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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
22.03.2004 Ecco perché conviene investire in Israele
è il paese che spende di più in ricerca

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 22 marzo 2004
Pagina: 4
Autore: Ehud Gol
Titolo: «Perché conviene investire in Israele»
Riportiamo l'articolo dell'ambasciatore Ehud Gol sulle prospettive economiche in Israele, pubblicato sul Sole24Ore ieri, domenica 21 marzo '04.
Quando Tramballi tace Il Sole 24ore informa correttamente.

Circa un mese fa il settimanale britannico «The Economist», in seguito alla pubblicazione della nuova programmazione economica israeliana, parlava di una diminuzione significativa del grado di rischio per investire in Israele. Nel settimanale, Israele viene classificata tra gli Stati maggiormente appetitibili per gli investitori dei mercati emergenti, assieme alla Polonia e all’Ungheria. Questo dato ben descrive la solidità dell’economia israeliana e la sua resistenza alle crisi che l’hanno colpita negli ultimi anni, ovvero il conflitto israelo-palestinese e la recessione mondiale.
Il mercato israeliano, negli ultimi due decenni, ha subito degli stravolgimenti, con l’esportazione che è divenuta il motore centrale dell’economia e il peso delle tecnologie e delle industrie d’avanguardia in crescita esponenziale, a discapito dell’agricoltura e dell’industria tradizionale. In questi anni, Israele ha promosso in maniera programmatica tali settori, attraverso leggi che sostengono la ricerca e lo sviluppo industriale, assieme a investimenti di capitali a rischio, o attraverso il sostegno continuo e a lungo termine al capitale umano e alla formazione tecnologica, con progetti tesi alla ripresa economica, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo di infrastrutture. Grazie a questa politica coerente Israele è attualmente il Paese che spende più di qualsiasi altro in ricerca e sviluppo (circa il 4,5% del Pil) e detiene il più alto numero di scienziati, ingegneri e tecnici nella forza lavoro (145 su 100mila lavoratori, contro 85 degli Usa, 75 del Giappone e 60 della Germania). Israele si trova anche al secondo posto dopo gli Stati Uniti, sia per numero di fondi di capitali a rischio, sia per numero di società start-up. Con più di 3mila società, Israele è considerata il maggior punto di concentrazione di società Hi-tech, dopo la Silicon Valley.
Il mondo lo ha scoperto già alla fine degli anni ’90, e molti investitori sono confluiti in Israele, in particolare dal Nord America, dall’Europa e dall’Asia. Le principali multinazionali della tecnologia hanno aperto, in Israele, centri di ricerca e impianti di produzione. Israele è diventata il secondo Paese straniero, dopo il Canada, per numero di società quotate al Nasdaq, e la fama delle capacità tecnologiche delle società israeliane è nota a livello mondiale. Al contempo l’Europa è divenuta il primo partner commerciale di Israele, con scambi di circa venti miliardi di euro (di cui due con l’Italia(, che costituiscono circa il 40% del commercio estero israeliano.
Gli indici economici mostrano i primi chiari segni di uscita dalla recessione. Nella seconda metà del 2003, l’economia israeliana ha registrato una crescita media del 2,7% e l’esportazione è cresciuta del 9,3%, mentre alcune previsioni indicano che nel 2004 la crescita supererà il 3 per cento. L’anno scorso, operatori finanziari di tutto il mondo sono tornati a investire in Israele e a intraprendere progetti di cooperazione. Soltanto nei fondi di capitale a rischio, quell’anno, la crescita è stata del 31%, per un totale di 2,3 miliardi di dollari.
Oggi l’Italia ha tutte le carte in regola per poter diventare un elemento centrale in questa nuova ondata di sviluppo economico che si va delineando. Il contesto politico positivo delle relazioni tra i due Paesi è emerso anche dallo scambio di visite dei ministri economici, che sono stati accompagnati da delegazioni, imprenditoriali ad alto livello, testimoniando in tal modo il grande interesse reciproco per l’incremento della collaborazione bilaterale. In particolare, ricordiamo la visita a Roma, nell’ottobre 2003, del ministro israeliano per l’Industria e il commercio, a capo di una delegazione, e le visite, a dicembre, del ministro delle Politiche agricole Alemanno e del vice-ministro delle Attività produttive Urso, entrambi a capo di delegazioni economiche. Gli incontri tenutisi nel contesto di queste visite hanno aperto le porte a numerosi progetti di collaborazione econoimica italo-israelo-palestinese. L’iniziativa del Governo italiano denominata "piano Marshall per l’Autorità palestinese" si inserisce proprio in un quadro di rafforzamento economico della regione. Israele è già oggi uno dei partner economici principali dell’Italia, per l’area del Mediterraneo, ma è chiaro che il potenziale è ancora ben lungi dall’essere sfruttato in pieno. Il Paese ha molto da offrire all’industria italiana, in particolare in tema di telecomunicazioni e tecnologie dell’informazione, in campo medico e della biotecnologia, in tema di qualità dell’ambiente e nell’agricoltura. Al contempo, i numerosi progetti di infrastrutture in Israele sono aperti alle società italiane. Un corretto sfruttamento delle opportunità economiche contribuirà al benessere e alla ripresa sia in Israele che in Italia. La cooperazione economica tra i nostri Paesi costituisce anche un fattore di moderazione e di supporto all’incremento della collaborazione economica regionale, nel Mediterraneo e nell’Europa allargata, ma anche agli sforzi che si stanno compiendo per stabilire la pace in tutta la regione. L’iniziativa americana di promuovere riforme e cambiamenti nel mondo arabo e musulmano, con un accento particolare sulla democratizzazione ("Greater Middle-East") è un progetto ambizioso e a creazione di un’area economico-commerciale di dimensioni imponenti, la quale godrà di una stabilità politica senza precedenti. Per tutte queste ragioni, i prossimi anni saranno cruciali per i potenziali investitori in Medio Oriente in generale, e in Israele in particolare.
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