In due giorni solo critiche a Sharon mentre Arafat passa inosservato
Testata: Il Messaggero Data: 06 febbraio 2004 Pagina: 8 Autore: Eric Salerno Titolo: «Tempesta nel governo Sharon - Israele, è scontro»
Sul Messaggero di mercoledì 4 febbraio '04, un articolo di Eric Salerno dal titolo: "Tempesta nel governo Sharon". Invitiamo i lettori di IC a valutare con attenzione lo sbilanciamento di Salerno (ahimè, non nuova cosa), quando descrive da un lato fatti riguardanti Israele e dall'altro quelli palestinesi. GERUSALEMME - Ariel Sharon sembra deciso a mettere in pratica il suo piano per lo sgombero, anche in mancanza di un accordo con i palestinesi, degli insediamenti di Gaza e, con il tempo, di qualche colonia in Cisgiordania.
Non colonia, ma insediamento o, meglio ancora, villaggio Il suo annuncio di lunedì, seguito da una batteria di interviste su quotidiani e dichiarazioni alla televisione, ha disorientato i commentatori israeliani, ha provocato reazioni divergenti nei partiti, e ha trovato, come prevedibile, il consenso della maggioranza della popolazione. Il premier, artefice in prima persona della politica degli insediamenti, è stato già definito un traditore dai coloni più estremisti, il suo piano di sgombero "la madre di tutti i tradimenti" e qualcuno ha disegnato graffiti nelle strade di Tel Aviv paragonandolo a Hitler. Pochi collaboratori intimi, forse tra questi il vice premier Olmert e il ministro della Difesa Mofaz, sanno dove Sharon vuole arrivare. Il dispiegamento, secondo Olmert, comincerà tra giugno e luglio e come ha detto lo stesso premier potrebbe impiegare anche un anno o due. C'è chi ritiene che sarebbe meglio la chiusura in contemporanea di tutti gli insediamenti di Gaza, chi preferisce un processo graduale. Tutti ammettono che difficilmente l'attuale quadro politico potrà sopravivere a lungo se il piano passerà dalle parole ai fatti. Perché Salerno non dice le motivazioni che farebbero saltare il piano? Troppo scomodo per la teoria filo-arafattiana? Ammesso, aggiungono, che il premier non sarà incriminato per le due inchieste aperte dalla magistratura, e costretto alle dimissioni. Sharon non esclude un cambiamento di governo e il suo ministro degli Esteri, contrario alle iniziative unilaterali proposte da premier, parla anche di possibili/probabili elezioni anticipate. Le destre non hanno dubbi: Sharon, dicono, ha i giorni contati. Il salvagente politico arriva invece dall'ottantenne Shimon Peres appena confermato alla leadership del partito laburista fino al dicembre del 2005. «Se Sharon davvero realizzerà i suoi progetti, avrà tutto il sostegno dei laburisti in parlamento». C'è chi parla di possibile ingresso dei laburisti al governo e chi è sicuro che tra i due anziani statisti, da sempre grandi amici, esiste già un accordo segreto in questo senso. Il capo del governo palestinese, Ahmed Qurei (Abu Ala, lunedì sarà a Roma per incontrare Berlusconi) ha commentato positivamente l'eventuale ritiro israeliano da Gaza e oggi un suo collaboratore incontrerà uno degli assistenti di Sharon per cercare di combinare un vertice tra i due. Washington insiste per il summit e la leadership palestinese sa bene che se Sharon dovesse mettere in pratica (con il beneplacito essenziale di Bush) il suo piano si creerebbe una situazione estremamente precaria sul terreno. Anche per questo, se da una parte i palestinesi guardano con soddisfazione alla possibile fine dell'occupazione di Gaza, dall'altra si rendono conto che un'iniziativa unilaterale israeliana segnerebbe la fine dell'Autorità palestinese. Cerchiamo di essere un po' piu' sinceri: se dovesse avvenire il ritiro unilaterale da Gaza la "leadership" terrorista dell'ANP verrebbe messa completamente a nudo. In mancanza di un programma politico Arafat e i suoi complici non avrebbero più scuse per uccidere civili innocenti.
Ieri, giovedì 5 Febbraio '04, sul quotidiano romano: "Israele, è scontro. Coloni a Gaza, ora Sharon pensa di indire un referendum", sempre di Eric Salerno. Ecco cosa scrive: GERUSALEMME - Ariel Sharon non esclude un referendum popolare sulla sua proposta di evacuare gli insediamenti dalla striscia di Gaza anche in mancanza di un accordo con i palestinesi. Il premier ha ammesso che gli sarebbe impossibile andare avanti con il solo sostegno dei laburisti se le destre della coalizione e anche molti parlamentari del Likud dovessero abbandonarlo. C'è chi contesta il suo piano e chi invece teme che Sharon voglia usare la partenza da Gaza per rafforzare la presa sulla Cisgiordania, ma tutti ammettono che il solo fatto di aver detto che «un giorno non ci saranno più ebrei a Gaza» costituisce un passo avanti verso la fine dell'occupazione. Più che fine dell'occupazione si trattarebbe di una terra "Juden rein" come sognavano i nazisti...
Entro la prossima settimana e, dunque, prima della sua partenza per Washington dove alla fine del mese incontrerà Bush, il premier avrà in mano il piano dettagliato della sua "iniziativa unilaterale" che intende mettere in pratica, insiste, soltanto se non riuscirà a riprendere i negoziati con i palestinesi. I collaboratori di Sharon e Ahmed Qureia si sono incontrati ieri ma non sono ancora riusciti a fissare la data per un vertice tra i due leader. Il colonnello Jibril Rajoub, consigliere di Arafat, ha ammesso che l'intifada armata è stata un errore. E' possibile, garantisce, mettere sotto controllo le milizie armate e mettere fine alla violenza «se i palestinesi avranno la fiducia d'Israele e degli Usa». E perché Rajoub non l'ha fatto prima se era possibile? Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la loro opinione alla redazione de Il Messaggero. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.