Parole di un minstro tedesco che ha fatto i conti con il passato del suo Paese
Testata: La Repubblica Data: 03 febbraio 2004 Pagina: 17 Autore: Joschka Fischer Titolo: «Vedere l'Olocausto in atto»
Su Repubblica di oggi, martedì 3 febbraio '04, viene pubblicato un interessante commento del ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer a proposito della Shoah, dell'antisemitismo e della situazione in Medio Oriente. Ecco l'articolo.
Mentre scorrevo il giornale come ogni mattina, prima di recarmi al Bundestag, sono stato colpito dalla foto scattata da un aereo di ricognizione britannico: il lager di Auschwitz-Birkenau. L´ho ritagliata, senza sapere bene perché. Lo faccio a volte, quando trovo qualche saggio o documento storico interessante. In un secondo tempo ho ripreso in mano quella foto per guardarla con più attenzione. La didascalia faceva notare le dense volute di fumo che uscivano dai forni crematori. Solo in quel momento sono stato folgorato da un pensiero: quella che avevo davanti non era una semplice ripresa aerea. Era l´immagine dell´Olocausto in atto. A tanti anni di distanza, davanti a questa foto diventiamo spettatori di quel crimine spaventoso, che non ha paragoni nella storia. Un crimine che si può comprendere in tutta la sua portata solo dopo aver guardato le cose da vicino. E che non potremo mai scrollarci di dosso: non in Germania, ma neppure in Europa. Come è potuto accadere tutto questo? Perché è accaduto? Come mai in Europa, nella terra dell´Illuminismo, si è potuto scatenare quest´odio verso una minoranza, un odio inimmaginabile, tanto feroce da sfociare nell´inaudita brutalità di una vera e propria operazione industriale di sterminio? Durante la mia prima visita ad Auschwitz ero rimasto colpito dal fatto che il crematorio "n? 1" è vicinissimo alla villa riservata alla famiglia del comandante del campo, che tornava qui la sera per trasformarsi in padre tenero e premuroso e ascoltare musica classica. Com´è potuto accadere? E come spiegare il fatto che dopo pochi decenni, in un mondo in cui tutte queste cose si sanno, l´antisemitismo possa tornare a manifestarsi in maniera palese, tanto da costituire una sfida preoccupante? Non dobbiamo mai smettere di chiedercelo, non dobbiamo mai cercare di eludere queste domande, perché ci riguardano direttamente. Non dimentichiamolo: si tratta di noi. Il modo cui il nostro Paese tratta le sue minoranze, e innanzitutto la minoranza di religione ebraica, rivela molte cose sul nostro conto. Non vorrei soffermarmi sull´antisemitismo cristiano, né risalire a epoche storiche lontane. E´ comunque evidente che nel periodo della formazione delle nazioni europee o, in altri termini, nell´epoca dei nazionalismi, è emersa una forma nuova e aggressiva, una forma criminale di antisemitismo. E´ il caso di riflettere sul fatto che oggi, in questa fase dell´unificazione europea, l´Europa debba nuovamente far fronte a manifestazioni crescenti di antisemitismo, manifestato spesso in forma di critiche allo Stato di Israele. Io non concordo con chi sostiene che le due cose debbano essere sempre distinte. Di fatto, nei confronti di Israele l´Europa ? e più in particolare la Repubblica Federale Tedesca - ha le sue responsabilità. Mi è capitato recentemente di trovare su una bancarella l´autobiografia di Nahum Goldman: qui appare chiaro che senza il moderno antisemitismo, la storia del sionismo non sarebbe neppure pensabile. Ricordiamo la generazione di Heinrich Heine, l´epoca della Primavera dei popoli, e poi la grande rivoluzione del 1848 ? la rivoluzione europea, la speranza dell´integrazione, della parità dei diritti, le mura dei ghetti abbattute ? Ma sono bastati pochi decenni per far dire a Theodor Herzl: «Tanto non ci accetteranno. Dobbiamo rifondare il nostro stato nazionale, la patria ebraica, Israele». Esiste uno stretto rapporto tra queste realtà. E al di là della seduzione delle immagini, non si può non essere colpiti dal fatto che dei tanti spaventosi conflitti in atto nel mondo, spesso con un gran numero di vittime innocenti, è soprattutto il conflitto israelo-palestinese a suscitare un particolare interesse in Europa. Ed ha fatto bene Ralf Fücks a ricordare qui i risultati agghiaccianti dell´inchiesta condotta dalla Commissione europea: sono dati rivelatori di una situazione molto grave, che non possiamo affrontare con le consuete disquisizioni sociologiche. Certo, questo problema coinvolge profondamente la Germania, in ragione delle particolari responsabilità storiche e morali legate alla Shoa, ma costituisce evidentemente una sfida per tutto il continente europeo. Una sfida che stavolta l´Europa dovrà saper affrontare con una risposta in positivo. Israele rappresenta un caso unico: quello di uno Stato al quale si contesta il diritto di esistere. La politica israeliana si può comprendere chiaramente solo alla luce di questa realtà. Tutti i timori, le preoccupazioni, le angosce dei miei amici israeliani, compresi quelli più impegnati per la pace, si riassumono nella paura di vedersi negare il diritto di esistere. Una paura che non cesserà