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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Avvenire Rassegna Stampa
18.03.2004 Dov'è finito Graziano Motta?
Sul quotidiano cattolico c'è bisogno dei suoi articoli

Testata: Avvenire
Data: 18 marzo 2004
Pagina: 16
Autore: Francesca Fraccaroli
Titolo: «Un raid di Israele colpisce Gaza: altri quattro morti»
Su Avvenire di oggi Francesca Fraccaroli scrive un lungo articolo dalla striscia di Gaza, descrivendo l'atmosfera di attesa per l'imminente operazione israeliana contro le infrastrutture dei terroristi. Il tono dell'articolo è compassionevole nei confronti dei palestinesi che, secondo la Fraccaroli, ammassano viveri e vettovaglie in attesa di tempi bui. Successivamente viene data la parola a dei palestinesi, rassegnati al fatto che in ogni momento potranno essere uccisi dagli israeliani. Si tratta di propaganda vera e propria, indegna di Avvenire. Non viene in mente alla Fraccaroli che se questi palestinesi non servissero da scudo ai terroristi armati probabilmente non gli succederebbe niente?
Ci stupisce che un giornale come Avvenire sul quale vengono pubblicati gli articoli di Graziano Motta, sempre molto equilibrati e corretti, possa dare spazio ad una simile propaganda.

Un’atmosfera di attesa e tensione regnava ieri nella Striscia di Gaza circondata dall’esercito israeliano. Per tutto il giorno la gente ha vissuto nel timore di una incursione di reparti corazzati dello Stato braico, in particolare a Jabalya, il più grande dei campi profughi di Gaza, da dove provenivano i due palestinesi responsabili dell’attentato suicida di domenica scorsa ad Ashdod. Frenetico il via vai per le strade; le donne hanno fatto scorta di viveri per fronteggiare un prevedibile lungo assedio, le scuole hanno terminato in anticipo le lezioni. Con il calare della sera sono apparsi sempre più numerosi gli uomini armati decisi ad ostacolare l’avanzata dei mezzi blindati israeliani. Nei punti nevralgici del campo profughi sono stati alzati terrapieni con l’intento di proteggere i militanti dell’Intifada durante gli scontri a fuoco. Magdi Kheiel, trent’anni, un commerciante di elettrodomestici, non ha dubbi sull’attacco israeliano: «Sarà un’incursione devastante –ha previsto- ci saranno morti e feriti. Spero che i nostri combattenti dimostrino il loro valore e che siano pronti a rispondere ai carri armati e gli elicotteri israeliani, anche se posseggono solo dei kalashinkov. Il commerciante è convinto che sia giusto continuare la lotta armata sebbene provochi vittime innocenti. Nel campo profughi i due kamikaze di Ashdod sono considerati degli eroi e centinaia di persone continuano a visitare le loro famiglie in segno di rispetto. Molti sottolineano l’abilità che hanno avuto nel superare i severi controlli di sicurezza israeliani. Ancora adesso, a distanza di quattro giorni, le autorità ebraiche non sanno come gli attentatori siano riusciti a lasciare Gaza. Potrebbero averlo fatto nascondendosi in un container passato dal valico di Jarbni e ieri nel porto di Ashdod sono stati ritrovati altri ordigni esplosivi. Superati i posti di blocco israeliani di Netzarim e Abu Holi si giunge a Khan Yiounis e, dopo una decina di chilometri, a Rafah, uno dei luoghi più martoriati del conflitto israelo-palestinese. La città ieri appariva un campo di battaglia con decine di giovani miliziani che, nascosti tra ruderi di case abbattute dalle ruspe dell’esercito, puntavano le armi contro una colonna di carri armati entrati nei campi profughi a ridosso del confine con l’Egitto. Quattro palestinesi sono stati uccisi dai razzi sparati in due diverse occasioni dagli elicotteri apache con la stella di David. Secondo fonti degli ospedali locali, soltanto uno dei morti era armato, gli altri erano due adolescenti di dodici e quindici anni e un passante di quarantacinque, investiti in pieno dalle esplosioni. In totale, dunque, salgono a sei le vittime dei raid iniziati dopo l’attentato palestinese di domenica al porto di Ashdod. Jamal Al Najili, un parente delle vittime, ha raccontato che i velivoli israeliani hanno aperto il fuoco su una folla di persone che da lontano osservava i carri armati che entravano in città. «Ormai siamo abituati a vivere giorno per giorno: puoi esser ucciso anche mentre sei tranquillo a casa con la tua famiglia». Israele invece sostiene che i suoi elicotteri hanno preso di mira soltanto un gruppo di palestinesi armati. Commentando da Ramallah gli incidenti in corso a Gaza, il presidente palestinese Yasser Arafat ha detto che Israele «si sta macchiando di un nuovo crimine di guerra» e ha aggiunto che lo Stato ebraico «evidentemente vuole distruggere Gaza, prima di ritirarsene». Il clima di incertezza creato dalle annunciate incursioni israeliane, ha accentuato i contrasti tra i palestinesi. Ieri mattina, mentre a Jabalya si attendevano i mezzi corazzati e a Rafah si moriva, nel centro di Gaza City alcuni attivisti del movimento islamico Hamas e agenti della polizia dell’Autorità Nazionale Palestinese si sono scontrati a raffiche di mitra per un banale controllo stradale. Un passante è rimasto ucciso e diciassette persone ferite. L’accaduto è sintomatico delle lotte intestine tra le fazioni palestinesi per il controllo di Gaza in vista del ritiro dei coloni ebrei annunciato dal premier Sharon.
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