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La Repubblica Rassegna Stampa
28.01.2004 Nella Giornata della Memoria c'è chi paragona Sharon a Hitler
e chi invece dimostra di avere capito, come Fini, per esempio

Testata: La Repubblica
Data: 28 gennaio 2004
Pagina: 9
Autore: Alessandra Longo
Titolo: «Fini: L´antisemitismo nascosto sotto le spoglie dell´antisionismo»
Dedichiamo questa intervista di A.Longo su Repubblica di oggi a tutte le anime belle, a quelli che storcono la bocca, a quelli che alzano il sopraciglio, a quelli che fanno gli esami di coscienza, a quelli che credono di potersi ergere a giudici pur esprimendo paragoni inaccettabili. Antisemitismo uguale antisionismo. Lo sentissimo dire piש sovente, sopratutto da coloro che avrebbero il dovere di dirlo.
(redazione informazione corretta)

ROMA - Un foglietto di carta con qualche appunto. Ormai Gianfranco Fini, sulla questione dell´antisemitismo, va a braccio, non gli servono testi scritti. 27 gennaio 2004: a pensarci, è il primo giorno della memoria che il presidente di An, nonché vicepremier, celebra senza angoli oscuri da illuminare, senza residue svolte da programmare. Il viaggio in Israele, tappa finale del lungo affrancamento dalle radici di famiglia, fa già parte dell´album. «Tutto già detto, tutto già fatto», dice. Già detto che il fascismo delle leggi razziali era «il male assoluto», già condannato «le pagine vergognose di Salò», già deposto una corona al Museo dell´Olocausto di Gerusalemme. Come ci si sente, presidente, ad aver lasciato alle spalle un percorso così tortuoso e delicato? Si acquista in serenità? Lui si ferma, ci pensa: «Serenità no, non direi. Non è un termine nel quale mi riconosco. Diciamo piuttosto che ho risolto una questione di coscienza».
Questa leggerezza, questo sollievo, nelle stesse ore in cui si gioca una partita dura dentro il governo, si vede nell´atteggiamento, nella familiarità, quasi complice, che si è creata tra Fini e l´ambasciatore israeliano Ehud Gol, nelle strette di mano convinte con il rabbino capo della comunità ebraica romana, Riccardo Di Segni, con il presidente della stessa comunità, Leone Paserman: «Voglio farle i miei complimenti - gli dice il leader di An - per la medaglia d´oro al valor civile che Ciampi le ha conferito...».
Alle 9.30 del mattino, Fini è già seduto in prima fila, ospite d´onore al quarto convivio parlamentare nazionale, organizzato da Antonio Maccanico e Maria Burani Procaccini. «Invitiamo al microfono un nostro caro amico...». Si alza con il foglietto in mano, ma non lo guarda neppure: «Ricordare è un dovere morale, ma non basta. Bisogna capire perché il mostro dell´antisemitismo tende a riprodursi, anche adesso, sia pur in forme diverse, non legate all´ideologia o alla religione».
Non c´è traccia di fretta per i tempi della verifica in corso. Fini si dilunga come se non avesse altri impegni, sorprende positivamente gli astanti quando comunica di «aver riletto ultimamente Martin Lutero». Parla del pregiudizio, «anticamera dell´intolleranza»: «Dopo il viaggio in Israele, sono stato avvicinato, in uno dei tanti salotti romani, da un noto professionista, non legato alla politica. "Bravo, mi ha detto. Lei ha fatto benissimo ad andare a Gerusalemme. Gli ebrei sono potenti... ". Parole che mi hanno gelato. Ecco il pregiudizio, ecco la teoria degli ebrei padroni del mondo, del complotto giudaico-massonico!». Sì, l´antisemitismo, «nella vecchia e civile Europa», c´è ancora, lo dicono i sondaggi. Fini ha la sua personale teoria, invita tutti «a mettersi una mano sulla coscienza», ora che sente la sua sgombra e liberata: «L´antisemitismo si nasconde sotto le spoglie dell´antisionismo». Criticare un governo va bene, dice il vicepremier, ma «criminalizzarlo no, non bisogna vedere tutto il bene da una parte e tutto il male dall´altra». L´ambasciatore israeliano è entusiasta, gli stringe la mano. Riapparirà il pomeriggio, sempre accanto a lui, nell´aula Giulio Cesare del Campidoglio, dove Walter Veltroni ha organizzato una cerimonia di commemorazione, ospite il premio Nobel per la pace Eli Wiesel.
«Ringrazio il vicepremier che ci onora della sua presenza», esordisce il sindaco di Roma. No, il foglietto con gli appunti a Fini non serve più: «Almeno in questo caso posso davvero dire che il governo parla a nome degli italiani...». Tutto già detto, già fatto. Che cosa può aggiungere? Ecco che cosa: «Abbiamo il dovere di ricordare l´Olocausto e la sua unicità». L´unicità dell´Olocausto, l´espressione è netta, isolata. Chi conosce il percorso di An ricorda altri tempi, in cui bisognava sempre "compensare" l´omaggio agli ebrei con la citazione di altre tragedie, dalle foibe ai massacri stalinisti. Gol applaude l´amico, Veltroni stringe la mano all´avversario. Peccato che la gran parte dei consiglieri comunali del centro destra sia rimasta a casa.
Quando parla Eli Wiesel, c´è un silenzio di qualità diversa: «Se Auschwitz non è riuscita a curare l´antisemitismo, che cosa lo potrà fare?», si chiede, angosciato per l´oggi, il premio Nobel. Di lui, dei suoi libri di testimonianza, Veltroni ricorda una frase bellissima: «Il contrario dell´amore non è l´odio, ma l´indifferenza, il contrario della vita non è la morte, ma l´indifferenza». Fini, adesso sì, prende appunti.
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