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Rassegna Stampa
12.02.2004 Lo specialista UDG
nel travisare la realtà

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Battaglia a Gaza, uccisi quindici palestinesi»
Fulgido esempio di come si può trasformare una tristemente necessaria operazione militare in un pamphlet politico contro Israele

La battaglia di Sajjaya ha inizio all’alba. L’ennesima alba di sangue nella Striscia di Gaza.
Neutralizzare cellule palestinesi specializzate nel lancio di mortai e nella deposizione di ordigni: è questo l’ordine che i vertici di Tsahal hanno impartito ai comandi della brigata Ghivati.
Nell’opera di "bonifica", i membri dell’unità scelta Orev hanno anche il compito di catturare Ashraf Hassanin, un responsabile del braccio armato di Hamas.
Il selezionamento di ciascun target viene preceduto da un accurato e dispendioso lavoro d'intelligence: per ciascun terrorista deve venir comprovata insindacabilmente la responsabilità per precedenti assassini.
L'eliminazione del terrorista pluriomicida non viene eseguita come punizione per i crimini compiuti, bensì quando viene considerata considera indispensabile per sventare i piani criminali che questi si appresta ad attuare in futuro.
Definire "opera di bonifica" un atto teso semplicemente a proteggere la propria popolazione civile continuamente minacciata da spietati terroristi, ci pare veramente disonesto, eticamente ed umanamente.

Nel loro avanzare i militari israeliani incontrano subito l’accanita resistenza di miliziani ed agenti della polizia palestinese.
Ma come, la polizia palestinese si oppone con le armi alla cattura di spietati terroristi? E la conclamata volontà di pace del "governo" palestinese (che comanda le forze di polizia) dove è finita?
I soldati sono fatti oggetto di un nutrito fuoco dai palazzi circostanti e numerosi ordigni vangono fatti esplodere in prossimità dei blindati. Si combatte accanitamente, casa per casa. Il bilancio delle vittime cresce di ora in ora. Tra le vittime di Gaza, vi sono ance alcuni civili, fra cui Mohammed Hilles. Il figlio diciassettenne di Ahmed Hilles, segretario generale di Al Fatah nella strisci di Gaza.
Il ragazzo stava raggiungendo la sua abitazione quando è stato falciato da una raffica di mitra.
Il rischio e' che durante l'operazione possano verificarsi delle perdite collaterali oltre che, ovviamente, perdite tra i soldati israeliani (tutti giovanissimi... ma delle loro vite sono in genere pochi a preoccuparsi).
Il terrorista questo lo sa molto bene, per questo non disdegna di costruire il proprio covo in questo o quel campo profughi, facendosi anche scudo di donne e bambini.
Analizziamo la dichiarazione del portavoce di Tel Aviv, riportata dallo stesso Udg:

"I nostri soldati erano impegnati in un’operazione antiterrorismo quando sono stati attaccati da decine di miliziani palestinesi. Costoro erano muniti di armi da fuoco in dotazione a truppe regolari, di bombe e razzi anti-carro"


Gli articoli 28 e 29 della convenzione di Ginevra, recitano che l'uniforme deve essere obbligatoria: questi "miliziani", armati come un esercito regolare, sparano in borghese e si mescolano tra i civili.
Sempre per la Convenzione di Ginevra se il soldato non porta uniforme e spara in un centro affollato la responsabilità delle possibili vittime collaterali sara' sua.
Comprendiamo così quanto le cose siano ben diverse da come ce le vuole far vedere L’Unità: la responsabilità delle 15 vittime palestinesi (quasi tutti terroristi spietati) è comunque della leadership palestinese e non certo dell’esercito israeliano che cerca soltanto di impedire che altri suoi civili innocenti saltino in aria.

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