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Il Foglio Rassegna Stampa
22.01.2004 Barriera di difesa: la condanna prima del processo
ecco perchè l'Alta Corte non potrà essere imparziale nel giudizio

Testata: Il Foglio
Data: 22 gennaio 2004
Pagina: 3
Autore: Maria Giovanna Maglie
Titolo: «Onu e Ue hanno già condannato Israele. Ora fanno il processo»
Sul Foglio di oggi Maria Giovanna Maglie spiega ai lettori come, per l'ennesima volta, il diritto internazionale viene applicato con due pesi e due misure quando l'oggetto in questione si chiama Israele. Pubblichiamo il suo articolo, che sfata molti luoghi comuni ed errate interpretazioni, dovute a informazioni parziali e distorte.
Roma. Dicono a Gerusalemme che l’unica cosa che manca al panel giudiziario della Corte dell’Aia è un rappresentante di Hamas. Ma la mossa estrema di chiamarla a decidere ritenendola competente l’hanno presa altre strutture importanti. Le Nazioni Unite hanno già condannato il fence, la barriera difensiva che Israele sta costruendo per controllare l’ingresso dei terroristi e proteggere i cittadini, e lo hanno fatto senza aspettare che la Corte costituzionale esprimesse il parere consultivo che la stessa Onu le aveva chiesto; nella richiesta di giudizio gli esperti delle Nazioni Unite non fanno neanche cenno al terrorismo suicida nè alle stragi di civili in luoghi pubblici;
nell’accettare di esaminare il contenzioso, la Corte infrange le sue procedure giuridiche, che esplicitamente richiedono il consenso delle parti; l’accusa di violazione della Convenzione di Ginevra è infondata perchè questa consente opere di difesa e confisca di territori quando ci siano impellenti necessità militari". Il responsabile della politica estera dell’Unione europea, Javier Solana, è forse il principale ispiratore della sortita. E’ stato il primo a dire che la barriera confisca proprietà private in West Bank, dunque contraddice il diritto internazionale; ma la Convenzione, la Quarta, del 1949, all’articolo 147 scrive che è vietato distruggere e appropriarsi di beni quando le necessità militari non lo giustificano, all’articolo 64 scrive che si possono imporre alla popolazione del territorio occupato disposizioni indispensabili per garantire la sicurezza della potenza occupante, dei suoi beni, dei suoi membri, delle strutture di comunicazione. Israele applica la Convenzione anche se ne contesta la legittimità, non c’è nessun territorio occupato, è conteso, la sua sovranità non è decisa ancora; Israele protegge la popolazione civile, e non solo, visto che una delle aree contestate della costruzione serve a difendere l’aeroporto nazionale e internazionale Ben Gurion. Sempre Solana, ma è d’accordo con lui il segretario di Stato americano, Colin Powell, sostiene che la violazione è ancora più grave perchè la barriera viene costruita sul territorio del futuro Stato palestinese; perchè la barriera
pregiudica i già difficili, estenuanti tentativi di tenere in piedi un qualche negoziato. Sono due argomenti destinati a influenzare il parere della Corte, composta da membri che provengono da numerosi paesi, con diritti contrastanti.
Ma l’unica risoluzione di spartizione del territorio, fatta nel 1947 dall’Assemblea generale dell’Onu, non dal Consiglio di Sicurezza, è stata rifiutata dai palestinesi, non ha alcun valore, quella del 1967, adottata dal Consiglio, parla di ritiro di Israele "da" e non "dai" territori occupati nel conflitto. Bill Clinton nella proposta del 2000 a Camp David, poi rifiutata da Yasser Arafat, ma ritenuta l’elaborazione più favorevole per i palestinesi ancora oggi, lasciava a Israele alcune zone della West Bank, con gli insediamenti, compreso Ariel, cioè dove passa la barriera; i negoziatori palestinesi non contestarono, non questo punto. Commissione europea e Nazioni Unite stanno di fatto chiedendo alla Corte molto di più di un pronunciamento sul diritto internazionale, pure illegittimo, le chiedono di sanzionare che West Bank è per intero territorio palestinese. Ma la terra si tratta, in cambio di pace, sicurezza, disarmo della rete terroristica, non si regala. Il premier Ariel Sharon è stato vigorosamente consigliato a qualche ritocco del tragitto anche dal suo vice, Tommy Lapid, che teme un definitivo isolamento internazionale. Sharon è disponibile, ma non a cedere al ricatto palestinese esercitato attraverso la Corte dell’Aia. A nome dell’opposizione il quotidiano liberal Haaretz gli dà qualche suggerimento: lasci perdere il tratto lungo il confine con la Giordania, alleggerisca la pressione sulla popolazione dei villaggi, limiti la confisca di terreni privati, anche se risarciti.
Poi conclude, ed è Haaretz, che non servirà a niente, tantomeno con l’Europa, dove a Israele non viene riconosciuto neanche il diritto a difendersi.
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