C'è qualcosa di puro in questo quotidiano la propaganda
Testata: Il Manifesto Data: 25 marzo 2004 Pagina: 1 Autore: Tommaso Di Francesco Titolo: «Ragazzini»
Sulla prima pagina del quotidiano comunista campegga la foto del ragazzo bomba a mani alzate con il titolo "Io ho paura", la didascalia spiega che il giovane è lì fermo sotto tiro dei soldati israeliani senza menzionare il fatto addosso porta una cintura da kamikaze. L'immagine forte è di pura propaganda, tace sulla violenza dei palestinesi su questo ragazzo ed enfatizza su quella israeliana, che nella situazione specifica non esiste. Con immagini come queste così decontestualizzate, si capisce perchè molta gente sostiene acriticamente qualsiasi cosa sia a favore dei palestinesi. Yasser Arafat non avrebbe saputo fare di meglio.
Vicino alla foto, ecco l'articolo di Tommaso Di Francesco: Il mondo che doveva essere salvato dai ragazzini, sta diventando, davanti ai nostri occhi di osservatori impotenti, il mondo che preferibilmente uccide proprio i bambini. Nelle innumerevoli «piccole» guerre dimenticate le armi, troppe pesanti, spesso sono imbracciate da mani troppo esili.
Accorata retorica – noi ci chiediamo: chi mette l’esplosivo addosso ai bambini? Chi arma le loro mani esili? E nei grandi conflitti, ferite aperte insanabili, il bersaglio fisso resta significativamente quello. Quasi a voler confermare che la guerra non è solo totale distruzione, ma riduzione ai minimi termini mortali di ogni presenza vitale. Così le immagini di un ragazzino di 14 anni - la madre denuncia addirittura che ha «problemi psichici» - fermato con una cintura kamikaze a Nablus e pronto a farsi esplodere, sembra voler racchiudere l'apertura di tutte le porte di tutti gli inferni. I mandanti di questa azione criminale non possono ricorrere alla giustificazione dell'inferno quotidiano rappresentato dell'occupazione militare israeliana dei territori palestinesi, Finalmente anche Il Manifesto scrive cose sensate
quell'immensa prigione per tre milioni di individui ridotti a fare i piccioni del tiro al bersaglio dei soldati israeliani che, a piacimento, da un governo all'altro, occupano e rioccupano in una specie di coazione a ripetere la prepotenza militare. Nessun accenno al terrore quotidiano cui sono sottoposti gli israeliani: il dolore degli israeliani non trova posto sulla prima pagina de Il manifesto.
Lì, è vero, ogni legittimità e diritto internazionale si sono infranti contro il muro - è il caso di dire - di Sharon. In maniera sottile, Di Francesco indica quello che per i lettori del manifesto deve essere il colpevole: la barriera difensiva. Che gli attentati ci fossero anche prima della costruzione della barriera è un dato cancellato dalla sua retorica. Ma nessuna logica di pura violenza, di uso strumentale di corpi innocenti diventati bombe umane potrà mai essere una risposta. La rincorsa del sangue, ormai è chiaro, uccide insieme agli innocenti, le stesse ragioni del popolo palestinese.
Che De Francesco vada a spiegarlo ai palestinesi stessi (ammesso che da quelle parti ci sia la libertà di poterlo scrivere…) L'assassinio più che mirato dello sceicco Yassin appare fatto a bella posta perché il gioco mortale dell'oca non si fermi, perché la vendetta risponda nella «stessa misura», e il fondamentalismo rimanga l'unica arma per un popolo intero, ora alle prese con l'ultimo annuncio provocatorio del governo israeliano: «Adesso tocca ad Arafat». Non devono esistere vie d'uscita. Da questo contorto periodo emerge solo che per Di Francesco il responsabile della tragedia è uno solo – e non è quell’Arafat che (ricordate ?) si era impegnato a combattere gli estremisti di Hamas Bisogna invece dire no. E non siamo «poeti» a pensarlo, se addirittura il nuovo leader di Hamas, Rantisi ieri - certo per escluderla «se resta l'occupazione» - è inaspettatamente, tornato sulla «possibilità della tregua». Ogni volta che Hamas chiede una tregua lo fa per armarsi – questo lo sappiamo noi che seguiamo la vicenda da vicino. I lettori de Il manifesto, rassicurati dalla poesia di De Francesco, perdono di vista il dato. Ora tutti aspettiamo l'attentato. E invece sarebbe decisivo - certo incredibile, ma auspicabile lo stesso - che ad una uccisione volutamente efferata corrispondesse stavolta il massimo di politicità e di risposta di massa. Se non ci sarà, chiederemo a De Francesco come mai – probabilmente, anche in questo caso, la colpa sarà degli ebrei. Quel che spaventa davvero i generali israeliani e il governo Sharon, trincerati e pronti con il 60% di sostegno degli israeliani, a rispondere con mezzi militari imparagonabili, non è e non sarà il kamikaze che seminerà schegge di morte tra altri civili israeliani, uccidendo nel mucchio. Il 60% degli israeliani non è forse una "massa" ? Perché Di Francesco criminalizza questa maggioranza ? A preoccupare sono invece la mobilitazione diffusa e l'inusitato silenzio che si è sparso nelle città palestinesi. Quel silenzio racconta che per un popolo intero la misura è colma, quel silenzio è civile e si propone come forza d'urto reale verso i potenti della terra ben più di una risposta militare. E chiama a mobilitazione noi. Attendiamo fiduciosi l’ennesima manifestazione in cui chi è più pacifista spintona fuori dal corteo chi non vuole sfilare accanto a gente vestita da kamikaze. Siamo certi che tutto questo eviterà l’ attentato successivo – se invece non riuscirà ad evitarlo, sapremo che la colpa è degli ebrei.
Anche perché non c'è una risposta militare che tenga all'arroganza di Sharon, ai suoi missili Cruise, agli Apache, ai carri armati, agli F-16. Se la miseria palestinese spinge i giovani ad essere disponibili a far commesse - ricordava Zvi Schuldiner solo martedì -, chiunque usi di questa disponibilità per portare morte in campo nemico, sappia che corrisponde alla stessa violenza dell'occupante che non ha certo lesinato a sparare coi tank su folle di ragazzini «armati» di sassi. E' la stessa cancellazione del diritto alla vita. Non ci sono da liberare soltanto i territori, ma i corpi e le vite dei deboli e dei diversi, delle donne, la speranza dei giovani, la memoria degli anziani. Che il mondo resti salvato dai ragazzini, soprattutto da quelli palestinesi
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