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Il Manifesto Rassegna Stampa
26.02.2004 Il giornale comunista come un pendolo impazzito
dall'estrema destra all'estrema sinistra: importa solo delegittimare il sionismo

Testata: Il Manifesto
Data: 26 febbraio 2004
Pagina: 10
Autore: Tariq Ali
Titolo: «Uno Stato contro un popolo»
Su Il Manifesto del 26 Febbraio '04 Tariq Ali si esercita nel genere preferito dagli antisemiti di sinistra: i sottili distinguo tra antisemitismo ed antisionismo. Come se si dicesse che non si ha nulla contro gli italiani, ma che si tollera poco il Risorgimento, mentre è un crimine che gli italiani si siano organizzati per avere i diritti di ogni altro popolo. È interessante seguire il meccanismo retorico di Tariq Ali, perché rivela (pregiudizi, malafede) molto più di quanto intenda dimostrare
L'antisemitismo è un'ideologia razzista volta contro gli ebrei. Ha radici antiche. Nel suo classico La questione ebraica. Un'interpretazione marxista, pubblicato postumo in Francia nel 1946, il marxista belga Abram Leon (attivo nella resistenza durante la II guerra mondiale e giustiziato dalla Gestapo nel 1944) ha inventato la categoria di un «popolo classe» in riferimento alla vicenda degli ebrei, che sono riusciti a preservare le loro caratteristiche linguistiche, etniche e religiose nel corso di tanti secoli senza essere assimilati. Questo non è vero unicamente per ebrei; altrettanto si potrebbe affermare di molte minoranze etniche: i copti, gli armeni della diaspora, i mercanti cinesi in Asia sud-orientale, i musulmani in Cina, ecc. Prerogativa comune di questi gruppi è che divennero commercianti in un mondo pre-capitalistico, dove ricchi e poveri provavano lo stesso disagio.
L'antisemitismo del XX secolo, solitamente fomentato dall'alto dai preti (Russia, Polonia), da politici o intellettuali (Germania, Francia e, dopo il 1938, Italia), da grossi affaristi (Usa, Gran Bretagna), ha fatto leva sulle paure e sul sentimento di insicurezza di una popolazione impoverita. Da qui la definizione di August Bebel dell'antisemitismo come «il socialismo degli sciocchi». Come in altre forme di razzismo, le radici dell'antisemitismo sono sociali, politiche, ideologiche, economiche. Lo sterminio degli ebrei nella II guerra mondiale, attuato dal complesso politico-militare-industriale dell'imperialismo tedesco, è stato uno dei peggiori crimini del XX secolo, ma non l'unico.
Ecco la prima mossa: affermare che non è sicuro che la Shoah sia il punto più basso della storia umana
Prima della grande guerra, i massacri compiuti dal Belgio in Congo causarono tra i dieci e i dodici milioni di morti.
Seconda mossa: reintrodurre nel discorso i crimini del colonialismo e accennare a milioni di morti (meglio se si riesce a ottenere un multiplo di sei).
L'unicità dello sterminio degli ebrei sta nel fatto che esso si è consumato in Europa (il cuore della civiltà cristiana) e che è stato perpetrato sistematicamente - da tedeschi, polacchi, ucraini, lituani, francesi e italiani - come fosse la cosa più normale del mondo.
Terza mossa: evitare ogni riferimento agli aspetti anti-economici della Shoah, alla sua peculiare logica criminale (un paese in guerra che invece di investire nella difesa, dirotta le proprie risorse nello sterminio) alla dimensione industriale della Shoah…
Da qui la definizione di Hannah Arendt su «la banalità del male». Dopo la fine della II guerra mondiale, in Europa occidentale l'antisemitismo popolare del vecchio tipo è declinato restando limitato in larga misura a ciò che restava delle organizzazioni fasciste o a organizzazioni neofasciste. In Polonia, dove gli ebrei furono uccisi praticamente tutti, è rimasto forte, così come in Ungheria.
Nel mondo arabo c'erano minoranze ebraiche bene integrate al Cairo, a Baghdad e a Damasco, che non soffrirono al tempo dello sterminio degli ebrei d'Europa.
Quarta mossa: introdurre il mito della convivenza pacifica tra ebrei e arabi. Tra gli elementi che devono passare sotto silenzio ci sono: la legislazione islamica che rendeva gli ebrei cittadini di seconda categoria, il Muftì di Gerusalemme e la sua intesa con Hitler, il massacro di ebrei del 1785 in Libia, ordinato da Ali Burzha, i massacri in Algeria nel XIX secolo (tre ondate: 1805, 1815 and 1830) e quelli di Marrakesh, dove tra 1864 e 1880 morirono più di 300 ebrei
Storicamente, i musulmani e gli ebrei sono stati molto più vicini gli uni agli altri di quanto entrambi non siano stati vicini alla cristianità. Anche dopo il 1948, quando tra le due comunità sorsero tensioni in tutto l'oriente arabo, furono le provocazioni sioniste, come gli attentati dinamitardi dei caffè ebraici a Baghdad, a spingere gli ebrei arabi fuori dei loro paesi nativi, in Israele.
