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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
30.01.2004 A rieccolo !
torna Tramballi, torna la disinformazione nel quotidiano della Confindustria

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 30 gennaio 2004
Pagina: 8
Autore: Ugo Tramballi
Titolo: «Una guerra regolata dalla legge del taglione»
Superficiale, inaccurato, impreciso, falso. Se il Sole 24 ore avesse un desk esteri degno di questo nome l'articolo di Tramballi sarebbe stato rinviato al mittente.
Prima di tutto ignora che il terrorista era un poliziotto palestinese,al regolare servizio dell'ANP. Ignora anche che un attentato del genere non è mai dettanto dall'impulso, ma richiede una preparazione che dura mesi.
"I centri abitati palestinesi sono per Israele obiettivi legittimi". Basterebbe questa frase per spedire Tramballi direttamente al Manifesto, invece dobbiamo leggerlo sul quotidiano della Confindustria.
"Persino ilterrorismo non sgomenta più come prima". Bisognerebbe chiederlo ai cittadini israeliani se quello che scrive Tramballi ha senso.
Israele avrebbe poi "evocato la similitudine con l'olocausto". Fra tutte questa è la menzogna più ignobile. Sono semmai i difensori dei terroristi a fare il paragone tra Israele e il nazismo, ma questo Tramballi si guarda bene dal ricordarlo. Israele ricorda la Shoah e fa di tutto perchè non si ripeta, ci sembra ben altra cosa.
Arafat, poverino, è isolato nella sua "gabbia" della Muqata, "murato in casa", più nessuno va a trovarlo. Non passa in mente a Tramballi che il "potere evanescente" di Abu Ala, e di Abu Mazen prima di lui, sia tale per diretta reponsabilità di Arafat.

Pubblichiamo integralmente l'articolo di Tramballi e chiediamo ai nostri lettori di protestare fortemente con la direzione del Sole 24Ore per l'inaccettabile propaganda contenuta nell'articolo.




Bestiali ma innegabilmente efficienti,a loro modo. Non erano passate 24 ore dall’operazione militare israeliana a Gaza, dagli 8 morti palestinesi uccisi e dalle minacce di vendetta della Jihad islamica, che il terrorista era già a bordo del suo obiettivo. Dell’autobus israeliano aveva scelto la linea, studia il percorso; aveva probabilmente atteso il momento in cui il mezzo sarebbe
stato più affollato e forse, come sfida finale, aveva anche deciso di eseguire la sua vendetta il più vicino possibile all’ufficio di Sharon: per uccidere e
morire simbolicamente a quattro passi dal cuore del potere nemico.
Hamas, Jihad islamica e milizie nate dall’incontrollabile frantumazione di Fatah, hanno ormai acquisito una forza pericolosa nei Territori. Ignorano i tentativi egiziani e sauditi di mediazione. Dettano perfino le regole della loro
guerra con Israele. La concatenazione degli eventi che hanno portato all’ultimo
attentato è lo specchio del cronicizzarsi di un conflitto che fuori dal Medio Oriente sembra non interessare più nessuno ma che inesorabilmente continua. Martedì i palestinesi attaccano un insediamento ebraico nella striscia
di Gaza, ritenendola un’azione bellica "legittima", compiuta dentro i Territori occupati contro un obiettivo militare (per loro gli insediamenti sono postazioni militari nemiche). Il giorno successivo le forze armate israeliane compiono un’operazione contro Gaza: per Israele i centri abitati palestinesi
sono obiettivi legittimi, poiché vi si nascondono attentatori e miliziani armati. Ma non per i palestinesi. Violate regole mai scritte del conflitto, la Jihad si sente libera di vendicarsi, colpendo il nemico oltre le linee e massacrando dei civili. È ormai una guerra senza obiettivi precisi: ogni azione militare o terroristica non sembra rispondere al conseguimento di obiettivi territoriali o nazionali ma alla legge biblica del taglione.
Tutte le guerre sono intrinsecamente folli: quella fra israeliani e palestinesi ha ormai raggiunto livelli moralmente insondabili. Questi tuttavia sono giudizi morali, probabilmente opinabili per chi è schierato dalla parte degli uni o degli altri. Perfino il terrorismo non sgomenta più come prima: per praticarlo i palestinesi hanno usato mullah, ragazzi e ragazze, padri e madri di famiglia, analfabeti e laureati. Il biasimo dell’opinione pubblica internazionale, stanca e incapace ormai di capire, è di brevissima durata. Ciò che colpisce è piuttosto la capacità organizzativa e logistica raggiunta dagli estremisti. In questi anni Israele ha usato tutti i mezzi militari per fermarli, compresi i
caccia-bombardieri più sofisticati del mondo. Ha messo in campo migliaia di soldati, usato tutte le capacità dei suoi servizi d’intelligence interna e internazionale,pianifica settimanalmente massicce operazioni e campagne di
omicidi mirati. Le città palestinesi sono state occupate, setacciate, circondate. Con metodica perizia anche la diplomazia israeliana ha picchiato
duro sui governi occidentali, evocando similitudinifra l’azione terroristica palestinese e l’Olocausto. È riuscita a isolare Yasser Arafat: sono pochi
coloro che vanno a incontrarlo nella sua gabbia di Ramallah anche se lui, murato
in casa, non sta usando questo tempo per meditare sui suoi errori monumentali. Ora c’è anche il muro. Gli israeliani sostengono che quella barriera difensiva è riuscita a fermare centinaia di potenziali kamikaze: evidentemente non tutti. Per cento che vengono bloccati, uno riesce sempre a raggiungere il suo obiettivo. Senza la volontà di tornare alla politica come deterrente del caos, il risultato dell’ostinazione all’uso della guerra è la forza crescente dell’estremismo religioso e il continuo disgregarsi dell’Autorità palestinese.
Se nelle mani del primo ministro Abu Ala c’è qualcosa, è un potere evanescente. L’unico gesto politico a malapena visibile all’orizzonte è un vertice fra Ariel Sharon e Abu Ala: se ne parla inutilmente da mesi e anche se accadesse non
risolverebbe nulla.
Al commento della redazione facciamo seguire una analisi a firma Salomone.

