Parole chiare su antisemitismo e Israele quelle di Beate Winkler. Sarà per questo che Prodi le voleva tenere in un cassetto
Testata: La Stampa Data: 02 aprile 2004 Pagina: 8 Autore: Ingrid Badurina Titolo: «In Italia un antisemitismo trasversale»
Beate Winkler, che ha curato il rapporto sull'antisemitismo in Europa (si veda anche IC di ieri) e che il Parlamento Europeo ha tenuto per mesi in un cassetto (Prodi l'aveva definito "non convincente a approssimativo") riprende oggi l'argomento con una intervista da Zagabria a Ingrid Badurina. E parla chiaramente sulle differenze fra antisemitismo e pregiudizio contro Israele ma anche sulle sue connessioni. Speriamo che la leggano Prodi, D'Alema & C. e che ne approfittino per imparare qualcosa. Ecco l'articolo: ZAGABRIA BEATE Winkler dirige dal 1998 il Centro Europeo per il monitoraggio del razzismo e della xenofobia (Eumc) con sede a Vienna. Affiancata da Pat Cox, il presidente del Parlamento europeo, Winkler ha presentato mercoledì a Strasburgo il rapporto sulle manifestazioni di antisemitismo nei Paesi dell’Unione Europea nel 2002 e nel 2003. Una raccolta impressionante di dati che mostrano un fenomeno in crescita allarmante. Come spiega il ritorno dell’antisemitismo in Europa? «L’antisemitismo sta crescendo un po’ ovunque, ma bisogna distinguere tra i Paesi come Belgio, Germania, Francia, Gran Bretagna e Olanda dove gli atti e le violenze antisemite sono molto più presenti che nei Paesi come l’Italia, la Spagna, l’Austria e la Grecia dove però il discorso pubblico sta diventando sempre più duro. Purtroppo, comincia sempre dalle parole. Una delle spiegazioni possibili è la paura della gente. Ma il discorso pubblico può essere influenzato dai leader politici che devono affermare in modo chiaro e trasparente l'inaccettabilità dell’antisemitismo». In Italia, malgrado l’assenza di aggressioni fisiche sono in aumento le minacce verbali, le lettere minatorie, i graffiti antisemiti, nonché il numero dei siti Internet che diffondono la propaganda contro gli ebrei. Generalmente sono collegati ai partiti della destra radicale, ma il rapporto afferma che l’atteggiamento antisemita è diffuso in tutti i partiti politici italiani». «Ed è proprio questo che è pericoloso. Alcuni partiti politici giocano sulle paure della gente. Spesso il discorso viene collegato alla questione dell’immigrazione. Certo, la comunità ebraica non è una società di immigrati, ma viene inserita comunque nella categoria degli ‘’stranieri’’. L’antisemitismo è caratterizzato dalla teoria del complotto ebraico, dall’antigiudaismo a sfondo religioso. Si gioca quindi sui vecchi pregiudizi contro gli ebrei. La comunità ebraica in Italia è piccola, ma soffre molto di questo atteggiamento. In ogni caso le campagne politiche che si basano su questi concetti sono fatte per nascondere i veri problemi sociali». Le punte di picco dell’antisemitismo sono coincise con l’aggravarsi del conflitto in Medioriente. Non c’è il rischio di confondere la critica della politica israeliana con atti di antisemitismo veri e propri? «Certo, sono due cose distinte, ma possono essere tutt’uno. Spesso le separa un filo molto sottile, per questo bisogna stabilire il contesto preciso degli eventi. Per esempio, è più che ovvio che negare ad Israele il diritto di esistere è una posizione antisemita, mentre criticare la politica del governo israeliano non deve per forza esserlo. Ne abbiamo discusso nel Parlamento europeo e abbiamo concluso che la distinzione è necessaria, ma che bisogna comunque focalizzare la nostra azione su quello che succede veramente all’interno dell’Unione Europea». I sondaggi condotti in Italia hanno mostrato che il 54 per cento degli intervistati considera che gli ebrei italiani hanno caratteristiche diverse dal resto della popolazione, mentre il 68 per cento ne vede la ‘’prova’’ nel loro particolare rapporto con il denaro, nella loro mentalità e nello stile di vita diversi da quelli degli altri italiani. Difficilmente queste convinzioni possono essere collegate al conflitto in Medioriente. «Certamente no, ma di queste cose bisogna parlarne e non nascondere i problemi sotto il tappeto. Dobbiamo cercare di mostrare quello che tutti noi abbiamo in comune. Se si analizzano i vari aspetti della società ci sono molte esperienze comuni, ma ci sono anche delle differenze. Bisogna vedere le due cose, per poter superare la divisione tra "noi" e "loro" che ha radici profonde nella società moderna. In questo caso diventa importante il discorso politico che ha una grande influenza sull’opinione pubblica. Le nostre ricerche hanno infatti dimostrato che nei Paesi dove è stato aperto il dibattito pubblico sull’antisemitismo, la gente ha cominciato a non accettarlo». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.