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Il Foglio Rassegna Stampa
02.02.2004 La guerra in Iraq è una guerra antifascista
Paul Berman lo spiega da sinistra a chi è di sinistra ma non lo ha ancora capito

Testata: Il Foglio
Data: 02 febbraio 2004
Pagina: 2
Autore: Paul Berman
Titolo: «Berman racconta cosa dire al bar a un tonto della sinistra corretta»
Riportiamo l'articolo di Paul Berman pubblicato sul Foglio di sabato 31 gennaio '04.
Un mio amico, appoggiato al bancone di un bar, mi ha detto: "Tu sostieni che la
guerra in Iraq sia un guerra antifascista. La chiami addirittura una guerra di sinistra, una guerra di liberazione. Che paroloni! Eppure, nella sinistra, poche persone sono d’accordo con te". "Non è affato vero! – ho risposto – … che cosa ne pensi di Adam Michnik in Polonia? E Vaclav Havel, forse per te non contano niente? Sono tra i maggiori eroi del nostro tempo. In ogni caso, chi è
che ora sta combattendo in Iraq? La Coalizione è guidata da un texano di destra, il che è un vero peccato; ma, subito dopo, dal primo ministro inglese, ossia da un socialista (sui generis); e al terzo posto c’è il presidente della Polonia, addirittura un comunista! (o, comunque, un ex comunista). Dunque: un texano di destra e due europei più o meno di sinistra. D’altra parte, le categorie di ‘sinistra’ e ‘destra’ si stanno disintegrando sempre più rapidamente, perdendo qualsiasi significato preciso. Chi è, secondo te, il leader mondiale della sinistra? Jacques Chirac? Un autentico conservatore, mi dispiace dirtelo".

Ossessione per Israele e tante dimenticanze
Il mio amico ha ribadito la sua tesi: "Ciononostante, la maggior parte delle persone di sinistra non sembra essere d’accordo con te. Lo devi ammettere. Qual è il motivo, secondo te?". La domanda era piuttosto offensiva, e ho risposto a tono. "Perché le persone di sinistra non sono d’accordo con me? Fatta eccezione per quelli che invece lo sono? Ti darò sei ragioni. Queste persone non sono state capaci di riconoscere il carattere antifascista della guerra perché… – a questo punto ho battuto il pugno sul tavolo per sottolineare la forza delle mie argomentazioni– … perché George W. Bush è un politico che suscita un’estrema avversione, tranne che nei suoi più fedeli sostenitori, e la gente è accecata dalla repulsione che prova. Ma, per colpa di questa cecità, ora non riesce a riconoscere i veri contorni della realtà. Osserva l’Iraq e vede la faccia sciocca e sorridente di Bush. Prova persino una sorta di schadenfreunde, di
compiaciuta soddisfazione, per i suoi errori e le sue sconfitte. Si tratta di un esempio moderno, da era della tv, di ciò che una volta si chiamava ‘cattiva coscienza’". "La sinistra non vede – ho continuato battendo il pugno sul tavolo per la seconda volta – perché moltissime persone (le quali, peraltro, hanno sempre mostrato notevole buon senso in tutte le altre cose) hanno deciso, a
priori, che l’America sia la vera responsabile di tutti i principali problemi del mondo. Anche di quelli con cui non ha visibilmente nulla a che fare. Si tratta di un atteggiamento che, sessant’anni fa, avrebbe impedito a queste medesime persone di comprendere il vero significato e gli obiettivi dei movimenti fascisti in Europa". "Ecco – e giù col pugno per la terza volta – un’altra ragione: un sacco di gente pensa che qualsiasi tipo di movimento anticolonialista debba essere per forza una cosa ammirevole o almeno accettabile. Oppure ritengono che, in ogni caso, non dovremmo far altro che fischiettare