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Il Manifesto Rassegna Stampa
09.04.2004 Un'intervista (comoda) ad un poeta antisemita
su un giornale che lo applaude

Testata: Il Manifesto
Data: 09 aprile 2004
Pagina: 14
Autore: Mauro Zanda
Titolo: «La mia rivoluzione afro-comunista»
Il Manifesto di ieri, 8 aprile, pubblica a pag. 14 un'intervista a Amiri Baraka, il poeta afroamericano celebre per il suo turpiloquio antisemita. Sul sito web de Il manifesto si può leggere tutta l’intervista - http://www.ilmanifesto.it/oggi/art75.html - che però risparmiamo ai lettori, limitandoci a citare i passi significativi. Mauro Zanda, l’intervistatore, non accenna minimamente alla questione, e sarà quindi il caso di rinfrescargli la memoria. Ci è di aiuto il sito web della Anti Defamation League, http://www.adl.org/anti_semitism/baraka_words.asp ; da cui traiamo le citazioni che seguono.
Seduto di fronte ad un buon bicchiere di vino rosso, fisico minuto, scoppola e fazzoletto al collo, Amiri Baraka ricorda con piacere i suoi numerosi passaggi romani ai tempi in cui l'amico Renato Nicolini animava l'estate romana. Stavolta le direttrici della vita e dell'arte lo riportano nella città eterna per un concerto speciale in cui - voce e poesia - si ritrova ad accompagnare la nuova scena del jazz radicale newyorkese in una stimolante rilettura delle canzoni di Curtis Mayfield. Poeta, saggista, scrittore, critico musicale e drammaturgo, Baraka deve la sua fama internazionale soprattutto a un testo, Blues People
Ma anche al contemporaneo Black people, in cui i fratelli neri sono incitati a rubare le merci dai negozi di ebrei perché Questi ebrei ci hanno dato da adorare uno di loro crocefisso [Gesù Cristo] al posto di noi stessi e ci vendono patatine e coca cola, e fanno i calcoli usando l’aritmetica che hanno rubato ai fratelli arabi"
Un libro pubblicato originariamente nel 1963 che, a quarant'anni di distanza, possiede ancora intatta la portata innovativa della sua prospettiva critica, con una prima parte fortemente caratterizzata da un approccio antropologico e una visione d'insieme

Personalità febbrile e poliedrica, Amiri Baraka (all'anagrafe LeRoi Jones) nasce come poeta beat negli anni '50 al fianco di Allen Ginsberg, ma ben presto avrebbe rivisto le sue posizioni artistiche in senso più militante: «Non ero che un bohémien di colore, e non potevo più esprimermi in quel modo. Sarei divenuto forte abbastanza da dire ciò che c'era da dire per tutti noi: per i neri certo, ma anche per tutti coloro che cercavano giustizia». Fu così che a metà degli anni `60 abbraccia il nazionalismo nero e partecipa attivamente alla rivolta di Newark per la quale nel 1968 verrà condannato al carcere con l'accusa di trasporto d'armi.

Ed è nel 1966 che Baraka pubblica un poema antisemita intitolato Black art, colmo di riferimenti agli sfruttatori giudei (the owner-Jews), ai cospiratori sionisti mascherati, alle jewlady [signorinelle ebree]…
A partire dal 1975 rivedrà anche le sue posizioni separatiste, sposando con fervore la dottrina marxista e restando fino ad oggi - per sua stessa definizione - un irriducibile afro-comunista.


Finché nel 1980, scriverà nelle "Confessioni di un ex antisemita": "il tanto vantato appoggio degli ebrei ai movimenti neri per i diritti civili aveva il solo scopo di poter sfruttare i neri". E se non fosse un ex antisemita, ma antisemita e basta, cosa avrebbe scritto, il compagno Bakara?


"Come ha reagito la comunità afro-americana di fronte alla nuova crociata anti-Islam portata avanti dopo l'11 settembre dall'amministrazione Bush?"

La comunità nella sua stragrande maggioranza è contraria.

Nella fattispecie Bakara è celebre per il poemetto Qualcuno ha colpito l’America, che contiene questi edificanti versi: "Who told 4000 Israeli workers at the Twin Towers / to stay home that day?" e cioé: Chi ha detto ai 4000 israeliani che lavoravano nelle Twin Towers / di stare a casa quel giorno ? La leggenda dell’11 settembre come parte del complotto ebraico mondiale…
Non ho mai visto come negli ultimi due anni un ritorno ai costumi dell'Islam da parte dei neri.
Anche i ragazzi hanno avuto questo tipo di reazione; molti di loro adesso sfoggiano dei copricapo mussulmani che, anche fosse solamente una moda, è comunque sintomatico di un clima ben preciso.

Chissà perché l’ "afro-comunista" Bakara non ha nulla da ridire sulla diffusione tra i giovani neri di una ideologia sciovinista e razzista, come l’Islam del reverendo Farrakhan, già celebre per aver negato la Shoah
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