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Il Foglio Rassegna Stampa
24.03.2004 Contro il terrore
ecco come funzionano in Israele i servizi di intelligence

Testata: Il Foglio
Data: 24 marzo 2004
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Foggy Bottom»
Sul Foglio di oggi un'accurata analisi spiega perchè contro il terrorismo globalizzato azioni come quella intrapresa contro Yassin sono legittime. In più una descrizione di come funzionano oggi in Israele i servizi di intelligence.
La mattina del 22 marzo, in un’operazione delle forze di sicurezza, Israele ha colpito l’auto con a bordo Ahmed Yassin, capo dell’organizzazione terroristico-religiosa Hamas. Yassin è morto. La notizia è arrivata all’alba, verso le 4 ora locale, nella Washington politica. Il presidente George W. Bush non è stato svegliato. Ma sono squillati i telefoni di "Condi" Rice, del capo della Cia, George Tenet, e del segretario di Stato, Colin Powell. Come ha detto Rice, gli Stati Uniti non erano stati avvertiti. Si trattava infatti di un affare interno di Israele. Inoltre lo Stato ebraico, dopo l’11 settembre 2001, ha avuto dall’Amministrazione una luce verde nemmeno tanto coperta per la caccia ai terroristi e ai loro capi. Nessuno più di Bush capisce, al di là di qualche presa di distanza ufficiale di qualcuno dei suoi collaboratori, le necessità d’Israele. Dopo l’attentato di domenica 14 marzo al porto di Ashdod (11 morti) a 25 chilometri da Gaza, il premier Ariel Sharon aveva fatto sapere agli americani che il livello dello scontro si sarebbe elevato. L’obiettivo finale dei terroristi erano infatti i magazzini contenenti agenti chimici pericolosissimi e infiammabili. Se i killer di Hamas avessero raggiunto l’obiettivo i morti sarebbero stati migliaia: un 11 settembre israeliano. Nella riunione di gabinetto del 16 marzo, come risulta a Foggy Bottom, il primo ministro, valutati i rapporti del generale Aharon Zeevi-Farkash, capo dell’intelligence militare, e del capo di Stato maggiore dell’esercito, ha deciso di agire. Agli americani il generale Shaul Mofaz, ministro della Difesa, ha detto: "Condurremo azioni di dimensioni o complessità mai viste per eliminare i terroristi, i loro capi e le loro infrastrutture". Gli americani sapevano che nel mirino c’erano Hamas e Brigate dei Martiri di al Aqsa, emanazione terroristico-militare di Al Fatah, l’organizzazione alla quale appartengono Yasser Arafat e il premier Abu Ala.

Gli analisti a Foggy Bottom e a Langley sono attenti a quel che sta succedendo nel Mossad, il servizio israeliano d’intelligence. E’ in corso un notevole shake up. Meir Dagan, nominato capo del Mossad poco più di 18 mesi fa, sta trasformando il Servizio in un’organizzazione ancor più tenace del passato. Dagan, 57 anni, ex generale dell’esercito, ex comandante della piccola e segreta unità di commando "Rimon", è un amico di Sharon. Quando l’intellettuale Ephraim Halevy, ebreo nato a Londra, ha lasciato il Mossad, Sharon ha dato mandato a Dagan di cambiare tutto e di ridare forza e aggressività a un’organizzazione che, rispetto al passato, aveva perso qualche colpo, ed era diventata un po’ troppo burocratica. Dagan ha cambiato diversi capi-dipartimento e ha ristrutturato fortemente la struttura che ha il compito di curare le relazioni con paesi e organizzazioni che non hanno rapporti diplomatici con Israele. Anche il colossale dipartimento di ricerca e analisi è stato ristrutturato all’insegna dello slogan "meno carta più azione". Dagan, sul modello della Cia, ha diviso il Mossad in due "divisioni": Operazioni e Intelligence. Il Mossad oggi, vista la situazione interna, ha perso potere nei confronti dello Shin Bet, il servizio che si occupa di quel che avviene nei Territori, a Gaza e in Israele. Ma al di fuori delle frontiere ci sono questioni scottanti: Iran, Pakistan, al Qaida, Arabia Saudita, estremismo islamico, che il Mossad, in collaborazione con la Cia e l’MI6 britannico, deve affrontare per garantire la sicurezza dello Stato ebraico. Quel che vuole Dagan è trasformare il Mossad da un servizio straordinario nel raccogliere informazioni in una squadra di comando di élite. Il Mossad, per Dagan, dovrà concentrarsi ancora di più sulle informazioni che possono aiutare gli agenti sul campo e non su una generica raccolta di notizie. Si tratta di formare agenti, per dirla con Dagan, "di tale potenza da far maledire ai nemici il giorno in cui sono nati".
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