Ogni giorno sempre peggio il quotidiano cattolico lo diciamo con rammarico, ma è purtroppo vero
Testata: Avvenire Data: 26 marzo 2004 Pagina: 6 Autore: Luigi Geninazzi Titolo: «In Medio Oriente è guerra aperta sui baby-kamikaze»
A proposito della vicenda del ragazzo bomba di mercoledì su Avvenire di oggi Luigi Geninazzi firma un articolo dal titolo "In Medio Oriente è guerra aperta sui baby kamikaze". Che guerra? viene da domandarsi; su un tema del genere la condanna dovrebbe essere unanime, invece Geninazzi si prodiga nell'apportare falsi distinguo e instillare dubbi laddove non ce ne sono. Dopo aver parlato del dissenso di alcuni nella società palestinese all'utilizzo di minorenni per compiere attentati e al continuo lavaggio del cervello a cui vengono sottoposti, Geninazzi riporta le opinioni dell'addetto al ministero dell'informazione Anp, ministero che a noi italiani ricorda, nel migliore dei casi, il mussoliniano minculpop. Tale Yaqub Shahin sostiene che in realtà la vicenda del ragazzo bomba altro non sia che una montatura israeliana, il cui scopo sarebbe quello di recuperare consenso di fronte agli occhi dei media e dell'opinione pubblica internazionale; probabilmente, se l'attentato fosse riuscito, la stessa tv palestinese ne avrebbe lodato le gesta come risposta all'eliminazione di Yassin.(vedere (La Stampa) la nostra nota di oggi sulla madre del ragazzo e la foto che orgogliosamente mostra). Geninazzi conclude l'articolo con un riferimento al bambino-corriere della settimana passata, il quale avrebbe detto di essere stato "costretto dagli israeliani, pena la morte". Gettare discredito su Israele e difendere senza se e senza ma i palestinesi, questo pare essere l'obiettivo di Geninazzi. Pubblichiamo l'articolo integralmente perchè il lettore ne possa prendere atto e protestare con Avvenire per la propaganda contenuta negli articoli di Geninazzi. Le forze di sicurezza israeliane hanno arrestato tre compagni di scuola di Hussam Abdu, il ragazzo che avrebbe dovuto farsi esplodere al posto di blocco di Hawara, vicino a Nablus, ed è stato fermato dai soldati prima che potesse compiere una strage. Le immagini dlel’adolescente con il carico d’esplosivo sotto la maglietta e le braccia alzate al cielo hanno fatto il giro del mondo. I giornali israeliani ci hanno fatto l’apertura a titoli scatola. È passato in secondo piano anche l’annuncio del premier Sharon che si è detto pronto a smantellare oltre agli insediamenti ebraici di Gaza anche sei colonie in Cisgiordania. I giornali palestinesi invece si sono limitati a riportare «le accuse di parte israeliana» con la foto del ragazzo dopo il suo arresto, occhi sgranati e tuta militare dell’esercito «nemico». Ma in Cisgiordania e a Gaza sono tanti coloro che vedono le tv straniere via satellite e lo choc è stato grande. La polemica sugli adolescenti-jkamikaze era già scoppiata tre mesi fa quando un attivista del movimento per i diritti umani in Palestina, Hafez Barghuti, aveva denunciato pubblicamente il cinismo e le barbarie dei capi fondamentalisti che spingono al massacro ragazzi imbevuti di fanatismo e imbottiti di tritolo. Secondo una recente indagine del Centro d’igiene mentale di Gaza, diretto dallo psichiatra Eyad Saray, il 35% dei palestinesi fra i 14 e i 18 anni aspira a diventare shahid, martire-suicida in nome di Allah. Anche il giovane Abdu ha raccontato di voler andare in paradiso dove avrebbe ricevuto in premio le 72 vergini che i suoi cattivi maestri gli avevano promesso. In più gli avevano messo in tasca 100 shekel (circa 20 euro). «Non ha il cervello a posto» ha commentato il fratello di Hussam Abdu. I suoi compagni di scuola lo prendevano sempre in giro e così lui ha pensato di diventare un "eroe". A Nablus c’è chi ora lo considera tale ma c’è anche tanta irritazione nei confronti dei capi militari delle Brigate al-Aqsa. Un loro portavoce ha smentito. Ma la madre Tamman dice: «L’hanno manipolato». Già 31 ragazzi sotto i diciotto anni sono stati coinvolti in attentati suicidi, scrive il Jerusalem Post. Dopo le mamme-kamikaze e i bambini portatori di bombe ecco al figura dell’adolescente-martire. «Sono tutte bugie –dicghiara Yaqub Shahin, direttore del ministero dell’Autorità palestinese-. Gli israeliani dipingono la nostra gioventù come una massa di stupidi assassini per giustificare davanti al mondo la strage di’innocenti che stanno portando avanti». In tre anni d’Intifada l’esercito israeliano ha ucciso 263 palestinesi sotto i quattordici anni. Per il dirigente dell’Anp «il caso di Hussam Abdu è stato fabbricato dai servizi segreti israeliani». In ogni caso è stato ben gestito. Quel che ci voleva dopo l’uccisione dello sceicco Yassin che ha fatto piovere su Israele un diluvio di accuse. C’erano già i cameramen della televisione quando il ragazzo s’è presentato al posto di blocco. Fonti militari hanno affermato che si trattava di un bimbo-kamikaze di 8 anni. Poi l’età è salita a 14. un corrispondente della France Presse s’è recato a casa di Abdu ed ha potuto vedere la carta d’identità di Hussam: è nato il 5 dicembre 1987, dunque ha 16 anni e mezzo. Qualche settimana fa un altro ragazzo di Nablus, Muhammad Kuran, era stato presentato dall’esercito israeliano come un giovane kamikaze che intendeva farsi esplodere ad un posto di blocco. Una volta rilasciato Kuran aveva però cambiato versione: «Sono stati gli ebrei che mi hanno costretto a farlo, pena la morte». Per evitare un altro caso imbarazzante l’esercito israeliano ha deciso di trattenere Hussam in un luogo segreto. 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