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La Stampa Rassegna Stampa
23.03.2004 Un segnale ai palestinesi: la striscia non diventerà una repubblica islamica
lo spiega Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 23 marzo 2004
Pagina: 2
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «ll blitz deciso dopo l’attentato di Ashdod»
Ecco l'analisi del caso Yassin di Fiamma Nirenstein sulla Stampa di oggi:
GERUSALEMME
PRIMA dell’attacco per tre giorni gli elicotteri e gli aerei senza pilota hanno seguito lo sceicco Yassin in tutti i suoi movimenti: la casa scrostata nel vicoletto sempre sorvegliata dalle guardie del corpo, un via vai di bambini e di donne; la moschea non lontana; le riunioni politiche. Poi domenica, durante la riunione di Gabinetto in Israele, il ministro della Difesa Shaul Mofaz si è alzato dal suo posto e ha sussurrato qualcosa all’orecchio di Ariel Sharon: c’era una possibilità operativa di portare a compimento l’eliminazione del capo di Hamas. Sharon non ha avuto esitazioni, e dopo una breve e intensa discussione con qualche acuto dissenso da parte di tre ministri, ha dato l’ordine, e ha seguito personalmente tutta l’operazione.
La cosa era già stata decisa una settimana prima quando un attacco di Hamas aveva fatto dieci morti ad Ashdod città di porto e di industria. Questo attacco faceva seguito ad altri due tentativi terroristi molto sofisticati al valico di Erez: tali operazioni dimostravano sia all’esercito sia ai servizi segreti israeliani che Hamas prepara a Sharon, dopo che egli aveva dichiarato l’intenzione di lasciare Gaza, una situazione in stile libanese. Ovvero: una quantità di segni di vitalità e di potenza dell’organizzazione stavano creando nei piani di Hamas la sensazione che Israele, lungi dallo scegliere liberamente il ritiro unilaterale come decisione strategica, di fatto se la dava a gambe. Una buona premessa per Hamas per fare di Gaza una rocca, una fortezza, pronta a lanciare sempre nuovi attacchi; inoltre questo fuoco di fila aveva messo sempre più nell’angolo l’autonomia palestinese, e Israele discuteva intensamente, nelle ultime settimane, come riportarla ad essere l’unico possibile interlocutore, senza l’impaccio dell’organizzazione terroristica religiosa.
Quando la settimana prima il Gabinetto ha preso la sua decisione, si erano già delineati i dissensi all’interno del governo stesso: li hanno riproposti ieri i tre ministri di Shinui, il partito laico che fa parte del governo: Joseph Paritzky, Yeoshua Poras e Tommy Lapid hanno più o meno sostenuto la stessa posizione: «La nostra non è un’opposizione di carattere morale, come quando Israele uccide civili innocenti durante le caccie ai terroristi: Yassin - hanno detto tutti i ministri - è il peggiore degli assassini, le sue responsabilità nel lanciare 423 attacchi di cui 52 suicidi negli ultimi tre anni è evidente, è responsabile di 377 israeliani morti e di 2076 feriti. Ma non è saggio in questo momento di impegno internazionale contro il terrore eliminare un personaggio di quella stazza, col rischio di suscitare un’enorme reazione non solo tra i palestinesi, con conseguenti decine di attacchi terroristici, ma in tutto quanto il mondo arabo». Quest’opinione, tuttavia, anche a sinistra non è condivisa da molti; solo Yossi Beilin e Yossi Sarid, capi della frazione radicale, e l’organizzazione Pace Adesso si sono particolarmente rivoltati. Haim Ramon, un deputato laburista, ha invece per esempio definito l’attacco «rischioso, ma forse portatore di buoni risultati».
La verità è che la decisione di eliminare lo sceicco era già stata messa in atto nel settembre scorso, quando Yassin era scampato lievemente ferito da un tentativo di colpire con una bomba una riunione di leader di Hamas; dato che la riunione aveva luogo in un palazzo, all’ultimo momento si era deciso per una bomba di minore portata e quindi Yassin era stato solo lievemente ferito; il giorno dopo, la decisione fu segretamente presa di nuovo, ma una troupe della televisione con la sua vicinanza allo sceicco impedì che l’avvento si compisse. Eppure, Israele seguitava a pensare che la cosa fosse molto urgente: dopo l’attentato di Ashdod si era notato che l’escalation stava diventando gigantesca: il fatto che le esplosioni avessero avuto luogo vicino ai depositi di bromo, parlava del tentativo di Hamas di operare un mega attentato utilizzando anche la velenosità di prodotti chimici, che pure si trovano nel porto in quantità.
Moshe Ya’alon, il capo di Stato Maggiore, il giorno dopo aveva ricevuto la luce verde per tentare con tutte le sue forze di fermare questa escalation. La scelta di agire è stata corroborata anche da molte opinioni di esperti sia di destra che di sinistra. Le questioni sul tappeto erano sostanzialmente queste: si può eliminare un uomo di religione? Questo creerà un caos nel mondo arabo? E a Gaza, ci sono più prospettive di ordine o di caos totale? Sharon ha alla fine accettato punti di vista come quello di Shabatai Shavit ex capo del Mossad: «Abbiamo fatto l’errore di credere che i "leader spirituali" siano intoccabili. Qui il leader spirituale è semplicemente un capo supremo che stabilisce l’obiettivo, ne indica il motivo, dà il tempo e la direzione dell’attentato. Sotto di lui vi sono altri due livelli: i leader politici e i comuni militanti. Ma chi decide l’attentato terroristico, e non solo l’ispirazione religiosa, è appunto il capo religioso come Yassin».
Dani Yatom, altro ex capo del Mossad, deputato laburista, ha suggerito che se in un primo momento ci saranno senz’altro tentativi di attacchi terroristici in quantità e grande agitazione a Gaza, tuttavia valeva la pena di eliminare colui che aveva in prima persona favorito la natura terroristica di Hamas facendone una delle più forti organizzazioni del mondo. Tale natura ha anche intimidito l’Autonomia Palestinese e l’ha messa in condizione di gareggiare tramite le brigate di al Aqsa in terrorismo pur di mantenere la leadership; in definita, le ha proibito di trattare: adesso l’Autonomia Palestinese e quindi Abu Ala, potranno acquistare più spazio.
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