni e raggiungono perfino le truppe americane d'occupazione.
Ecco dunque il nemico: i prodotti israeliani, che contaminano la purezza del mondo arabo. Quale migliore occasione per ripetere ad uso dei lettori la lista delle marche da boicottare?
Nel nuovo export di guerra sono impegnate, tra le altre, le società Dan (autobus usati), Sonol (benzina), Hossem (porte blibdate), Tami (depuratori d'acqua), Rabintex (giubbotti antiproiettile), Etz-Carmiel (porte di legno), Tambour (colori e vernici), Trelifor (inferriate), Tempo (bevande), Delta (prodotti tessili), ecc. E, fatto singolare - sostiene sempre il Maariv - tutti gli uomini del governo israeliano che sovraintendono agli affari verso l'Iraq e tutti gli industriali coinvolti, o sono stati ufficiali dell'Intelligence di Tel Aviv o sono stati alti funzionari e comandanti dell'esercito: come l'attuale vice-direttore del commercio estero per il ministero delle finanze, Dany Katarivas, già ufficiale dei Servizi israeliani e come l'uomo d'affari che piazza i prodotti in Iraq Assaf Yarkony, già addetto militare dell'ambasciata israeliana a Roma. In altre parole: sono gli ebrei che hanno voluto la guerra. Dove abbiamo già sentito questo slogan? Ma è la presenza di consiglieri militari israeliani veri e propri in Iraq, di cui hanno riferito in questi mesi alcuni giornali arabi, a generare ulteriore, profonda inquietudine negli iracheni Non solo le merci ebraiche, ma persino ebrei in carne ed ossa calpestano il sacro suolo dell’Iraq, già ripulito da presenze sioniste con i gloriosi pogrom degli anni passati (Iraq: 150.000 ebrei nel 1948, meno di 100 nel 2001) che considerano il premier israeliano Sharon il braccio destro di Bush, il protagonista dell'occupazione militare dell'Iraq. Così la dimensione ideologico-religiosa oltreché politica che la Palestina sta assumendo con il trascorrere dei mesi, mobilita ulteriormente le masse arabe, fino a coinvolgere adesso anche gli sciiti iracheni, dopo quelli libanesi legati a Hetzbollah - anch'essi minacciati di esecuzione mirata da parte di Sharon -, ovvero la forza politico militare che sarebbe dietro all'attivismo palestinese e dei gruppi più militanti. Rinviare una giusta soluzione per la questione palestinese e continuare l'occupazione di Cisgiordania e Gaza allarga soltanto l'incendio che sta bruciando l'intero Medio Oriente. Michele Giorgio non si smentisce: fatti pochi, propaganda molta.
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