Al Consiglio di sicurezza bloccata la risoluzione contro l’esecuzione compiuta da Israele l'aveva preparata l'Algeria in accordo con i paesi arabi
Testata: La Stampa Data: 26 marzo 2004 Pagina: 10 Autore: Paolo Mastrolilli Titolo: «Veto USA sulla condanna Uno per l'uccisione di Yassin»
Sul veto USA alla condanna di Israele l'articolo di Mastrolilli sulla Stampa. Chiaro, accurato. NEW YORK L'uccisione dello sceicco Ahmed Yassin è arrivata ieri sul tavolo del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e la risoluzione di condanna è stata bloccata dal veto - ampiamente previsto - degli Stati Uniti. Il documento era stato presentato dai Paesi arabi, gli Stati Uniti hanno minacciato subito il veto e gli europei si sono mossi in ordine sparso. Il testo è stato scritto dai diplomatici algerini, che in questo momento siedono nel massimo organismo come membri non permanenti. Il primo articolo condannava «la più recente esecuzione extragiudiziale commessa da Israele, la potenza occupante, che ha ucciso lo sceicco Yassin insieme con sei palestinesi davanti a una moschea di Gaza, e chiede una completa cessazione di queste esecuzioni». Il secondo articolo condannava «anche tutti gli attacchi terroristici contro i civili e gli atti di violenza e distruzione». Il terzo richiamava «tutte le parti a cessare immediatamente e senza condizioni ogni azione violenta, comprese quelle di terrorismo, provocazione, incitamento e distruzione». Il quinto sollecitava «entrambe le parti ad adempiere alle loro obbligazioni secondo la Road Map appoggiata dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1515, e a lavorare con il Quartetto per applicarla, in modo da realizzare la visione dei due Stati che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza». Dunque il primo articolo conteneva la condanna voluta dai palestinesi, perché secondo il loro rappresentante all'Onu, Nasser al-Kidwa, «con questo folle crimine è stato scavalcato un grande confine»; il secondo articolo era stato corretto per stigmatizzare «tutti» gli attacchi contro i civili, allo scopo di ottenere il sì della Russia; il terzo e il quinto, invece, erano stati modificati col richiamo a entrambe le parti per cessare le violenze e applicare la Road Map insieme con il Quartetto, in modo da soddisfare i Paesi membri dell'Unione europea come Francia e Spagna, inclini a votare a favore, e come Gran Bretagna e Germania, propensi all'astensione. Gli Stati Uniti, però, sono rimasti fermi sul veto, perché non è stata soddisfatta la loro richiesta: «Se il Consiglio di Sicurezza - ha spiegato l'ambasciatore americano Negroponte - si pronuncia su questo tema, deve riconoscere la realtà: che Hamas è stato responsabile di attività terroristiche numerose, estese e molto recenti». Il rappresentante dello Stato ebraico, Dan Gillerman, ha difeso così il raid: «Israele era obbligato a difendere i suoi cittadini. Caratterizzare Yassin come un leader spirituale equivale a dipingere Osama bin Laden come Madre Teresa di Calcutta. Sotto il suo presunto garbo clericale, lo sceicco era un vero pioniere negli omicidi spietati degli innocenti». Il ministro degli Esteri Silvan Shalom, incontrando il segretario generale Kofi Annan, ha definito il leader di Hamas come «il padrino dei kamikaze», e ha sollecitato una sessione generale del Palazzo di Vetro sul fenomeno del terrorismo. Risoluzioni simili sono state presentate molte altre volte all'Onu. Gli arabi sanno che non possono essere approvate, perché Washington opporrà sempre il veto. Però considerano una vittoria morale ottenere i nove voti necessari a far passare il testo, isolando gli Stati Uniti nell'uso del potere di censura. Poi una risoluzione bocciata in Consiglio col veto può essere portata davanti all'Assemblea Generale per ottenere un'approvazione che non ha la stessa forza giuridica vincolante, ma rappresenta la condanna della maggioranza della Comunità internazionale. Mercoledì a Ginevra la Commissione diritti umani dell'Onu aveva già stigmatizzato l'uccisione di Yassin con 31 voti a favore, 2 contrari (di Stati Uniti e l’Australia) e l'astensione degli europei. Un risultato simile alle divisioni che si ripetono da anni nel Consiglio di Sicurezza.
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