L'ANP perde il controllo della situazione e i terroristi ne approfittano
Testata: Il Foglio Data: 09 marzo 2004 Pagina: 3 Autore: Maria Giovanna Maglie Titolo: «Palestinesi sull'orlo del caos totale, Abu Ala chiede aiuti a Blair»
Riportiamo l'articolo di Maria Giovanna Maglie sulla situazione attuale dell'Autorità nazionale palestinese, pubblicato sul Foglio di oggi, martedì 9 marzo '04, a pagina 3. Roma. Di qui al ritiro, che sia l’estate o che sia più probabilmente la fine del 2004, Israele viene e verrà subissata di richieste, pressioni, veti internazionali; i paesi arabi che mal digeriscono la riforma democratica regionale dell’Amministrazione americana, cercheranno aiuto presso le capitali europee, perché la proposta di Ariel Sharon si sta rivelando per quello che è, rivoluzionaria. Nessuno vuol saperne, per esempio, di pattugliare Gaza per garantire il ritiro israeliano, né di garantirne la sicurezza a ritiro avvenuto, e a estremisti quasi sicuramente scatenati e foraggiati di molto denaro; certamente non intende farlo il presidente egiziano, Hosni Mubarak, che ieri lo ha detto chiaro al francese Figaro: "Ci troveremmo in una situazione di scontro con i palestinesi, potremmo finire con l’avere problemi perfino con gli israeliani". Dal Cairo arriveranno perciò, è già avvenuto, solo esperti, solo consiglieri. La sicurezza la deve garantire l’Autorità nazionale palestinese, secondo il presidente egiziano, ma il primo ad ammettere di non poter controllare gli estremisti è il premier palestinese, Abu Ala, che a Londra, in visita ufficiale, proprio questo è andato a chiedere, copertura e appoggio inglese, se possibile buoni uffici perché intervengano gli americani. Tony Blair è disponibile a inviare uomini qualificati, alti gradi di polizia, lui e il ministro degli Esteri, Jack Straw, dichiarano che la road map non è fallita, che è un progetto da riprendere, che anche la decisione clamorosa presa da Ariel Sharon di ritiro unilaterale può essere compresa nel progetto originario elaborato da Unione europea, Russia, Stati Uniti e Nazioni Unite, ma nell’agenda internazionale di map non v’è traccia, l’Amministrazione americana preferisce, di qui a novembre, parlare del progetto del Grande Medio Oriente, riforme e democrazia per società arabe autocratiche e corrotte, rifare la regione per porre fine a un conflitto che resiste a qualunque trattamento. E alla fine la decisione su tempi, modi, e possibilità concrete del ritiro unilaterale deciso dal governo Sharon si prenderà proprio a Washington, non a caso gli inviati del premier israeliano, capitanati da Dov Weisglass e Giora Eiland, sono là da due settimane. Il timore di Hosni Mubarak si chiama Hamas, partito armato e terrorista, che intende sfruttare l’occasione per esautorare quel che resta dell’Autorità nazionale palestinese. Al presidente la richiesta è venuta da Israele, e il ministro degli Esteri, Silvan Shalom, torna a parlarne al Cairo, agli egiziani si chiede di controllare la cosiddetta Filadelfia Road, un corridoio che corre lungo il confine fra Gaza ed Egitto, dal quale negli ultimi tre anni le truppe israeliane sono state continuamente attaccate. Vuol dire che nelle intenzioni del governo il progetto di ritiro va avanti, ma i tempi potrebbero ancora essere dilatati fino a dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Intanto, la barriera di protezione è stata, secondo le richieste della Casa Bianca, accorciata di ottanta chilometri, sono stati eliminati punti che entravano nel territorio della West Bank, è stata sacrificata l’area pur necessaria di fronte all’aeroporto internazionale Ben Gurion, da dove parte la strada per Gerusalemme, e che è una zona densamente popolata. Gli inviati israeliani a Washington hanno fatto anche definitivamente tramontare un progetto irlandese, l’Irlanda è presidente di turno dell’Unione europea, gradito a Tony Blair, pare, e incoraggiato da Javier Solana, che prevede l’invio di truppe dell’Alleanza atlantica nelle aree evacuate da Israele. Nato significa truppe europee, hanno spiegato, è una riedizione dei colloqui di Ginevra, e Condi Rice ha a sua volta spiegato all’alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell’Unione europea, giunto a Washington, che Israele non le vuole, mentre è un vecchio sogno di Yasser Arafat. Israele accetterebbe solo soldati americani. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.