Un film che alimenterà l'antisemitismo quello di Mel Gibson, secondo il direttore dell'ADL
Testata: Il Foglio Data: 18 febbraio 2004 Pagina: 2 Autore: Marina Valensise Titolo: «Quel Cristo non è antisemita, ma produrrà nuovo antisemitismo»
Riportiamo l'articolo di Marina Valensise pubblicato sul Foglio di oggi, mercoledì 18 febbraio '04.
Roma. Il direttore della Anti-Defamation League ha appena visto il nuovo film di Mel Gibson, che uscirà ufficialmente ai primi di marzo, e ne è rimasto sconcertato: "Sono solo quattro parole che per secoli hanno fornito la legittimazione dell’antisemitismo: ‘Gli ebrei hanno ucciso Gesù’. Il film di Gibson non è antisemita, ma produrrà un nuovo antisemitismo". Abraham Foxman non è di quelli che le cose le mandano a dire e si capisce perché. Ebreo polacco nato a Baranowicz nel 1940, è uno delle migliaia di bambini ebrei sopravvissuti alla Shoah grazie al cristianesimo. Ha alle spalle un’infanzia cattolica vissuta a Vilno, nella Lituania occupata dai nazisti prima e poi dai sovietici, in casa della balia che lo fece battezzare come se fosse figlio suo, lo portò a messa la domenica e gli insegnò a recitare il rosario e dire le preghiere ogni sera prima di coricarsi. "Se i miei genitori non fossero sopravvissuti mi sarei fatto prete", ha scritto Foxman nella sua autobiografia. I genitori invece sopravvissero, riuscirono a riprendersi il figlio dalla balia ed emigrarono in America, dove piano piano sostituirono il crocefisso con la stella di David, risolvendo il bizzarro sincretismo del bambino. Da 40 anni Foxman lavora per l’Anti-Defamation League, fondata nel 1913 per "fermare la diffamazione del popolo ebraico e assicurare a tutti giustizia e un giusto trattamento". Direttore nazionale dell’Adl, nell’ultimo anno ha cercato per dieci mesi di entrare in contatto con Mel Gibson, ma invano. Voleva fare sapere al regista-attore australiano che l’Adl non è né contro Gibson né contro la Chiesa: "Mel Gibson ha il diritto di fare tutti i film che vuole. Noi però speravamo che tenesse conto delle nostre preoccupazioni, per trattare il tema con maggior sensibilità". Ma non c’è riuscito. Gibson non ha mai dato alcun cenno di risposta, finché due settimane fa non ha scritto a Foxman: "Amiamoci gli uni con gli altri", ignorando però i suoi suggerimenti. Foxman aveva suggerito al regista di inserire nel film almeno un post-scriptum, visto che di scene avrebbe dovuto chiedere di cambiarne almeno una ventina. Si contentava di una semplice avvertenza da far scorrere sui titoli di coda: "Il mio nome è Mel Gibson. Per fare questo film sono stato ispirato dallo Spirito Santo. Gesù Cristo ha sofferto per tutta l’umanità, ma alcuni hanno gettato la colpa sugli ebrei. Per favore, non fatelo anche voi. Trasformereste una passione d’amore in una passione di odio". Questo era il post-scriptum che Foxman avrebbe voluto vedere. "Gibson non mi ha mai risposto", ricorda oggi durante la sua visita romana per preparare un convegno contro l’antisemitismo. "E’ rimasto sordo persino all’editoriale di Mike Evans, un ministro del culto evangelico amico suo che tempo dopo scrisse: ‘Sarebbe bello se Gibson dicesse che i romani crocifissero 2500 cristiani, e oggi ne ricordiamo solo uno". A nulla è valso nemmeno rivolgersi ad altri esponenti religiosi, come Franklin Graham e Gary Bauer. "Mi preoccupa che la Chiesa cattolica aspetti così tanto a prendere posizione su un film che mette in discussione l’enciclica Nostra Aetatae e la dottrina papale degli ultimi decenni" insiste Foxman. E alla domanda: il silenzio la sorprende? Risponde: "Semmai mi disturba. Il fatto è che Gibson considera il Vaticano revisionista. Si autodefinisce un cattolico tradizionalista che rifiuta il Concilio Vaticano II e l’insegnamento degli ultimi due papi. E’ strano che la Chiesa non si difenda dall’accusa di revisionismo". Cosa dovrebbe fare? Prendere posizione su un film? "Il film di Gibson rafforza l’interpretazione antisemita della storia. Gli ebrei vengono dipinti come assetati di sangue, vendicativi, venali. I romani come amorevoli e misericordiosi, anche se Erode è un mostro e Ponzio Pilato un uomo senza volontà. Nel film sembra quasi che l’impero romano sia sotto il controllo degli ebrei. Non si perde occasione per mostrare l’ebreo come il primo colpevole, che costringe i romani a crocefiggere Cristo. Non è solo un’interpretazione errata del Vangelo, secondo il quale Gesù visse per morire, e Dio voleva che Cristo morisse per redimere l’umanità. E’ una perversione della storia, anche se Gisbon l’accredita facendo appello agli evangelici, che sono conservatori e fondamentalisti, persino più dei cattolici". Quale reazione si aspetta da Santa Romana Chiesa? "Mi aspetto che prenda pubblicamente posizione, che dichiari il suo insegnamento sul problema del deicidio. Che ridia voce alla dottrina di Paolo VI e di Giovanni Paolo II". Tra il film di Gibson e la situazione in Medio Oriente c’è qualche legame? "No. Mi preoccupa di più la sua diffusione in America Latina o in Europa, dove potrebbe prevalere una reazione emotiva, come pure in Medio Oriente, dove rischia di sbancare il botteghino". Lo teme davvero? "Negli ultimi due mesi, in Libano, la tv degli Hezbollah ha mandato in onda una serie sul mito cristiano degli ebrei che uccisero Gesù il giorno di Pasqua e che uccidevano gli ebrei convertiti. La mitologia dell’antisemitismo cristiano gioca un ruolo chiave nel mondo arabo. Ho paura che il film di Gibson sarà un successo, perché dipinge gli ebrei come li vedono gli arabi. Io però non penso che sia un riflesso della situazione attuale. Semmai è un’aggravante". Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.