Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
La nostra arma contro il terrorismo islamico in un intervento di Sir Ivor Roberts, ambasciatore britannico in Italia
Testata: Corriere della Sera Data: 06 aprile 2004 Pagina: 6 Autore: Sir Ivor Roberts Titolo: «L'Europa dei valori universali deve dire a questi assassini che non aprirà le porte delle nostre città ai nuovi barbari»
Riportiamo l'intervento di Sir Ivor Roberts, ambasciatore britannico in Italia, sui rapporti fra l'Europa e il nuovo terrorismo anti-occidentale. E' pubblicato sul Corriere della Sera di oggi, martedì 6 aprile '04 a pagina 6. Lo dedichiamo a quanti hanno sempre sottovalutato quanto avviene in Israele per colpa del terrorismo palestinese e a quanti alzano il sopraciglio quando si fa il paragone con il pacifismo degli anni trenta che ci ha regalato la seconda guerra mondiale. Ecco l'articolo: Appena qualche giorno fa, una importante operazione di polizia a Londra ha portato all'arresto di otto presunti terroristi islamici. Le indagini dimostreranno se e come queste persone davvero stessero progettando di colpire. Tuttavia, c'è un dato importante ed immediato da cogliere subito e che riguarda tutti noi Europei: anche se ci stiamo preparando al peggio, anche se è difficile difenderci, non per questo dobbiamo rassegnarci a diventare carne da macello. Se qualche assassino intabarrato, col suo ripieno di odio ed esplosivo, si è fatto l'idea che l'Europa sia una specie di grande luna park, nel quale si può comodamente entrare e giocare al tiro al bersaglio, si sbaglia. Se pensa che Spagnoli, Italiani, Britannici, Francesi e quanti altri siano solo delle paperelle da abbattere mentre vanno a lavoro o tornano dalle loro famiglie o escono a comprare il giornale, si sbaglia ancora di più. Non siamo ancora i cortigiani stanchi descritti da Costantino Kavafis che aspettano rassegnatamente i barbari alle porte della città. Siamo una società viva e reattiva, che ha i suoi mezzi — mezzi democratici e legali — per combattere il terrorismo. L'abbiamo fatto in passato in Irlanda del Nord, in Italia, in Germania, in Grecia, nei Paesi Baschi. Possiamo farlo oggi contro un nemico nuovo, per quanto infido e nascosto. « Noi amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita » , ha detto un « rappresentante » di Al Qaeda in Europa, suscitando sconcerto, e forse un po’ di ammirazione in quanti si sono affacciati al XXI secolo orfani di vecchie e consolidate ideologie totalitarie. Questo signore, evidentemente, non sa quanto noi amiamo la vita, la nostra e quella degli altri. Anche la vita di quelli tra noi che si macchiano dei più orrendi delitti: la pena di morte, in Europa, è scomparsa e nemmeno i terroristi riusciranno a farla tornare. Però, non vorrei nemmeno che qualcuno pensasse che amiamo la vita così tanto, da essere disposti a pagare qualsiasi costo pur di sottrarci a qualsiasi rischio. Per noi la vita ha senso se possiamo vivere liberi e con dignità. E di sicuro non c'è dignità, né libertà, nel ritirarsi di fronte a chi pretende di restaurare il medioevo con la violenza cieca degli attacchi suicidi. Il mio Paese ha sperimentato qualcosa di simile un po’ di tempo fa. Hitler aveva conquistato l'Europa continentale e non avrebbe visto male una tregua con il Regno Unito, se non altro per volgersi con le spalle coperte contro il suo odiato ex alleato sovietico. Su Londra pioveva più del solito in quel periodo, ed era una pioggia esplosiva. Le V2 attraversavano la Manica più frequentemente di quanto oggi non facciano i treni attraverso l'Eurotunnel. Ci sarebbero stati degli indubbi vantaggi pratici nel ricercare una tregua. Decidemmo di non farlo, tra l'altro, perché non potevamo accettare di vivere soggiogati dalla paura, limitati nella nostra libertà, prigionieri nel cortile di casa nostra. Non lo faremo oggi con Al Qaeda ed i suoi accoliti sparsi nel mondo. Ritirarsi dall'Iraq, quindi, adesso più che mai, sarebbe inutile e dannoso. Innanzitutto, abbandoneremmo al loro destino gli Iracheni, nel momento in cui più hanno bisogno del nostro aiuto e stanno faticosamente compiendo i primi passi verso un futuro democratico ed indipendente. Poi, mostreremmo ai terroristi che, se ci colpiscono abbastanza forte, possono ottenere i risultati che desiderano. Non credo che sia il caso di incoraggiarli in tal senso. Né devono pensare di poterci dividere: al di là di tutte le legittime considerazioni sull'intervento militare in Iraq, questo è davvero il momento di mettere da parte le diatribe ed essere uniti. Dobbiamo reagire e difenderci, quindi, ed abbiamo i mezzi per farlo. Come i leader europei hanno ripetuto ancora la settimana scorsa, possiamo iniziare attuando appieno il Mandato d'Arresto Europeo che abbiamo concordato 3 anni fa. Alcuni Stati Membri sono ancora indietro al riguardo, ma sono sicuro che comprendono l'importanza rivestita dalla questione. Ci occorrono misure concrete di polizia e giudiziarie, un miglior meccanismo per lo scambio di intelligence, migliore sicurezza dei trasporti ed ai confini e migliori misure per combattere il finanziamento del terrorismo. Poi, dobbiamo privare i terroristi della loro scusa preferita: la questione mediorientale. Questi assassini uccidono — a più riprese ed in più Paesi — degli Arabi e pretendono di farlo in nome della libertà di altri Arabi. Se riusciamo a portare avanti la Road Map e ad aiutare Palestina ed Israele a risolvere i loro annosi problemi con una soluzione equa e sostenibile, non solo avremo fatto una cosa buona e giusta di per sé, ma avremo anche smascherato questo bluff sanguinario. Infine, ritengo che sia fondamentale che — una volta compiuti gli ulteriori passi necessari sulla via del programma di riforma e modernizzazione già intrapreso — la Turchia venga accolta nella Ue. Avere al suo interno un Paese con simili potenzialità, sarebbe un grande vantaggio per l'Unione, ma non solo. Sarebbe l'esempio concreto che l'Europa non è un « club esclusivo » riservato agli « occidentali » o a chi ha radici — come pure il mio Paese — giudaico- cristiane. L'Europa si fonda su valori universali — libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani — che vanno al di là dell'appartenenza religiosa o etnica, e che sono la legittima aspirazione di tutti i popoli del mondo. Abbiamo chiesto alla Turchia di abbracciare questi valori. Anche perché la battaglia che stiamo combattendo contro il terrorismo sta proprio in questi termini: loro odiano non soltanto la « nostra » civiltà, ma la civiltà in assoluto. Perché nei Paesi civili non c'è più posto per i barbari ed i fanatici della morte, dopo che li abbiamo sconfitti — in modi e forme diverse — nel secolo scorso. Aiutare — anche qui in modi e forme diverse — i Paesi che ne hanno bisogno a recepire i valori universali di cui sopra e a costruire ( o ricostruire) la loro civiltà è la nostra migliore assicurazione contro il terrorismo. Per farlo, dobbiamo riconoscerci tra noi, contarci ed affrontare questa minaccia uniti. Possiamo non essere d'accordo sull'interpretazione giuridica di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma non possiamo non essere d'accordo sul fatto che, di fronte a chi massacra gli innocenti, non ci sia spazio per l'incertezza o il compromesso. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere al Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.