Quinta mossa – il tocco di surrealismo: dal momento che nessuno ricorda gli eventi citati sopra, accaduti ben prima che nascesse il sionismo, si può delirare accusando il sionismo di ogni nefandezza (magari anche di omicidio rituale, non ci sono forse fonti che lo possono provare ? Per esempio, le edizioni arabe dei Protocolli dei Savi di Sion…)
Il sionismo non ebraico ha un pedigree antico e permea la cultura europea.
Sesta mossa: senza spiegare cosa è il sionismo, ascriverlo alla cultura europea, quella dei colonizzatori razzisti di cui sopra
Risale alla nascita delle sette fondamentaliste cristiane dei secoli XVI e XVII, che prendevano l'Antico Testamento alla lettera. Ne fecero parte Oliver Cromwell e John Milton. In seguito, per altri motivi, Rousseau, Locke e Pascal salirono sul carro del sionismo. Infine, per ragioni abiette, anche il Terzo Reich sostenne l'idea di una patria per gli ebrei. L'introduzione alle «Leggi di Norimberga» del 15 settembre 1935 recitava: «Se gli ebrei avessero un loro stato dove la maggior parte di essi si sentisse a casa, la questione ebraica potrebbe essere considerata risolta già oggi, anche per gli stessi ebrei. Tra tutti, i sionisti convinti sono quelli che meno hanno obiettato alle idee fondamentali delle Leggi di Norimberga, perché sanno che queste leggi sono l'unica soluzione corretta per il popolo ebraico». Molti anni dopo, Haim Cohen, un ex giudice della Corte Suprema di Israele, affermava: «L'amara ironia del fato ha decretato che le stesse argomentazioni biologiche e razziali sviluppate dai nazisti, che ispirarono le incendiarie leggi di Norimberga, facciano da base alla definizione ufficiale dell'ebraicità in seno allo stato di Israele» (citato in Joseph Badi, Fundamental Laws of the State of Israel, 1960).
I leader sionisti hanno spesso negoziato con gli antisemiti per conseguire i loro obiettivi. Theodor Herzl parlò apertamente con Von Plehve, principale promotore dei pogrom nella Russia zarista; Jabotinsky collaborò con Petlura, il boia ucraino degli ebrei; sionisti «revisionisti» trattarono in termini amichevoli con Mussolini e Pilsudski: gli accordi di Haavara tra le organizzazioni sioniste e il Terzo Reich stabilirono l'evacuazione dei beni degli ebrei tedeschi.
Settima mossa: suggerire una parentela tra sionismo e nazismo. Tra l’ideologia che proclama lo sterminio degli ebrei e quella che incoraggia gli ebrei a fuggire. Si può naturalmente spingere la parentela fino a far dimenticare che lo scopo dei sionisti era mettere in salvo le vite degli ebrei, quello dei nazisti era eliminarli.
Il sionismo moderno è l'ideologia del nazionalismo secolare ebraico. Esso ha poco a che fare con il giudaismo come religione e, a oggi, molti ebrei ortodossi sono rimasti ostili al sionismo. Tra questi, la setta chassidica che, nell'aprile 2002, ha partecipato a una manifestazione palestinese a Washington portando cartelli che dicevano: «abbasso il sionismo» e «Sharon: il sangue palestinese non è acqua».
Ottava mossa: cercare ebrei non sionisti. Come si trovano (e si trovavano) italiani che mal sopportavano il Risorgimento, non è difficile trovare degli ebrei antisionisti. Generalmente sono piuttosto ostili ai diritti civili, all’autodeterminazione della donna, alla teoria darwiniana dell’evoluzione, al mondo moderno in generale… ma questo non è necessario ricordarlo.
Il sionismo nacque nel XIX secolo come risposta diretta al feroce antisemitismo che permeava l'Austria. I primi immigrati ebrei in Palestina arrivarono nel 1882, e molti di loro erano interessati solo a mantenere una presenza culturale. Non esiste un «diritto storico» degli ebrei nei confronti della Palestina. Questo mito grottesco ignora la storia reale (già nel XVII secolo, Baruch Spinoza definì l'Antico Testamento «una raccolta di favole», censurò i profeti e per questo fu scomunicato dalla sinagoga di Amsterdam).
Di Spinoza si può parlare, ma solo tra parentesi. Che non venga in mente di andare a cercare cosa diceva di tutte le religioni – Islam compreso.
Molto prima della conquista romana della Giudea nel 70 d.C., la maggioranza della popolazione ebraica viveva al di fuori della Palestina. Gli ebrei nativi furono gradualmente assimilati nei gruppi confinanti come i fenici, i filistei, ecc. I palestinesi sono, nella maggior parte dei casi, i discendenti delle antiche tribù ebraiche e la scienza genetica recentemente ha confermato questo dato sgradito ai sionisti.