indifferenti di fronte a un movimento come il partito Baath che fu fondato sotto l’influenza del nazismo. Nel 1943!". "La sinistra non vede perché – quarto pugno sul tavolo – molti, nel loro generoso tentativo di rispettare le diversità culturali, sono giunti alla conclusione che gli arabi, per qualche inscrutabile motivo, sono contenti di vivere sotto grottesche dittature e non sono in realtà capaci di fare altro, o non saranno pronti a farlo per almeno altri 500 anni; quanto al liberalismo arabo, è qualcosa di poco autentico. Il che significa: molta gente, travolta dai suoi stessi elevati principi e dall’ideale della tolleranza culturale, ha finito per assumere posizioni che possono essere considerate soltanto razziste nei confronti degli arabi". "La sinistra di vecchio stampo aveva uno spirito universalista: pensava che tutti gli uomini del mondo avrebbero prima o poi voluto vivere condividendo gli stessi valori fondamentali; e bisogna collaborare alla realizzazione di questo obiettivo. Pensava che ciò fosse particolarmente vero nel caso di popoli
che vivono in una società relativamente moderna, con industrie e università, e di società con una complessa burocrazia, come quella irachena. Ma non è più così! Oggi, animata da un ideale di tolleranza egualitaria, la gente dice: democrazia sociale per gli svedesi! Tirannia per gli arabi! E questo dovrebbe essere un atteggiamento di sinistra? A proposito, la sinistra non sembra
avere molto da dire sulle popolazioni non arabe in paesi come l’Iraq, vero? Eppure la sinistra, la vera sinistra, si faceva campione della causa delle minoranze, come ad esempio quella dei curdi. Ora non lo fa più. La sinistra,
amico mio, ha abbandonato i suoi veri valori; fatta eccezione per qualcuno, naturalmente". "Ancora un’altra ragione", e nuovo pugno sul tavolo. "Moltissima gente crede onestamente che il conflitto israelo-palestinese non sia solo una triste disputa su confini e riconoscimento e che i problemi di Israele rappresentino qualcosa di più, un aspetto singolarmente diabolico del sionismo, che spiega la rabbia e l’umiliazione provate dai musulmani, dal Marocco all’Indonesia. Il che significa: moltissima gente è caduta vittima di fantasie antisemite sul criminale complotto mondiale ebraico, e non riesce a pensare ad altro". "… Osserva le discussioni che avvengono tra persone che si definiscono
democratici di sinistra, la sinistra ‘buona’: un continuo battere e ribattere sui peccati di Israele, un ossessivo martellamento senza dire praticamente nulla sui movimenti d’ispirazione fascista che hanno causato la morte di centinaia di migliaia, e persino milioni, di innocenti in varie zone del mondo musulmano […], qualche dichiarazione a favore dell’abolizione di Israele, e
quasi nulla sulle sofferenze degli arabi in altre parti del mondo. E non si parla quasi mai degli arabi di idee liberali, nostri autentici compagni, di fatto abbandonati a se stessi. […] C’è un nome per questa sistematica distorsione della realtà: ciò che noi marxisti, quando eravamo ancora marxisti,
chiamavamo ideologia". "La sinistra non vede – ho concluso facendo cadere un’ultima volta il pugno sul tavolo – perché molti sono volontariamente ciechi di fronte all’antisemitismo di altre culture. Non sono in grado di riconoscere fino a che punto le dottrine d’ispirazione nazista sull’essenza cosmica della malvagità ebraica abbiano influenzato i movimenti politici di massa in molte zone del mondo. In tanti paesi siamo ritornati al ’43, e la gente non se ne accorge […]".