finché questo diritto non sarà garantito. E finché durerà questa paura, l´unica reazione possibile sarà quella di dire: «Mai più ci lasceremo condurre docilmente al massacro come agnellini inermi». Da qui nasce l´esigenza di una superiorità militare. Non vorrei essere frainteso: tutto ciò non giustifica una politica sbagliata. Ma non bisogna mai perdere di vista il fatto che Israele è oggi l´unico Stato del quale viene contestata la stessa esistenza. Ed è questo il punto di contatto tra la realtà attuale del popolo ebraico e l´esperienza della Shoa, la realtà della Shoa, del genocidio degli ebrei tedeschi ed europei. Chi non lo comprende, e non tiene presente al tempo stesso il fatto che fin dal primo momento l´esistenza stessa del neonato Stato d´Israele veniva contestata da parte araba, con mezzi militari e sempre nuove minacce, non può comprendere qual è veramente la posta in gioco nel conflitto mediorientale. Se guardiamo alla situazione attuale, non possiamo ignorare le sofferenze dei palestinesi, i morti, le molte vittime innocenti, dall´una e dall´altra parte. Ma questo conflitto potrà arrivare a una soluzione soltanto quando il diritto all´esistenza dello Stato di Israele e dei suoi cittadini sarà garantito al di là di ogni possibile dubbio. Il punto cruciale della politica mediorientale, la sfida reale è oggi l´esigenza di creare le basi della fiducia: un´impresa che presenta difficoltà infinite. Il danno più grave tra tutti quelli provocati dal fallimento del processo di Oslo è il crollo della fiducia tra le due parti. Ricordo che nonostante la reciproca diffidenza, dopo i successi dei negoziati di Oslo, la fiducia stava incominciando a crescere. Oggi non è rimasto praticamente più nulla, dall´una e dall´altra parte. In questo momento Israele è confrontato con una delle situazioni più difficili della sua storia. La sua potenza strategica e militare è ormai tale da poter fronteggiare ogni possibile coalizione. Ma la questione del suo diritto ad esistere non è legata solo alla sicurezza strategica. Si tratta anche di vedere quali sono le prospettive di Israele in quanto stato ebraico, nel senso di uno stato a maggioranza israelita, patria degli ebrei. E quale futuro potrà avere in quanto democrazia. Qui entra in gioco l´elemento demografico. Tra circa sette anni ? se le cose non cambieranno ? i rapporti di maggioranza saranno rovesciati. Oggi in Israele si è aperto su questo tema un ampio dibattito. E su questo sfondo la tesi dei due Stati appare in tutta la sua importanza. Io sono fermamente convinto che al di là degli aspetti militari e strategici, la soluzione dei due Stati sia l´unica possibile per garantire durevolmente l´esistenza dello Stato di Israele. Ma per arrivare a questa soluzione, indicata anche dal presidente Bush nel suo importante discorso - la convivenza pacifica, su uno stesso territorio, di uno Stato israeliano e di uno Stato palestinese, una volta risolti tutti i problemi ? sarà necessario accettare compromessi difficilissimi, sui quali peraltro si è già trattato in maniera molto approfondita ed esauriente. L´essenza dell´iniziativa di Ginevra consisteva appunto nel ribadire che di fatto tutti gli elementi sono già sul tappeto. Su singole questioni si potranno sollevare critiche o esprimere pareri diversi, ma a mio parere ogni dettaglio è già stato discusso a fondo; si tratta solo di vedere come comporre e far combaciare i vari elementi. Il punto decisivo è però la fiducia. Nessun accordo è possibile se da un lato di tratta, e dall´altro continuano gli attacchi terroristici. Un compromesso del genere può funzionare soltanto se le intenzioni sono serie da entrambe le parti. Detto questo, io continuo a ripetere ai miei amici israeliani - e soprattutto a quelli che non condividono la mia posizione: non si arriverà mai a un compromesso sostenibile da parte palestinese al di là dei confini del 1967. Non si riuscirà a trovare un interlocutore pronto a firmare un accordo diverso, né una maggioranza palestinese disposta ad accettarlo. In questo senso, è essenziale che con l´aiuto della comunità internazionale si possa avviare un processo ? e so bene quanto sia difficile ? per ricostruire la fiducia, e per arrivare, attraverso le tappe previste dalla "road map", a un negoziato conclusivo finalizzato alla soluzione dei due Stati. Le difficoltà sono infinite. Ma in definitiva, il segreto della fondazione dello Stato ebraico di Israele sta appunto in un compromesso storico di questo tipo, di natura tale da garantire la sua durata nel tempo. In questo senso è fondamentale il ruolo della comunità internazionale, e soprattutto dell´Europa. L´America, per quanto importantissima, soprattutto sul piano delle garanzie di sicurezza, è molto lontana. Lo Stato d´Israele si trova nell´area mediterranea, è un vicino immediato dell´Unione europea.
Traduzione di Elisabetta Horvat (il testo è tratto dall´intervento del ministro degli Esteri tedesco alla conferenza internazionale della Fondazione Heinrich Böll del 28-30 gennaio 2004) Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.