Ugo Tramballi che sembrava essersi un po` calmato nel suo furore anti-israeliano, torna all`assalto. Egli fa le lodi dei terroristi palestinesi "innegabilmente efficienti" poiche` "non erano passate 24 ore dall'operazione militare israeliana a Gaza, che il terrorista era gia` a bordo del suo obiettivo". Non so se ci sia più ingenuità o più malafede nelle sue parole. E' evidente che un'operazione complessa come quella di un attentato nel centro di Gerusalemme, richiede una lunga organizzazione, un laboratorio di esplosivi, il superamento dei checkpoint israeliani per trasferire la cintura esplosiva, e l'accompagnamento fino al cosiddetto obiettivo che era semplicemente un autobus della linea 19. Accostando l'attentato del 29 Gennaio all'operazione di Gaza, Tramballi cerca di trovare un movente , la vendetta, che giustificherebbe anche un massacro orribile come quello di Via Arlosoroff. Ma siccome la tabella di marcia era diversa, cade l'argomento e bisogna chiedersi quale sia il movente vero.
Il più probabile è che il Fatah di Yasser Arafat considerandosi messo in ombra dal successo dei concorrenti dell'Hizbollah, abbia voluto proprio nel giorno della loro vittoria, dimostrare la sua presenza. E poichè fino allo stesso giorno il Premier palestinese Abu Alla si era rifiutato di incontrare Ariel Sharon, non è a livello negoziale che egli può vincere l'opinione pubblica palestinese. No, c'è solo la violenza, meglio se forte e al centro di Gerusalemme.
Anche l'"incontrollabile frantumazione del Fatah" descritta da Tramballi, è molto dubbia. Anzitutto poichè le piste portano direttamente al Fatah che ha rivendicato l'attentato per mezzo delle Brigate Martiri di el Aksa alle dipendenze di Yasser Arafat. Nulla di incontrollabile insomma.
Quanto alle azioni belliche "legittime" secondo il quotidiano di Tramballi anche l'attentato contro il ristorante Maxim a Haifa fu considerato un'azione della resistenza armata palestinese. Tramballi accetta la tesi palestinese che gli attacchi contro le famiglie di israeliani residenti negli insediamenti siano legittimi perchè situati nei territori occupati e "per loro gli insediamenti sono postazioni militari nemiche". Ma se dunque c'è una guerra in corso, ed è lecito ai terroristi palestinesi uccidere gli israeliani degli insediamenti, perchè mai sarebbe illegale il contrattacco israeliano a Gaza nel quale rimangono uccisi otto palestinesi, dei quali almeno quattro armati? Perchè verrebbero violate le regole del conflitto? Cosa c'entra la "legge biblica del taglione" che tra l'altro quando fu concepita era un grande passo avanti proprio sul piano umanitario? "E' ormai una guerra senza obiettivi precisi" scrive Tramballi, ma anche questo non è vero poichè le organizzazioni palestinesi non nascondono che il loro obiettivo sia di gettare a mare gli Israeliani.
Tramballi inneggia alla "capacità organizzativa e logistica " dei palestinesi, ma dimentica che almeno 27 attentati sono stati sventati nelle ultime settimane dalle forze di sicurezza israeliane e forse anche quelli andati in porto avrebbero potuto essere evitati se il muro di separazione fosse già finito.
Il vertice Abu Alla-Sharon finora è stato rifiutato dal Premier palestinese ed in ogni caso Tramballi preconizza che "non risolverebbe nulla". Su un punto possiamo essere d'accordo con lui: Abu Alla ha solo "un potere evanescente". Ma perchè? Per i costanti ostacoli posti da Yasser Arafat che si oppone alle riforme degli apparati della sicurezza come alla trasparenza dei bilanci, per evitare che tutti sappiano che i soldi della Comunità Europea e gli altri aiuti internazionali finiscono nelle sue tasche private.
SALOMONE

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