L'occidente arrendevole marcia meglio leggere le sagge parole di Enzo Bettiza
Testata: La Stampa Data: 20 marzo 2004 Pagina: 1 Autore: Enzo Bettiza Titolo: «La pace provvisoria»
L'editoriale di Enzo Bettiza sulla Stampa di oggi merita un plauso incondizionato. Nella giornata in cui in tutto il mondo i "pacifisti" manifestano sostanzialmente contro l'occidente, ci suguriamo che le parole di un vero liberale sortiscano il massimo effeto. Ecco l'articolo: DOPO il premeditato massacro genocida di Madrid, poiché di genocidio s'è trattato, Al Qaeda continua a segnare altri punti in un'Europa che essa considera come il ventre molle dell'Occidente. In Italia, vivaio reale e bersaglio potenziale del terrorismo islamico, la cultura della resa sta riempiendo le piazze nell'equivoco di un fondamentalismo pacifista senza ma e senza se. Mentre la manifestazione unitaria di giovedì contro il terrorismo fallisce, esibendo solo affrante maschere da telegiornale, la manifestazione non unitaria di oggi, contro la guerra ossia contro gli americani, sta mobilitando centinaia di migliaia di persone. Il mito delle piazze stracolme, dei grandi numeri, delle masse con bandiere e slogan umanitari, non dovrebbe però velarci gli occhi e impedirci di vedere la realtà della posta in gioco: il progetto globale degli strateghi di Al Qaeda. Tale progetto non comprende soltanto la trasformazione dell'Iraq in un poligono di fuoco terroristico, l'abbattimento dei regimi arabi moderati, gli assalti all'armata americana e ai suoi principali alleati. Oramai comprende visibilmente la neutralizzazione e poi, via via, il progressivo asservimento dell'Europa ai voleri di un ben oculato espansionismo islamista che dimostra di saper alternare la carota al bastone. Il modello operativo spagnolo di Al Qaeda dovrebbe farci riflettere. Il massacro è stato razionalizzato in due tempi. Gli uomini di Osama hanno fatto esplodere prima le bombe nelle urne elettorali della Spagna, facilitando la salita al governo di un socialista cedevole e antiamericano. Quindi hanno perfezionato il successo politico con una manovra che sul piano psicologico non è meno impressionante dello sterminio nelle stazioni. Hanno offerto ai nuovi governanti iberici una tregua condizionata e ricattatoria: una «sospensione di tutte le operazioni contro obiettivi civili», che dovrebbe spirare il 30 giugno, scadenza indicata da José Luis Zapatero per il ritiro delle truppe dall'Iraq. Poi si vedrà. Lo sceicco Yussef-al Qaradawi, capo spirituale dei fratelli musulmani, spiegava nel 1977 che la legge coranica tende a classificare ebrei e cristiani in tre categorie. Anzitutto i «dimmi», i non musulmani protetti, viventi nei Paesi islamici che formano la «dimora della pace»; poi gli «harbi», i non musulmani dei Paesi nemici, raggruppati nella «dimora della guerra»; infine i non musulmani dei Paesi della miscredenza passiva o della «tregua provvisoria». America e Israele appartengono palesemente alla «dimora della guerra». Ma c'è, come abbiamo visto, una terza dimensione ambigua, la «dimora della tregua provvisoria», ossia della pace provvisoria, ed è in questo limbo ondeggiante che gli strateghi dell'erratico neoimperialismo e geoterrorismo islamico collocano oggi la Spagna e l'Occidente europeo nel suo insieme. Nell'ambito di questo vasto progetto, che Samuel Huntington ha chiamato «Rinascita islamica», l'11 marzo è un sanguinario atto di pressione tattica sull'Europa che si distingue dalla dichiarazione di guerra totale scagliata l'11 settembre contro gli Stati Uniti. I dottori coranici e i seguaci di Osama conoscono benissimo le debolezze, le paure e i complessi d'espiazione degli europei nei confronti del risentito e risorgente universo maomettano. Il bastone della rappresaglia, combinato con la carota dell'armistizio a termine, di cui la Spagna sta sperimentando l'umiliante efficacia, dovrebbe infine sfociare nella separazione europea dall'America e in una sorta di sovranità limitata dell'Europa a petto dell'Islam avanzante. Negli intenti delle moderne élite islamiste l'offensiva terroristica dovrebbe ingabbiare il continente cristiano nella trappola geopolitica della «tregua» combinandola con la dimensione, insieme neutrale e servile, della «dimmitudine»: dimensione raccomandata via Internet o, semplicemente, imposta a intermittenti colpi di tritolo. Gli europei, volenti o nolenti, consapevoli o meno, dovranno collaborare alla propria metamorfosi in «dimmi» o «utili idioti» della causa islamica. Il progetto della finlandizzazione che non riuscì al comunismo sovietico, dovrebbe essere portato a termine dall'Islam. Lo disse già Khomeini prima di morire a Gorbaciov. Il processo del nostro degrado continentale è iniziato a Madrid. Non lo fermerà ma, semmai, lo accentuerà il ritiro delle truppe europee dall'Iraq. Meno che mai lo fermeranno le unilaterali proteste di piazza contro una guerra che è stata ed è anzitutto islamica e, solo in seconda battuta difensiva, americana. Il futuro dipenderà molto dalla via che, tra idoli pacifisti e ragioni di pace, imboccheranno definitivamente e chiaramente i riformisti della sinistra europea. Verrà il momento in cui dovranno decidersi tra Zapatero e Blair e anche, se sarà eletto, John Kerry, il neoliberal che vuole internazionalizzare la forma lasciando intatta la sostanza della presenza americana in Iraq.
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