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Il Foglio Rassegna Stampa
12.03.2004 Le donne del mondo arabo ed islamico
in un'accurata analisi di Emanuele Ottolenghi

Testata: Il Foglio
Data: 12 marzo 2004
Pagina: 2
Autore: Emanuele Ottolenghi
Titolo: «Donne dimenticate»
Riportiamo l'articolo di Emanuele Ottolenghi sullo stato delle donne arabe nei paesi dove viene "applicato" il delitto d'onore. E' stato pubblicato sull'inserto de Il Foglio di oggi, venerdì 12 marzo '04.
Passato l’8 marzo, vorremmo rivolgere una preghiera a tutte le femministe della
terra che si battono instancabilmente per i diritti delle donne. Le vostre sorelle nel mondo arabo e islamico hanno disperato bisogno di attenzione. Non soltanto per la continua pratica della circoncisione femminile in aree rurali e tra i settori più poveri e tradizionali dal Golfo al Marocco. E non soltanto per il loro cronico stato di subordinazione nelle società ancora largamente patriarcali del Medio Oriente, che recenti rapporti dell’Onu sullo sviluppo
umano nel mondo arabo identificano come uno dei più gravi ostacoli al progresso socio-economico e democratico della regione. Ma anche e soprattutto per la vergogna che macchia quelle società più di ogni altra ingiustizia: i delitti d’onore. Non si tratta di mariti inferociti, che, colta la moglie a copulare con l’amante, in un momento di rabbia incontrollabile l’ammazzano. Il delitto d’onore non è l’uxoricidio tanto tollerato non troppo tempo fa persino in Italia. Il delitto d’onore nel mondo arabo e islamico (ma non solo) è l’assassinio di una donna da parte di uno dei familiari – padre, fratello, marito – a seguito di un atto che disonora il nome della famiglia. L’atto in questione non si limita al tradimento del coniuge, che nel diritto islamico,
per essere punito, richiede quattro testimoni. Esso include la violenza carnale, il rifiuto di accedere a un matrimonio combinato dalla famiglia, l’uso di abbigliamento immodesto, l’essere sorpresi o visti in compagnia di maschi non membri della famiglia, il flirt, vero o presunto, con uomini, e tante altre azioni più o meno vistose che la società circostante considera come potenzialmente lesive dell’onore. I numeri sono spaventosi nonostante la difficoltà di accertarli. Si parla di migliaia di vittime in Pakistan e Bangladesh ogni anno – donne assassinate o sfigurate con acido e armi da taglio
– centinaia in Giordania e Territori palestinesim e altre ancora in tutto il Medio Oriente. Il velo le nasconde dalla società come strumento di
"protezione", la segregazione domestica le "mette al riparo" dalla società circostante, ma né l’uno né l’altra difende la donna dalla violenza domestica dei parenti maschi, il cui sospetto basta come licenza al massacro. Nel caso poi della violenza carnale, che la donna subisce a volte persino da membri del gruppo familiare immediato o esteso, il delitto avviene lo stesso, e nei casi in
cui lo strazio viene impedito da cause di forza maggiore, la donna la cui vita viene salvata rimane comunque ostracizzata per il resto della sua esistenza per la "grave onta provocata" alla famiglia. Protette dalla furia sessuale dei maschi al di fuori della casa, come fossero fragili e indifese creature, le donne vengono ciononostante viste allo stesso tempo come diaboliche tentatrici, la cui colpa in caso di violenza risulta ovvia: chi subisce la violenza viene spesso uccisa sotto lo sguardo consenziente della famiglia; chi violenta ne esce senza condanna; chi uccide non solo spesso non viene condannato, ma ottiene l’imprimatur sociale che include sovente la connivenza delle autorità giudiziarie, religiose e di polizia.

La società non solo tollera, spesso approva
La società non solo tollera e accetta, ma spesso approva. La legislazione in vari paesi – compresi Giordania e Pakistan, tanto per citarne due – permette il delitto d’onore o lo tollera, comminando pene nominali agli autori. I casi in cui il delitto viene per altro riferito alle autorità sono molto inferiori agli attuali assassinii, proprio per la fitta coltre d’omertà che li circonda. Nella
seconda metà degli anni Novanta, le autorità di polizia di Gaza ritenevano che il 70 per cento degli omicidi accertati di donne fosse in realtà riconducibile a delitti d’onore. La difficoltà nel documentare l’estensione del fenomeno, anche in presenza di una crescente opposizione all’interno del mondo arabo da parte di organizzazioni non governative di donne e del patrocinio di autorità (dal re di Giordania al presidente del Pakistan), sta nel radicamento della pratica all’interno della società ancora largamente patriarcale che domina il
Medio Oriente musulmano, dove la donna viene vista come proprietà della famiglia e strumento di riproduzione collettivo, idoneo soltanto a fornire maschi (guerrieri o braccianti) al pater familias. Paradossalmente, è proprio laddove i processi democratici stanno prendendo timidamente piede, come in Giordania e in Pakistan prima del colpo di Stato militare di Pervez Musharraf,
che i Parlamenti democraticamente eletti hanno bloccato ogni tipo di legislazione atta a equiparare il delitto d’onore con l’omicidio vero e proprio.
Donde l’enfasi di molte associazioni di assistenza nel fornire consulenza e servizi per operazioni di riparazione dell’imene in caso di violenze carnali, o più semplicemente di sesso prematrimoniale, a donne che temono l’ira funesta dei familiari se scoperte. In molti casi l’assistenza si estende a una vera e propria offerta di rifugio, visto che la donna che si è "macchiata" di tali
misfatti non può sperare di essere perdonata dalla famiglia, né l’onore può essere riconquistato senza versare il sangue, spesso pubblicamente.
A coloro che, in nome del femminismo, si agitano dunque per la libertà nel mondo
arabo contro "l’imperialismo americano e sionista" una preghiera umile: combattete questa pratica vergognosa, che più di ogni altra rende il Medio Oriente un terreno impervio alla libertà e alla giustizia.
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