Oil for money quattro i nomi italiani tra i quali Formigoni e padre Benjamin
Testata: Il Foglio Data: 11 febbraio 2004 Pagina: 3 Autore: un giornalista Titolo: «Il WSJ accusa l'Onu di essere stata agli ordini di Saddam»
A proposito della vicenda delle tangenti ricevute da alcuni politici nell'ambito del progetto Oil for Food in Iraq, pubblichiamo l'articolo apparso sul Foglio di oggi; anche il Riformista riporta la notizia con il titolo "L'America fa sul serio, Formigoni dovrà trovarsi bravi avvocati". New York. Il Wall Street Journal non molla e mentre tutti si occupano delle armi di distruzione di massa, la caporedattrice delle pagine editoriali, Thérèse Raphael, indaga invece sullo scandalo Oil-for-Food (petrolio in cambio di cibo). Tre miliardi di dollari di tangenti finiti dal 1997 all’anno scorso nelle tasche dei gerarchi di Baghdad, da Saddam Hussein in giù (vedi il Foglio, 30 maggio 2003). L’Onu, che gestiva il programma, tollerava. Per dieci anni no global e pacifisti di tutto il mondo hanno gridato slogan su bimbi iracheni affamati e uccisi dalle sanzioni. Ma i soldi che dovevano sfamarli e curarli venivano intascati dal dittatore iracheno: "Tutti sapevano", ha ammesso il cipriota Benon Sevan, vicesegretario delle Nazioni Unite, delegato da Kofi Annan a gestire il programma, "e quelli che erano nella posizione di poter fare qualcosa non hanno fatto nulla. Io stesso non avevo i poteri necessari". Due settimane fa si è scoperto che le tangenti non erano a senso unico. Il quotidiano di Baghdad, Al Mada, ha pubblicato una lista, scoperta al ministero del Petrolio, con 270 persone e organizzazioni in cinquanta paesi che avrebbero intascato una fetta della torta: dalla presidente indonesiana Megawati Sukarnoputri all’ex ministro francese Charles Pasqua, dal parlamentare britannico George Galloway alla chiesa ortodossa russa, dall’Olp al partito comunista di Mosca. Quattro nomi italiani: Roberto Formigoni, padre Benjamin di Assisi, Salvatore Nicotra, Gian Guido Folloni e alcune società. Sul valore dei pezzi di carta provenienti dall’Iraq è bene andar molto cauti. Il Wall Street Journal si è procurato l’originale in arabo, che contiene l’elenco delle "creste" relative a miliardi di barili di petrolio: le tangenti sarebbero state ricavate dalla differenza fra il prezzo di vendita e quello di mercato. Molti nomi, tradotti foneticamente dall’arabo, non sono ben conosciuti, o difficili da identificare. Il Consiglio governativo iracheno ha nominato proprio consulente su questa faccenda Claude Hankes-Drielsma, presidente britannico della società Roland Berger Strategy. Anche se non parla l’arabo, Hankes-Drielsma ha dichiarato al Wall Street Journal di essere convinto dell’autenticità della lista. Già il 5 dicembre aveva inviato una lettera urgente ad Annan per chiedere "con la massima energia, di nominare una commissione indipendente d’inchiesta sul programma Oil-for-Food. In mancanza di questo, la credibilità dell’Onu e la sua immagine pubblica potrebbero essere messe in dubbio. Sono convinto che gravi trasgressioni siano state commesse, e che possano essere ancora in corso". Il problema per l’Onu è che nella lista appare anche il nome di Sevan, inserito accanto a una società panamense. Il dirigente di Oil-for-Food non vuole commentare, e si trincera dietro un comunicato emesso venerdì da Annan: "Per quanto ne so, nessuno nel segretariato ha commesso alcun illecito. Se ve ne fosse prova investigheremmo molto seriamente. Chiedo a coloro che accusano di farmi avere i documenti in loro possesso, affinché possa decidere se c’è stata qualche infrazione e possa intraprendere le azioni necessarie". Il Wall Street Journal liquida questa risposta di Annan come "pro forma" e "inadeguata". Quanto a Hankes-Drielsma, il primo febbraio ha scritto una seconda lettera, questa volta non più ad Annan ma al sottosegretario Onu agli Affari legali, Hans Correll, e in copia al ministro degli Esteri britannico, Jack Straw: "Perché l’Onu ha approvato contratti di vendita di petrolio a intermediari, e non ai destinatari finali (le raffinerie, ndr)? Perché a tutte le fatture veniva aggiunto almeno il dieci per cento per procurare contanti a Saddam? Quali controlli c’erano sulla Bnp (Banque Nationale de Paris), sul cui conto finivano i proventi del programma Oil-for-Food, per un totale di 47 miliardi di dollari?". Durissima la conclusione del Wall Street Journal: "Nel giugno 2000 Annan dichiarò che i dirigenti dell’Onu prendono ordini dal Consiglio di sicurezza. Sarebbe stato più esatto ammettere che l’Onu era agli ordini di Saddam". Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.