Poca originalità e poco pensiero D'Alema ancora su Israele e Medio Oriente
Testata: Il Foglio Data: 04 marzo 2004 Pagina: 2 Autore: Emanuele Ottolenghi Titolo: «Nato in Terra Santa»
Così come Informazione Corretta aveva fatto nell'edizione di martedì 2 marzo '04, nell'articolo "D'Alema e la conferenza di pace di Assisi", sul Foglio di oggi Emanuele Ottolenghi analizza le dichiarazioni del presidente dei Ds a proposito della situazione tra israeliani e palestinesi. Ecco il pezzo. L’onorevole Massimo D’Alema ha colpito ancora. Da mesi esterna sul Medio Oriente, dimostrando come la sinistra riesca solo a riproporre idee altrui, con poca originalità e poco pensiero. Da Assisi, poi, ha lanciato due idee poco realistiche e un luogo comune. Le idee sono l’accordo di Ginevra e l’invio di una forza d’interposizione Nato. Il luogo comune è quello sulla barriera difensiva israeliana, il cui potenziale di confine o sfugge all’onorevole o ne infastidisce la speranza d’amore tra israeliani e palestinesi. D’Alema è di sicuro guidato da buone intenzioni, non ultima quella forse di aspirare a fare il ministro degli Esteri. E questo gli fa onore: almeno non aspira a fare il premier. Ma per fare il ministro degli Esteri, oltre che a vincere le elezioni, farebbe bene ad avere una politica sua. Iniziamo da Ginevra. Per l’onorevole bisogna imporre l’accordo alle parti: la pace va imposta, o dal vincitore o da una potenza terza. D’accordo sulla prima parte, non sulla seconda: sarebbe ora che si lasciasse a questa guerra di finire il suo corso, prima o poi emergerà un vincitore che imporrà i termini della resa. Ma all’onorevole questa via non piace perché sa che chi gli sta a cuore sta perdendo. Quindi, mascherato da pii sentimenti di carità, preferisce che s’impongano termini di pace alle recalcitranti parti in conflitto. E qui almeno c’è la coerenza marxista: se israeliani e palestinesi non vedono nessuna bontà nell’accordo di Ginevra, segno è che sono afflitti da "falsa coscienza". L’onorevole quindi auspica un po’ di autocritica marxista, senza farla però lui stesso, visto che vuole imporre paternalisticamente ad altri soluzioni di comodo senza sincerarsi della loro disponibilità. In altri tempi si sarebbe chiamato colonialismo, o missione civilizzatrice, ed entrambe sono passate di moda. Ginevra è un’illusione disastrosa: non tiene conto degli interessi vitali delle parti (che sono irriducibili, altrimenti la pace l’avrebbero già fatta) e nasce dalla pretesa che i 41 mesi di conflitto trascorsi non abbiano intaccato la fiducia reciproca dei contendenti. L’onorevole è in partenza per la regione per trovare un modo di promuovere Ginevra, farebbe bene a lasciare quella funzione al ministero del turismo svizzero e a prendere coscienza della realtà mediorientale. Nessun accordo di pace imposto dall’esterno, contro quanto viene percepito come interesse nazionale, può reggere. Certo, il corollario di tutto questo è l’invio di truppe Nato. Eccolo qua insomma, il colonialismo della sinistra, mascherato da intervento umanitario. Né israeliani né palestinesi sembrano all’onorevole abbastanza cresciuti da affidar loro la responsabilità di essere popoli sovrani. Ci penseranno gli occidentali. E qui non si deve perdere l’ironia della sinistra che si oppone all’esportazione della democrazia in Iraq con le baionette americane ma caldeggia l’esportazione della pace in Palestina con le medesime baionette (anche se Nato, ma tanto poi sappiamo che a parte tre belgi e due danesi, un colonnello dei carabinieri e due genieri spagnoli, la forza Nato sarebbe principalmente americana). Insomma, Ginevra è l’unica via percorribile, ma la cosa sembra così poco ovvia agli interessati che bisogna imporgliela con la forza. Senza poi tener conto di come reagiranno felici gli estremisti che sono già impegnati in Iraq, Arabia Saudita e Marocco a sloggiare "i crociati". Crede davvero l’onorevole che non ci scapperanno una bomba o due contro il contingente distaccato in benevola occupazione al posto di Israele nei territori? E che farà se il terrorismo contro Israele continuerà? Si metteranno i soldati della Nato a contrastarlo? L’esperienza in Iraq insegna a essere guardinghi, non a inviare allegramente truppe a promuovere una pace impossibile.
Però su una cosa ha ragione L’onorevole trova inaccettabile che ci si accontenti di una tregua invece che perseguire la pace. Per chi muore quotidianamente sugli autobus, la tregua è già un miglioramento. Certo, è forse uno scopo troppo poco ambizioso per perseguirlo, specie per chi aspira a fare il ministro degli Esteri di una potenza mediterranea. Ma chi conosce la regione sa come sia difficile mettere a tacere i cannoni. Su una cosa, però, l’onorevole ha ragione: così non si può andare avanti. Vero. Sarebbe ora che D’Alema esternasse su questioni dove la sinistra ha ancora qualcosa di serio da dire, non sul Medio Oriente, dove la sua banalità intellettuale riflette la sua incapacità di capire che il mondo è andato oltre. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.