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Il Mattino Rassegna Stampa
06.04.2004 Dare per buone solo le fonti palestinesi e processare Sharon
è lo stile del quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 06 aprile 2004
Pagina: 5
Autore: la redazione
Titolo: «Seppellita la Road Map»
Esaminiamo il linguaggio di due articoli usciti oggi sul quotidiano napoletano.
Sin dal titolo si capisce che non fa informazione ma propaganda. Si estrapola una frase dal suo contesto e la si dà per affermazioneche contraddistingue l'articolo intero. Le interviste che Sharon dà in conferenza stampa diventano una "raffica". La sua dichiarazione "chi fomenta uccisioni di ebrei rischia la morte" viene estrapolata dal contesto più generale e stampata a mo' di dichiarazione criminale. Ci chiediamo cosa dovrebbe mai dire il premier di un governo di fronte ai continui proclami che invitano ad uccidere "ebei ovunque si trovino". Far finta di niente ? Stupirsi poi per la prematura fine della Road Map quando è stato proprio Arafat ad averla disattesa non fermando il terrorismo è stupefacente. Tutto il pezo è una specie di processo a Sharon, anche alle intenzioni, come quando si chiede perchè il premier non abbia annunciato prima il ritiro da Gaza. Non passa in mente al cronista del Mattino che Sharon ha sperato fino all'ultimo nella Road Map e che solo quando ha visto che non poteva funzionare per colpa di Arafat (lo ripetiamo, la prima condizione era fermare il terrorismo)ha messo in corso il progetto del ritiro da Gaza.
Anche il secondo pezzo, il titolo contiene già l'atto d'accusa. L'articolo non dice che i tre stavano per entrare in un villaggio ebraico. Che fossero disarmati non è una giustificazione. Non si sono fermati all'alt. Anche in Italia, a maggior ragione in un momento di attacchi terroristici, se non ci si ferma all'alt si rischia una sventagliata di mitra. Che stessero "tornando a casa" è una fonte palestinese che lo dice. Ma per il Mattino quella fonte è l'unica alla quale attingere.
Sotto ai due pezzi non c'è la firma di Michele Giorgio. Ma è come se ci fosse, visto il tono ed il linguaggio.

Eccoli:

Seppellita la Road Map
No allo Stato di Palestina

Tel Aviv. Una nuova summa dello Sharon-pensiero in una raffica di interviste a tutti i maggiori quotidiani israeliani e a tutte le stazioni radio-tv alla vigilia del Pesach, la Pasqua ebraica. In passato, la tradizionale carrellata di interviste con il premier in carica avveniva in occasione della Giornata dell'Indipendenza. Ma quest'anno essa si celebra solo il 26 aprile, e a maggio i 230.000 membri del Likud, il partito del premier, dovranno pronunciarsi sul suo piano di ritiro unilaterale da Gaza e di disimpegno dai palestinesi. Le resistenze nel partito sono forti, il tempo stringe.
«Chi fomenta uccisioni di ebrei rischia la morte», annuncia Sharon, forse alludendo anche al presidente palestinese Yasser Arafat. Poi aggiunge che il suo piano di disimpegno dai Territori palestinesi nasce allo scopo di archiviare altri piani - fra cui la Road Map (il tracciato di pace del Quartetto Usa-Ue-Onu- Russia) e l'Iniziativa di Ginevra - che non possono essere realisticamente realizzati perchè sono nocivi per Israele. Insiste che il ritiro da Gaza, unito alla costruzione della barriera di sicurezza in Cisgiordania, «sono un colpo mortale ai sogni palestinesi». «In questo modo impediremo la nascita di uno Stato palestinese, per molti anni», afferma. «Un vero peccato per i palestinesi, che se non avessero abbandonato il tavolo dei negoziati avrebbero ottenuto molto di più».
In altre interviste Sharon usa toni meno duri o minacciosi, e sottilinea che la Striscia di Gaza deve essere sgomberata tutta, fino all'ultimo insediamento, fino all'ultima casa. In teoria, Sharon vorrebbe lasciare anche la strategica linea di demarcazione fra Gaza e il territorio egiziano, il cosiddetto «Asse Filaldelfi» attraverso avverrebbe un contrabbando di armi. Se qualcuno se ne prendesse carico, Israele lo lascerebbe ben volentieri. Altrimenti sarà necessario mantenervi il controllo in via transitoria, cosa che comporta la necessità di estendere la fascia pattugliata dall'esercito israeliano. Numerose case palestinesi dovranno allora essere rase al suolo, nella zona di Rafah. Ai senzatetto - suggerisce Sharon - potrebbero essere assegnate la case lasciate a Gaza dai coloni.
La domanda che nasce spontanea a diversi intervistatori è se non sia un peccato che il ritiro da Gaza non sia stato offerto sei mesi fa all’allora premier palestinese, Abu Mazen. «La colpa del suo fallimento va attribuita tutta ad Arafat», replica il premier israeliano. E il terrorismo, continuerà anche dopo il ridispiegamento da Gaza? Sharon teme che la risposta sia positiva, ma ritiene che Israele si troverà allora in una posizione migliore, perchè avrà ridotto lo scontro quotidiano con i palestinesi.

CONTRO DI LORO UN COLPO DI CARRO ARMATO: ERANO DISARMATI
Tre giovani uccisi dai soldati nei Territori

Erano disarmati i tre giovani palestinesi uccisi all'alba di ieri da un colpo sparato da un carro armato israeliano nella Striscia di Gaza. Lo ha ammesso anche la radio di stato israeliana. I tre - Imad Juda, Muhammad Abu Samhadana e Mhammad Abu Rabia, di età compresa tra i 18 e 19 anni e tutti originari del campo profughi di El-Bureij - sono stati uccisi nei pressi del valico di Karni, tra la Striscia di Gaza e Israele. Secondo fonti militari israeliane, i soldati hanno aperto il fuoco contro «tre sagome sospette» che stavano avvicinandosi al valico. Il capo della sicurezza generale palestinese, generale Abdelrizak Al Majada, ha però affermato che l'uccisione dei tre palestinesi costituisce «un crimine atroce» e rappresenta «un atto immorale contrario ai diritti dell'uomo», poichè i soldati avrebbero «teso una trappola» alle giovani vittime, contro le quali avrebbero aperto il fuoco senza preavviso mentre stavano tornando a casa.


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