Israele promuove il terrorismo Oh no, è ritornato Tramballi e l'informazione traballa
Testata: Il Sole 24 Ore Data: 24 marzo 2004 Pagina: 2 Autore: Ugo Tramballi Titolo: «E' ormai un fantasma l'autorità di Arafat?»
IlSole24Ore di ieri tratta l'eliminazione dello sceicco Yassin in prima pagina, con un titolo centrale. In pagina 2 con due articoli di cronaca, un articolo di Alberto Negri che descrive la forza anche economica di Hamas nei territori, ed uno di Ugo Tramballi che riportiamo qui sotto. A pag.3 invece sono descritti i contraccolpi economici che la notizia ha suscitato nel mondo delle borse, dei cambi e delle materie prime.
Titolo dell'articolo di Tramballi: "E' ormai un fantasma l'autorità di Arafat?". Prima considerazione: dal titolo si potrebbe capire come l'articolo sia incentrato sui problemi (corruzione, peso politico nullo, sottomissione al terrorismo, tanto per citarne alcuni), in seno all'Anp, invece si rivelerà un pezzo, l'ennesimo di Tramballi, che attribuisce ogni colpa allo stato ebraico. Fino a qualche tempo fa c'erano i terroristi e c'erano i governi. I primi facevano il loro lavoro travalicando ogni limite morale; i secondi lo contrastavano cercando di restare al?interno di quella frontiera del diritto che definisce le ragioni della loro esistenza. Da una parte c'era la barbarie, dall'altra la civiltà; pur con molte ambiguità, era tutto più chiaro. Qui Tramballi sottintende quello che più avanti esplicherà meglio, ovvero mettere sullo stesso piano, o quasi, il terrorismo con la difesa anche preventiva di quegli stati, come Israele, attaccati dalle bombe umane.
L'11 settembre aveva reso le cose più oscure; i tre razzi israeliani sparati ieri sullo sceicco Yassin, le hanno rese evanescenti. Ma non è solo un problema di legittimità: quanto uno stato democratico abbia diritto di perdere i propri connotati per difendersi. È anche una questione di utilità: un governo agisce contro il terrorismo per sconfiggerlo o limitarne l'attività. L'azione israeliana di ieri è stata invece una promozione del terrore: se prima erano mille i giovani palestinesi candidati a diventare una bomba umana, oggi sono molti di più. Se Hamas era un'organizzazione politica, militare e terroristica in crescita, ieri Israele le ha consegnato Gaza e buona parte della Cisgiordania. La già fantasmatica Autorità Palestinese di Arafat e Abu Ala è completamente irrilevante: gli israeliani non potranno più accusarla di non fare nulla per fermare il terrore. Ed ecco il cavallo di battaglia di Tramballi: è Israele a promuovere il terrorismo. Come se nello statuto di Hamas, fondato dallo sceicco Yassin, non ci fosse scritto a chiare lettere che "gli attacchi dei martiri di Allah non cesseranno finchè anche l'ultimo degli ebrei non sarà buttato a mare", come se le organizzazioni del terrore palestinesi non volessero la fine, la cancellazione dello stato ebraico dalla faccia della terra. Harakat al Mukkawa al-Islamija, cioè Hamas, era stato creato da Yassin e da altri sei seguaci il 9 dicembre 1987, il giorno in cui è esplosa la prima Intifada. Lo sceicco aveva doti da leader: diventato capo dei Fratelli musulmani nel 1968, in pochi anni aveva raddoppiato il numero delle moschee di Gaza; nell'83 aveva organizzato un movimento militare parallelo alla Fratellanza che Israele tollerava nella speranza di erodere il consenso palestinese per l'Olp. Ma da tempo Ahmed Yassin, diventato paraplegico per la degenerazione di un infortunio subito da giovane durante una partita di calcio, era solo una guida spirituale, non più un leader operativo. Era un istigatore, ma più di una volta aveva moderato il comportamento dei suoi. Sembra un controsenso che Sharon abbia deciso di eliminarlo e di ritirarsi da Gaza entro qualche mese. Ma non lo è per la psicologia dell'ex generale israeliano: uccidendo Yassin, continuando ad assassinare i capi di Hamas, ignorando i "danni collaterali" ai civili, Sharon vuole che i palestinesi non confondano il ritiro da Gaza per una prova di debolezza. Se poi la striscia diventerà una specie di stato talebano, tanto meglio: proverà ciò che sono davvero i palestinesi. Difficile leggere un livello di propaganda così elevato in poche righe. Abbiamo scoperto, grazie a Tramballi, che Yassin era una sorta di Ghandi, una guida mistica all'interno di una confraternita di asceti ( e non, come pensavamo noi ed i servizi segreti delle potenze occidentali, il Bin Laden palestinese, l'istigatore più convinto fino a ieri, la mente criminale dei più efferati attentati suicidi in territorio israeliano), mentre il cattivo Sharon, colui che istiga la violenza, bontà sua, per difendere la popolazione ebraica dagli eccidi quasi quotidiani. Questo è quello che scrive, in parole povere, Tramballi. Non è solo il modo con il quale il sionismo revisionista da Jabotinsky a Sharon ha sempre trattato le istanze arabe: con realismo o brutalità, a seconda dei punti di vista. Ora