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La Stampa Rassegna Stampa
30.01.2004 Le lacrime delle famiglie
e il ghigno dello sceicco

Testata: La Stampa
Data: 30 gennaio 2004
Pagina: 3
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Le lacrime delle famiglie e il ghigno dello sceicco»
Riportiamo l'articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato sulla Stampa di oggi, venerdì 30 gennaio '04.
Due scene dominano la fantasia del Medio Oriente da ieri sera. Da una parte Beirut, con il presidente Hariri e gli Hezbollah schierati sulla stessa fila fra lo sventolio delle bandiere gialle di Hassan Nasrallah, il capo del gruppo integralista che festeggia col sorriso da gatto la seconda grande vittoria della sua vita dopo lo sgombero israeliano del Libano: scendono dall’areo tedesco proveniente da Colonia lo sceicco sciiita Abdel Karim Obeid, un santone degli Hezbollah, e Mustafa Dirani, l’ultimo ufficiale di Amal che abbia tenuto in custodia il grande simbolo dell’immaginario collettivo israeliano, Ron Arad, il pilota rapito il 16 ottobre dell’86, e che lo vendette agli iraniani. Ron, il ragazzo che Israele vuole a tutti i costi a casa. E invece torna Dirani. Fuochi d’artificio, gioia totale, il nemico sionista si è piegato. E intanto, mentre a Beirut si festeggia la forza di Nasrallah, quattrocento prigionieri palestinesi sciamano attraverso cinque diversi check-point verso le loro famiglie. Vengono da prigioni di massima sicurezza, come Sharon e Ketzion, portano in mano piccole borse di plastica, si buttano nelle braccia della mamma seguitando a fare il segno della vittoria verso la macchina da presa. Il mondo arabo è in fiamme di gioia, il ventisettesimo attacco suicida nel cuore di Gerusalemme, a duecento metri dalla casa di Ariel Sharon, aumenta la sensazione di una vittoria imminente cui gli israeliani non potranno opporsi.
Dall’altra parte, la seconda scena: all’aeroporto Ben Gurion di Gerusalemme le autorità e le famiglie aspettano in silenzio e le tre bare di abete di Benny Avraham, Adi Avitan, Omar Sawayid, druso israeliano. La tv ha diffuso per tutto il giorno le lacrime delle famiglie, le foto della loro infanzia, i ricordi delle madri. Prima che l’aereo decollasse da Colonia le prove del dna hanno fatto cadere una pietra sepolcrale sulle ultime speranze di un miracolo. Si aspetta anche, e in fondo, sopratutto, l’unico uomo vivo che Sharon ha ottenuto in cambio della sua gigantesca posta per confermare che Israele non abbandona mai i suoi ragazzi sul campo, Elhanan Tannenbaum, l’uomo d’affari rapito nel bel mezzo dei suoi traffici.
Ci sono tragedie e commedie dietro i lunghi anni di trattativa con Hassan Nasrallah, che anche se ha vinto ha ridotto le sue aspettative: lo ha fatto sul numero degli uomini da liberare (ne voleva 1500, sull’esempio di Ahmed Jibril, che nel 1985 ottenne 1150 prigionieri in cambio di tre soldati israeliani). Nasrallah ha perso in parte la trattativa anche sulla figura di Samir Kuntar, condannato a 542 anni di prigione dopo un attentato in cui uccise a Naharia quattro persone, il 22 aprile del ’79.
E già che siamo tornati indietro nel tempo, andiamo all’origine della trattativa, anche perché Kantar potrebbe fare parte di una seconda fase, se e quando, come promesso ai mediatori tedeschi, gli Hezbollah forniranno notizie significative sulla sorte di Ron Arad. Il pilota cadde con il suo aereo sul Libano, e subito Dirani lo catturò per poi cederlo agli iraniani. Dirani, insieme con l’altro leader sciita ritenuto responsabile della sorte di Ron, o comunque in grado di fornire informazioni, fu rapito da Israele e destinato, in buona sostanza, a uno scambio che restituisse Arad alla famiglia. I tedeschi furono quelli che gestirono senza risultati la trattativa per Arad, e grazie ai loro rapporti con l’Iran hanno proseguito fino ad oggi nei negoziati. La figura centrale è il mediatore Ernst Uhrlau, che si è spostato fra Teheran, Beirut e Gerusalemme senza sosta con tale discrezione da tenere gli Hezbollah all’oscuro delle sue continue visite nella capitale dello Stato ebraico. E’ stato lui a schivare l’ostacolo Kuntar premendo sugli iraniani perché convincessero Nasrallah a lasciar perdere in cambio della promessa dell’eventuale prosecuzione della trattativa se saranno fornite notizie su Ron. Anche dopo aver visto Tannenbaum non ha voluto mai dare indicazioni sulla sua salute né si è mai sbottonato su Ron Arad. Si pensa che in cambio della mediazione iraniana i tedeschi abbiano accettato di rilasciare prigionieri che hanno ucciso dei curdi in Germania, e che Uhrlau abbia ricordato ai siriani (amici dell’Iran) il loro debito per aver lasciato perdere la vicenda di agenti siriani implicati nella torbida storia di un’azienda tessile un cui dipendente avrebbe reclutato Mohammed Atta, capo dei dirottatori dell’11 settembre.
Quando l’accordo che comprendeva Dirani e Obeid ha preso forma, l’idea di cedere le «chiavi» della ricerca di Ron Arad ha sollevato una valanga di proteste. Chi ha vinto sono le tre famiglie dei soldati rapiti: sono arrivate ovunque con la loro instancabile ricerca dei figli, le due famiglie ebree legate a doppio filo con quella drusa; una volta scoperta la connivenza (voluta o casuale) degli Hezbollah con le unità Unifil che avrebbero dovuto sorvegliare la pace sul confine, hanno personalmente costretto Kofi Annan a cercare con loro qualche risposta. Nel frattempo la famiglia di Tannenbaum in nome della comune sofferenza è riuscita a portare sul tavolo del governo il proprio caso, che dopo tutto forniva l’unico uomo vivo da parte israeliana nello scambio. Da parte palestinese niente è così vivo, al di fuori della questione dei profughi, come il problema dei prigionieri: Abu Mazen si è sempre lamentato del fatto che Sharon non lo avesse mai aiutato presso l’opinione pubblica liberando dei detenuti. Adesso, la gloria se la prende un personaggio aggressivo come Nasrallah, che ha sempre indicato la strada della guerra come quella preferibile.
Della giornata di ieri Israele conserverà, oltre alla tragedia dell’autobus numero 19, il benvenuto commosso della famiglia a Tannenbaum, la speranza di avere nuove tracce di Ron Arad, il lutto per i tre «ragazzi riportati a casa» e l’orgoglio di aver agito comunque secondo i suoi principi. Per Nasrallah e il mondo arabo, sono tutti segnali di debolezza.
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