Ma allora, ci sono anche loro? Una sorpresa pasquale
Testata: La Repubblica Data: 26 marzo 2004 Pagina: 18 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Hamas, appello dei pacifisti palestinesi»
Una settantina di personalità della politica e della cultura palestinese, ci riferisce Alberto Stabile, hanno sottoscritto un documento nel quale sollecitano l'abbandono delle armi da fuoco e del terrorismo, per tornare a contrastare Israele con una intifada che, è bene non dimenticarlo, aveva anch'essa innescato forme di estremismo omicida (datori di lavoro accoltellati dai loro dipendenti, persone accoltellate per strada...). I firmatari sostengono che dopo ogni attentato l'Autorità Palestinese aveva lanciato appelli, inascoltati, alla cessazione del terrorismo: ma dimenticano di precisare che questi appelli e proclami, essendo solo in lingua inglese, erano diretti ai media occidentali, mentre in lingua araba le condanne del terrorismo sono state un paio in tre anni. Inoltre, i firmatari dell'appello non trovano una sola parola per condannare l'educazione alla violenza ed al martirio che si trova in tutti i testi scolastici dell'Autorità Palestinese, e che viene divulgata in occasione di manifestazioni sportive e raduni giovanili, oltre che attraverso la televisione. Detto tutto ciò, tuttavia, bisogna anche elogiare queste persone, che osano sfidare l'ira del loro leader carismatico Arafat, come già hanno fatto alcune centinaia di membri del Fatah poche settimane or sono. Si tratta di un gesto simbolico destinato a spegnersi in pochi giorni, o di un inizio di un cammino arduo ma positivo? Per ora, notiamo con piacere che anche fra i palestinesi, e non solo in Israele, si trovano dei pacifisti disposti a costruire qualcosa: in Israele sono centinaia di migliaia, in Palestina settanta, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Ecco l'articolo di Repubblica: GERUSALEMME - C´è un solo modo per salvare la causa palestinese dalla catastrofe: abbassare le armi, rinunciare alla vendetta, trasformare l´intifada violenta e anarcoide in una protesta pacifica, unitaria, disciplinata. Quest´appello alla moderazione, apparso ieri sulle pagine del quotidiano Al Ayam, organo ufficiale dell´Olp, porta la firma di sessanta intellettuali e dirigenti politici palestinesi. Fra i più noti, l´ex portavoce della delegazione palestinese ai colloqui di Madrid, Hanan Ashrawi, deputata ed ex ministro, e Yasser Abed Rabbo protagonista, assieme all´israeliano Yossi Beilin, del cosiddetto documento di Ginevra, l´ultima credibile ipotesi di accordo adombrata dai settori più moderati delle due parti ma presto subissata dal fragore delle armi. «L´assassinio a sangue freddo di Sheikh Ahmed Yassin e dei suoi compagni di fede da parte di Sharon e del suo governo di estrema destra incarna il criminale e insidioso comportamento d´Israele....», denuncia l´appello. Ma nonostante il dolore e le sofferenze inflitte dall´occupazione, proseguono gli autori del documento, «noi chiediamo al nostro popolo, in nome del nostro interesse nazionale e per mettere fine all´occupazione, di reprimere la rabbia e levarsi ancora una volta in una ampia e popolare intifada». Sembra agli autori dell´appello che la lotta dei palestinesi stia ormai scivolando sulla china dell´autodistruzione. L´anarchia regna sovrana nei territori, dove le condanne del terrorismo e gli inviti a cessare gli attacchi contro i civili israeliani, lanciati dopo ogni attentato dall´Autorità palestinese, rimangono inascoltati. Le formazioni che praticano il terrore sembrano piuttosto impegnate in una competizione al peggio. Da qui l´appello a una nuova intifada coordinata, unita, «con chiare intenzioni e una chiara visione politica. Queste parole potrebbero apparire incongrue, se paragonate alle grida di vendetta, alle minacce di attentati senza precedenti, alle maledizioni all´indirizzo degli israeliani che si sono levate dai ranghi dei seguaci di Yassin e in generale dai gruppi armati palestinesi, dopo l´uccisione del capo spirituale di Hamas. La tensione regna in questi giorni altissima. Il governo israeliano, dice l´ambasciatore Avi Pazner, prende molto seriamente gli avvertimenti lanciati da Hamas, all´indirizzo di Sharon, considerato un obiettivo da colpire. I servizi segreti mettono sul chi vive i rabbini più rappresentativi della comunità ultraortodossa. I deputati della Knesset sono obbligati a rendere noto ogni spostamento all´interno del paese e all´estero. In tutti gli israeliani regna la certezza che una risposta all´assassinio di Yassin ci sarà, è solo questione di tempo. Ma la vendetta, dicono le colombe palestinesi, non servirebbe che a scatenare un altro ciclo di stragi e danneggerebbe soltanto le aspirazioni del popolo palestinese, mentre «l´intifada pacifica negherebbe a Sharon l´opportunità di continuare il suo assalto contro il nostro popolo e gli impedirebbe di imporre la sua agenda distruttiva». «I palestinesi - dice la Ashrawi - devono smetterla di farsi trascinare dall´aggressività israeliana e devono trasformare la loro lotta in modo che assuma le forme di un´opposizione popolare. Spero che le nostre parole producano un´eco positiva e incoraggino il dialogo tra i palestinesi di idee diverse». Non è la prima volta che l´ala moderata dalla dirigenza palestinese tenta di ricondurre la protesta dentro i confini accettabili di quella che Ashrawi definisce un´opposizione civile. Ci provò, poco dopo l´esplosione dell´attuale ciclo di violenze, Sari Nusseibeh, con un altro richiamo alla ragionevolezza che rimase, però, inascoltato. Di diverso, oggi, c´è la stanchezza crescente in buona parte della società palestinese, che si vede ogni giorno mortificata dalla protratta occupazione. Assieme alla consapevolezza che l´arma della violenza non porta a nulla, se non ad altra violenza, in una spirale senza fine. Ma questo non vuol dire che l´appello di Ashrawi e Abed Rabbo riuscirà a perforare la "retorica negativa" propria dei gruppi oltranzisti che dipingono i palestinesi soltanto come un esercito di disperati pronti al sacrificio perché non hanno niente da perdere. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de La Repubblica. 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