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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.03.2004 Polo Mieli scrive come la pensa sull'ONU
un articolo per quegli "esperti" che citano l'ONU ad ogni piè sospinto

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 marzo 2004
Pagina: 33
Autore: Paolo Mieli
Titolo: «Il dopoguerra in Iraq e l'«ideologia onusiana»»
Nella rubrica "lettere al Corriere" del Corriere della Sera di ieri -lunedì 29 marzo '04- Paolo Mieli risponde ad un lettore che gli domanda perchè sia così scettico sul ruolo delle Nazioni Unite quando si tratta di risolvere controversie internazionali. L'esempio che noi di Informazione Corretta abbiamo quotidianamente sotto gli occhi è quello di Israele che vanta in assoluto il maggior numero di risoluzioni sfavorevoli e accusatrici nei suoi confronti. Ma la scorrettezza onusiana non si ferma qui come ben spiega Mieli nell'articolo. L'Onu non funziona. Consci di questo fatto ne abbiamo sempre analizzato criticamente le risoluzioni,e ci fa piacere leggerlo sul Corriere. Speriamo che chi ideologicamente lo difende a spada tratta se ne accorga.

Riportiamo la lettera del lettore, cui segue la risposta di Paolo Mieli.

Nel dibattito da lei aperto sui paragoni possibili tra i cosiddetti « tre dopoguerra » ( Kosovo, Afghanistan e Iraq) ho notato che si è pronunciato in termini per così dire assai prudenti nei confronti delle Nazioni Unite.
Lei si augura che a Bagdad avvenga un passaggio di consegne all’Onu, ma nello stesso tempo si mostra scettico sulle capacità dei caschi blu di dirimere i conflitti postbellici. So bene che le esperienze passate ci inducono a qualche trattenimento, ma mi domando che cosa ci sia di specifico che possa provocare questa esitazione. Forse il timore che un sovrappiù ideologico induca a coltivare eccessive speranze? O teme che le maggioranze terzomondiste al Palazzo di vetro danneggino la causa della democrazia in Iraq?

Maurizio Manfredini - Milano
E Paolo Mieli risponde:
Caro signor Manfredini, temo come la peste 1’ « ideologia onusiana » , quella semplificazione che ci può indurre a pensare che mettendo il pacco incandescente dell’Iraq nelle mani di Kofi Annan tutto poi andrà inevitabilmente per il meglio. Nel suo ultimo libro, « L’Ouest contre l’Ouest » ( in cui ricorda che come insegnava Tucidide fin dai tempi della guerra del Peloponneso, i conflitti più duri sono quelli che oppongono i simili ai simili) André Glucksmann trascina sul banco degli imputati la mentalità che — nonostante le Nazioni Unite vantino un record di disfunzioni, compromessi e fallimenti davvero considerevole — considera l’Onu un « sancta sanctorum, un riferimento assoluto, imparziale, onnisciente » .
Angelo Panebianco ha fatto, sulla prima pagina di questo giornale, rilievi analoghi ( che condivido) nei confronti della « visione fortemente idealizzata, involontariamente caricaturale, dell’Onu, intesa come l’alfa e l’omega della legalità internazionale, il potenziale governo ( benefico) del mondo » .
In realtà questo modo di guardare alle Nazioni Unite serve, secondo Panebianco, ai settori più antiamericani della sinistra « per i quali l’Onu è una carta da usare solo quando serve a mettere in difficoltà gli Stati Uniti » .
Per il resto... L’avvocato liberal americano Alan Dershowitz, nel libro « The Case for Israel » ha accusato l’Onu addirittura di aver dato legittimità alla lotta armata. Come? Con una particolare forma di strabismo: esistono parecchi popoli « occupati » , tibetani, curdi, armeni, palestinesi ma soltanto questi ultimi hanno ricevuto un riconoscimento ufficiale dall’Onu dopo che « hanno inventato e perfezionato il moderno terrorismo » . Non solo l’Onu, ha detto ancora Panebianco, non è e non sarà mai un « governo mondiale » ma è anche una vera fortuna che non lo sia data la quantità di Stati tirannici che ne fanno parte: l’Onu è soltanto un utile luogo di incontro tra le grandi potenze, « in grado a volte ( ma più spesso no) di mitigare le asprezze della competizione politica internazionale » . E ci sono poi anche altri problemi.
Di malefatte dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ( Acnur) si è occupato tempo fa sul Foglio Guglielmo Verdirame. Nel 1997 durante una manifestazione di protesta contro l’amministrazione del campo profughi di Kakuma nel Nord- ovest del Kenya, un gruppo di rifugiati distrusse un capannone che era stato costruito dall’Acnur e trafugò razioni alimentari dai depositi.
L’Acnur d’intesa con le organizzazioni umanitarie che operavano nell’area decise di sospendere la distribuzione di cibo a tutti e di licenziare i rifugiati suoi dipendenti. L’applicazione di queste pesantissime misure non fu risparmiata a nessuno degli oltre venticinquemila del campo, i quali non avevano altro mezzo di sostentamento se non quel cibo, neanche alle donne incinta o ai bambini. Ma la cosa più terribile, secondo Verdirame, è che « l’evento passò inosservato così come altri casi di punizioni collettive in campi profughi in Africa orientale e occidentale » .
L’antropologa Barbara Harrell- Rond ha pubblicato su « Human Rights Quarterly » uno studio su queste « disumanità degli umanitari » . Lo stesso ha fatto lo studioso Alex de Waal che si è occupato di nefandezze analoghe a quelle keniote compiute nell’aiuto all’Etiopia negli anni Ottanta.
E chi come me, per motivi che ho spiegato più volte, pur si augura un ampio coinvolgimento delle Nazioni Unite nel dopoguerra iracheno, queste osservazioni e questi precedenti li deve tenere bene a mente. Sempre.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere al Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.




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