"Il traditore sei tu…"
Sei pugni sul tavolo, sei diverse ragioni. Avevo terminato. Il mio amico aveva un’espressione incredula. E così ho ripreso a parlare: "Eppure, se le persone di sinistra generose come te aprissero i loro occhi si accorgerebbero immediatamente che il Baath è un tipico esempio di movimento fascista, e che lo stesso vale per l’islamismo radicale: entrambi sono due fili diversi di una stessa matassa, che è l’ideologia fascista e totalitaria lasciata in eredità dall’Europa al mondo musulmano moderno. Se solo la gente come te si svegliasse dal letargo, vedrebbe che la guerra contro l’islamismo radicale e il Baath, in Afghanistan come in Iraq, è la guerra contro il fascismo". Ho continuato a infervorarmi. "Che tragedia che non ve ne accorgiate! Una tragedia per gli afghani e gli iracheni, che hanno bisogno di un aiuto molto maggiore. Una
tragedia per le persone di idee liberali in tutto il mondo musulmano! Una tragedia per i soldati americani, inglesi, polacchi e per chiunque altro sia in Iraq, dai volontari delle organizzazioni non governative al personale delle forze di occupazione, che si devono scontrare con il peggior genere di nichilisti, e che non hanno ricevuto praticamente nessun sostegno o solidarietà dalle persone che, sedute sulle comode poltrone delle loro belle e ricche case, si definiscono antifasciste". "Che tragedia per la sinistra, la sinistra mondiale, questa nostra sinistra che, incapace di svolgere un ruolo concreto
nell’antifascismo della nostra era, sta proprio ora commettendo un gigantesco sbaglio storico. E non è la prima volta, amico mio! Eppure, se la sinistra di tutto il mondo si assumesse la responsabilità di questa battaglia, l’evoluzione della situazione irachena e dell’intera regione potrebbe essere utilmente
influenzata, molti errori di Bush potrebbero essere corretti e la causa della nostra battaglia ne verrebbe molto rafforzata". Il mio amico aveva gli occhi spalancati […]. Ha detto: "Allora l’Onu e il diritto internazionale non significano niente per te, assolutamente niente. Tu pensi sia giusto che l’America faccia quello che le pare, infischiandosene del resto del mondo?". Gli
ho risposto così: "L’Onu e il diritto internazionale vanno bene, anzi benissimo. Hanno tutto il mio appoggio. O, per essere più precisi, vorrei poterglielo dare. Sarebbe meglio combattere una guerra antifascista con qualcosa di più di una lesinata approvazione Onu. Sarebbe meglio combattere con la sanzione del diritto internazionale. Meglio per un milione di ragioni, politiche e militari, nonché per il precedente che si stabilirebbe. Meglio per raggiungere lo scopo di affermare i principi liberali che sono in gioco. Se fossi io a decidere, è così che avrei combattuto la guerra. Ma la mia decisione
non conta molto. Avevamo due scelte davanti a noi: o sostenere la guerra in nome
dell’antifascismo, oppure opporci alla guerra in nome di un qualche genere di diritto internazionale. Antifascismo senza diritto internazionale o diritto internazionale senza antifascismo: un’alternativa poco allettante, ma bisogna comunque scegliere". Il mio amico ha detto: "Io sto con l’Onu e con il diritto internazionale; e credo che tu sia diventato un traditore della sinistra. Un
neocon!". Io ho replicato: "Io sono per l’abbattimento dei tiranni; e da quando in qua abbattere il fascismo è diventato un tradimento per la sinistra?". "Ma Bush non è lui stesso un fascista, in qualche modo? Devi pur ammetterlo!". A quel punto sono stato io a spalancare gli occhi. "Tu non hai la minima idea di cosa sia il fascismo", ho detto. "Ho sempre pensato che un’autentica e viva
consapevolezza di cosa significhi l’oppressione fosse la caratteristica più profonda dell’anima della sinistra. Fosse comuni, centinaia di migliaia di iracheni scomparsi, una popolazione massacrata da 35 anni di torture baathiste: ecco che cosa significa il fascismo! Tu credi davvero che tutto questo sia la stessa cosa di qualche sotterfugio con fedeli di Bush alla Halliburton, di un po’ di retrograda retorica biblica, dei ridicoli tagli fiscali voluti dal presidente e della manna che rappresentano per i miliardari americani? La stessa cosa del fascismo? Si presume che la sinistra abbia la capacità di
guardare la realtà con pragmatismo e con ampia prospettiva visuale. Il traditore della sinistra sei tu, amico mio…". Ma le mie parole non avevano nessun significato per lui, e non rimaneva altro che berci sopra.
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