è anche la logica della guerra totale al terrore adottata dall'amministrazione Bush. Solo gli Usa non hanno condannato l'azione d'Israele. Gli avvenimenti di Gaza diventano come il seguito dell'attentato a Madrid, del cambio di governo spagnolo, delle polemiche su come bisogna reagire al terrorismo: da una parte l'America della prigione di Guantanamo e Israele di Sharon; dall'altra l'Europa, compresa la Gran Bretagna leale alleata in Irak. Gli Usa non hanno condannato l'eliminazione fisica di Yassin per il semplice motivo che hanno provato sulla loro propria pelle cosa voglia dire il terrorismo suicida. Sono stati gli Usa ad aver subito l'11 settembre, non gli europei che alle prime avvisaglie del terrorismo scappano a gambe levate dall'Iraq. Ci sarebbe da qualche parte anche il mondo arabo. Dovendo descriverne la reazione, la paura è quella più evidente. C'è la condanna a Israele, ma è stata espressa senza usare toni forti: i francesi hanno alzato la voce di più. Una volta ancora gli effetti del conflitto si ripercuoteranno sulla regione; agiteranno le piazze per le quali il destino della Palestina è la prima preoccupazione, la principale lente attraverso cui giudicare l'America, il termometro della fiducia verso i loro governi. Per molto tempo i leader avevano sfruttato questo sentimento popolare. Ma da anni le cose sono diverse: Egitto e Giordania sono in pace, due anni fa l'Arabia Saudita aveva offerto una normalizzazione piena, approvata dal mondo arabo ma ignorata da Sharon. Che sia stata ignorata da Sharon lo sostiene Tramballi, che non sopporta il premier israeliano solo perché non è "de sinistra". Sharon avrebbe voluto vedere passi concreti da parte della Lega Araba, non parole vuote e prive di significato in congressi fiume popolati da sceicchi corrotti riuniti all'ombra dei petrodollari. Gli Stati Uniti e l'Europa premono perché gli arabi avviino riforme politiche, sociali ed economiche, ignorate per troppi anni dai regimi ma necessarie per la stabilità della regione non meno della pace in Palestina. I governi locali temono che il piano per un "Grande Medio Oriente" che G. Bush ha in mente sia la continuazione con altri mezzi dell'invasione dell'Irak. Ma il problema è stato posto, l'urgenza delle riforme è evidente. Per questo era stato deciso di farne il tema del prossimo vertice della Lega araba, previsto a Tunisi lunedì e martedì. Egiziani, sauditi e siriani, nel tentativo di creare un triumvirato all'europea di paesi forti, avevano un piano: le riforme che hanno in mente non sono esattamente quelle richieste dall'Occidente, ma erano un passo in avanti. Invece, ancora una volta, come da decenni il vertice arabo parlerà di Palestina e "aggressione sionista". Forse anche questo era un effetto minore che i razzi di Sharon volevano ottenere: lasciare che gli arabi restino quelli di sempre. Deboli, antiquati, illiberali e divisi. Insomma, per Tramballi è sempre colpa di Sharon: il terrorismo è colpa di Sharon, la povertà dei palestinesi è colpa di Sharon, le fumose aperture dell'Arabia Saudita sono colpa di Sharon, le non decisioni della Lega Araba sono colpa di Sharon. Consigliamo a Tramballi di non preoccuparsi molto, sarà la popolazione ebraica a decidere in piena libertà, se l'operato di Ariel Sharon per la sicurezza e non solo, sarà stato all'altezza. Intanto non sarebbe male se la sua critica si rivolgesse ai veri responsabili delle sofferenze della popolazione palestinese, la cricca dell'Anp di Arafat e i suoi sicari. Ogni governo cercherebbe la massima protezione per la propria popolazione, ed in passato anche i governi laburisti hanno cercato, senza ottenere granchè, il dialogo con l'Anp. E' stato un governo laburista sotto la guida di Barak ad offrire quello che nessuno aveva mai offerto ad Arafat, con le proposte di Camp David, sotto la regia di Clinton, ed è stato Arafat a rifiutarle ed a scegliere per l'ennesima volta il vicolo cieco della barbarie, della violenza suicida, della morte deliberata di donne, di bambini inermi e delle sofferenze della popolazione palestinese, che subisce le scelte folli della propria leadership. Ed è stato proprio lo sceicco Yassin ad affossare la Road-Map, quando, nell'agosto del 2003, dopo una tregua (violata spesso e volentieri dai palestinesi), durata poche settimane, mandò una bomba umana di Hamas, travestita da ebreo ultraortodosso, per farsi esplodere su un autobus nel centro di Gerusalemme, trascinando con sè 23 persone tra cui donne e bambini e circa cento tra feriti e mutilati, rovinati per tutta la vita. E' dal 1948, data di nascita dello stato d'Israele con l'imprimatur delle Nazioni Unite, che lo stato ebraico è in guerra, avamposto di democrazia occidentale circondato da un mare di odio feroce ed intolleranza araba. Il rispetto per le morti di tante vite innocenti meriterebbe, quantomeno, analisi più attente e approfondite.
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