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Europa Rassegna Stampa
18.02.2004 Scontro tra Arafat e Abu Ala
andrà a finire come con Abu Mazen?

Testata: Europa
Data: 18 febbraio 2004
Pagina: 2
Autore: Filippo Cicognani
Titolo: «Lite con Arafat, Abu Ala pronto alle dimissioni»
Il Foglio ed Europa di oggi riportano la notizia della lite tra Abu Ala e Arafat sulla questione del controllo degli organi di "sicurezza" palestinesi. Ricordiamo ai nostri lettori che per Abu Mazen questo disaccordo con Arafat costò il posto. La conclusione è abbastanza ovvia: fintanto che si continuerà a dare credito a Arafat e alla sua cricca, nessuna riforma sarà possibile all'interno dell'Anp. Riportiamo l'articolo di Filippo Cicognani su Europa di oggi, stranamente corretto.
C’è aria di crisi al vertice dell’Autorità nazionale palestinese: da Berlino, dove prosegue il tour europeo che l’ha portato anche a Roma, il premier Abu Ala minaccia le dimissioni e più tardi smentisce tutto. Ma i rapporti con Yasser Arafat sono tesissimi: la prima lite risale all’inizio del mandato, tanto che Abu Ala si prese diversi giorni prima di sciogliere la riserva. Motivo del contendere allora fu la composizione del nuovo governo, un governo ristretto, transitorio e a tempo, poi ampliato e confermato.
Il nocciolo della questione, allora come ora, resta il ministero dell’interno e di conseguenza il controllo dei servizi di sicurezza, controllo che Arafat non intende mollare: in sostanza o gestisce lui direttamente i nove organismi spesso in confusione tra loro, o li affida a un uomo di sua assoluta fiducia, limitando di fatto il potere del premier. Abu Mazen, predecessore di abu Ala alla guida del governo, l’anno scorso uscì clamorosamente sconfitto da un braccio di ferro col vecchio presidente al quale tentava di strappare proprio il controllo della sicurezza. Allora dissero che Abu Mazen era troppo filo-americano.
Ma le cose non sono cambiate, anzi sono notevolmente peggiorate. Arafat, prigioniero da oltre due anni alla muqa’ata, il quartier generale di Al Fatah a Ramallah, non intende rinunciare al suo potere di controllo, nonostante le pressioni di una comunità internazionale che invoca un ricambio generazionale al vertice e soprattutto una maggiore trasparenza nell’utilizzazione dei fondi: da tempo il vertice dell’Anp è accusato di corruzione dal popolo palestinese. La riprova è che negli ultimi tre anni le donazioni internazionali si sono praticamente dimezzate proprio per la mancanza di trasparenza nella gestione delle risorse.
Sabato scorso Arafat ha bocciato un’iniziativa di Abu Ala sul programma di riforme, che tra l’altro prevede anche un rimpasto di governo, con un ricambio al ministero dell’interno, e il coinvolgimento di qualche deputato amico per rafforzare la sua posizione nel Consiglio legislativo. Arafat è pronto ad accogliere alcune riforme di carattere amministrativo e finanziario, ma non a cedere il controllo delle forze di sicurezza.
«Così non si può andare avanti», ha urlato il premier, informando i ministri delle sue intenzioni di dimettersi. La sua posizione è difficilissima, in precario equilibrio tra la necessità di mantenere un rapporto di lavoro costruttivo con Arafat, che nel bene e nel male continua a impersonare la lotta di liberazione del popolo palestinese, e l’urgenza di migliorare le incerte relazioni con Washington.
Abu Ala, dopo aver incontrato il ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, ha smentito di aver mai pensato a dimettersi, ma al di là delle frasi di circostanza, il clima politico sul fronte palestinese resta teso e incerto. L’imminente –ma quanto imminente?- primo incontro tra Abu Ala e Ariel Sharon non è certo preceduto da un’atmosfera di ottimismo. Le violenze nei territori hanno congelato, forse per sempre, la road map e il premier israeliano, prevedendone il fallimento, nei prossimi giorni informerò gli inviati di Washington sul pacchetto di iniziative unilaterali che vorrebbe mettere in atto in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Col risultato che i palestinesi vedrebbero drasticamente ridimensionate le loro aspirazioni territoriali. Il naufragio di ogni possibile trattativa potrebbe essere devastante.
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