Lo stato di Israele fu creato nel 1948 dall'Impero britannico e sostenuto poi dal suo successore americano. Era uno stato di coloni europei. I suoi primi leader proclamarono il mito di una «terra senza popolo per un popolo senza terra», negando così la presenza dei palestinesi. Alcune settimane fa lo storico sionista Benny Morris in una agghiacciante intervista a Haaretz ha ammesso l'intera verità. Nel 1948, l'esercito sionista cacciò 700.000 palestinesi dai loro villaggi.
Si verificarono numerosi episodi di stupri. Egli parla di «pulizia etnica», distinguendola accuratamente dal genocidio, e prosegue difendendo la pulizia etnica se perpetrata da una civiltà superiore, paragonandola allo sterminio dei nativi americani da parte dei coloni europei in Nord America. Anche questo, per Morris, fu giustificato.
Gli antisemiti e i sionisti avevano un aspetto in comune: l'idea che gli ebrei fossero una razza speciale, che questa non potesse integrarsi nelle società europee e che necessitasse di un suo grande ghetto o patria.
E’ importante evitare ogni riferimento al contesto bellico generale (i nazionalisti arabi alleati dei nazisti) e alle violenze arabe contro gli ebrei che vivevano in Terra di Israele. Solo così si può passare alla dimostrazione del teorema finale: accusare il sionismo di razzismo (i sionisti sono convinti che gli ebrei siano una razza) – senza citare le fonti.
La falsità di questa idea è dimostrata dalle realtà di oggi. La maggioranza degli ebrei del mondo non vivono in Israele, ma in Europa occidentale e in Nord America.
L'antisionismo fu una battaglia che prese le mosse dal progetto di colonizzazione sionista. Alcuni intellettuali di origine ebraica hanno svolto un ruolo importante in questa campagna e lo fanno ancora oggi, anche in Israele. Tutte le mie conoscenze su sionismo e antisionismo derivano dagli scritti e dai discorsi di ebrei antisionisti: Akiva Orr, Moshe Machover, Haim Hanegbi, Isaac Deutscher, Ygael Gluckstein (Tony Cliff), Ernest Mandel, Maxime Rodinson, Nathan Weinstock, solo per citarne alcuni. Essi hanno obiettato che il sionismo e le strutture dello stato ebraico non hanno offerto un vero futuro al popolo ebraico insediatosi in Israele.
Non hanno offerto altro che una guerra infinita. Dopo il 1967 c'è stato un revival del movimento nazionale palestinese che ha visto sorgere molti gruppi differenti, la maggior parte dei quali distinguevano attentamente tra antisionismo e antisemitismo.
Una volta dimostrato il teorema si passa ai corollari. Primo corollario: gli attentati contro le sinagoghe europee sono stati compiuti da quella minoranza di gruppi che non effettua questa distinzione
Nondimeno, il ruolo svolto da Israele indubitabilmente ha alimentato un antisemitismo popolare nel mondo arabo. Comunque questo non ha radici antiche e uno stato sovrano palestinese vi porrebbe fine rapidamente. Storicamente, si sono verificati pochissimi scontri tra ebrei e musulmani negli imperi arabi.
La campagna contro il presunto, nuovo «antisemitismo» odierno in Europa è fondamentalmente un cinico espediente da parte del governo israeliano per sottrarre lo stato sionista a qualunque critica alla sua costante e sistematica brutalità contro i palestinesi.
Il 62 per cento degli attacchi razzisti compiuti in Francia nel 2002 sono stati contro ebrei (l’1 per cento della popolazione). Ma (secondo corollario) l’antisemitismo in Europa è solo presunto.
Gli attacchi quotidiani sferrati dall'esercito israeliano hanno devastato le città e i villaggi palestinesi, ucciso migliaia di civili (specialmente bambini) e i cittadini europei sono consapevoli di questo. La critica a Israele non può e non deve essere equiparata all'antisemitismo. Il fatto è che Israele non è uno stato debole e indifeso. È il più forte stato della regione. Possiede armi di distruzione di massa vere, non immaginarie. Possiede più carri armati, aerei da guerra e piloti che il resto del mondo arabo messo insieme. Affermare che questo stato è minacciato da un qualunque stato arabo è pura demagogia.
È Israele a creare le condizioni che portano agli attentatori suicidi,
Rimettiamo un tocco di surrealismo: sono stati gli antifascisti a creare le condizioni per le bombe di piazza Fontana, Bologna, Brescia…
come persino i sionisti più convinti stanno cominciano a capire. Fintantoché la Palestina resterà oppressa, non ci sarà pace nella regione.
La sofferenza quotidiana dei palestinesi non appassiona la coscienza liberale dell'Europa, oppressa dal senso di colpa (e a ragione) per non aver saputo difendere in passato gli ebrei dell'Europa centrale dal rischio di estinzione. Ma il loro sterminio non dovrebbe essere usato come copertura per commettere crimini contro il popolo palestinese. Su questa questione le voci dell'Europa dovrebbero levarsi forti e chiare, e non farsi intimidire dal ricatto sionista
Forse è il caso che qualcuno faccia capire forte e chiaro alla redazione de Il Manifesto che l’articolo di Tariq Ali non ha dimostrato nulla, a parte l’ottusità dell’autore. E la solita propaganda del giornale che lo ospita.
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