Due storie palestinesi per capire fin dove arriva il fanatismo
Testata: Libero Data: 29 marzo 2004 Pagina: 14 Autore: Angelo Pezzana Titolo: «Quando l'Intifada sbaglia mira e uccide palestinesi innocenti»
Riportiamo l'articolo di Angelo Pezzana pubblicato su Libero di ieri, domenica 28 marzo 2004. George Khoury e Hussam Abdo, due giovani palestinesi i cui nomi non dicono più di tanto al lettore italiano. Le loro storie, già archiviate con passare dei giorni, sono però quanto mai illuminanti se si vuole capire la società palestinese, e il fanatismo di cui è impregnata, al di là dei resoconti di guerra quotidiani. Il primo, George Khouri,21 anni, studente all'università ebraica, è stato ucciso a colpi di pistola il 19 marzo scorso mentre faceva jogging a French Hill, una quartiere residenziale molto elegante di Gerusalemme. Era un venerdì, le strade deserte per l'inizio di Shabbat, George con tuta sportiva e auricolare si allenava a correre per le strade di una delle più belle colline della capitale, quando una macchina gli si accosta e dal vetro abbassato si sporge la mano che lo ucciderà con una raffica di colpi andati perfettamente a segno. Segue il solito comunicato delle Brigate Al Aqsa (il braccio armato di Arafat) che rivendicano la responsabilità dell'attentato. Ma i terroristi questa volta hanno commesso un errore. George non era ebreo ma palestinese, figlio - ironia della sorte- di un facoltoso avvocato famoso per difendere i terroristi nei tribunali israeliani. Gli assassini rilasciano allora un secondo comunicato nel quale si "scusano per l'errore", George si trovava in un quartiere prevalentemente ebraico, chi poteva immaginare, e poi inviano sentite condoglianze alla famiglia, quasi complimentandosi per avergli dato l'opportunità di avere un figlio "shaid",martire. Al funerale la reazione della madre è stata molto forte. " Mio figlio non è uno shaid" ha urlato, "ma un angelo e me l'avete ucciso". " E' stata un tragedia che dimostra quanto il terrorismo sia cieco e non ditingua tra arabi ed ebrei" è stato Il cinico commento dei colleghi avvocati del padre. Hussam Abdo è un po' meno sconosciuto di George, se non altro perchè il suo caso è dell'altro ieri e la sua vicenda ha riempito giornali e TV. E' il ragazzino che stava per farsi saltare ad un posto di blocco ma che i militari israeliani hanno salvato impedendogli di azionare il giubbotto esplosivo. La famiglia ha cercato di difenderlo dichiarandolo debole di mente, incapace di capire cosa stesse facendo. Ma la famiglia mentiva, sapevano benissimo quel che Hussam stava per compiere. L'indignazione dei genitori, il loro dichiararsi all'oscuro di tutto, era preparata per non avere grane con le autorità israeliane. L'ha rivelato, senza volerlo, la madre, che si è fatta riprendere dai giornalisti con la fotografia del figlio fra le mani. Hussam appare con i capelli rasati, esattamente come fanno tutti gli shaid prima di compiere il folle gesto. Lasciano di sè un'immagine alla famiglia, ed il taglio dei capelli a zero è uno dei compiti cui devono sottostare. Era tutto predisposto quindi, con la famiglia già pronta a farsi reprendere con la foto del figlio "eroe" morto per la causa. E con in tasca i dollari che ancora oggi vengono elargiti alle famiglie dei terroristi suicidi. Nessun ragazzo celebrerebbe un normale taglio di capelli regalando il suo ritratto in grande formato alla madre. Qualcosa non ha funzionato. Hussam era troppo imbottito per non destare sospetti. Una volta scoperto, si è inventato la storia dei venti euro che gli avevano dato degli sconosciuti. Ma la foto già pronta per il macabro rituale di sempre ha smascherato l'imbroglio. Peccato che ci siano cascati tutti e che Hussam sia stato fatto passare per un povero ragazzino impaurito. Era invece il prodotto del fanatismo islamico, che induce persino i genitori a sacrificare un proprio figlio pur di obbedire ai quei "leader spirituali" alla Yassin, che tanto mondo occidentale ha ipocritamente commemorato. A differenza di George, Hussam è vivo. Non per merito dei suoi, che sarebbe stati orgogliosi della sua morte, ma grazie ai soldati israeliani. A loro dovrà dire grazie domani, se mai ne avrà la libertà di farlo.