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La Stampa Rassegna Stampa
09.01.2004 Complimenti a un giornalista
che davamo ormai come irrecuperabile

Testata: La Stampa
Data: 09 gennaio 2004
Pagina: 13
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Un momento magico per la pace con Siria»
Cosa succede ad Aldo Baquis?
Stupiti, positivamente, leggiamo l'articolo odierno del corrispondente della Stampa che incredibilmente risulta corretto, preciso e circostanziato. Questa volta riteniamo doveroso complimentarci con lui, dopo averlo criticato quando lo ritenevamo indispensabile. Gli suggeriamo di tener bene a mente questo pezzo per quando ne scriverà altri. Se il caso, gliene daremo volentieri atto.

La Turchia ha avviato una mediazione per riportare al tavolo dei negoziati Israele e Siria, dopo una pausa di quattro anni. Nel corso di una visita di tre giorni in Turchia, il presidente siriano Bashar el-Assad ha infatti persuaso i suoi ospiti di essere seriamente intenzionato a parlare di pace con lo Stato ebraico. Il premier turco Erdogan non ha perso tempo: ha subito convocato l'ambasciatore di Israele Pinchas Avivi - che nei giorni scorsi gli aveva affidato un messaggio di Gerusalemme destinato a Assad - e ha dettato un aggiornamento per il premier Sharon.
«Assad - ha detto Erdogan - afferma di essere serio nella sua intenzione di riprendere i negoziati di pace con Israele. E' disposto a compiere tutti i passi necessari per raggiungere un accordo in Medio Oriente». Nei giorni scorsi analisi analoghe sono giunte a Gerusalemme anche da fonti egiziane, secondo le quali la Siria ha rinunciato di fatto alle pretese sulla zona di Iskenderun, contesa con la Turchia: «Una prova di coraggio politico, forse addirittura un precedente», sostengono le fonti egiziane.
Israele non ha ancora stabilito quanto peso annettere a questi sviluppi. Lo scenario mediorientale dopo la cattura di Saddam Hussein ha subito un incredibile accelerazione. La Siria inoltra segnali di pace verso Israele (pur continuando a favorire gli attacchi della guerriglia palestinese e di quella libanese); la Libia rinuncia a sorpresa alle armi di distruzione di massa e avvia timidi contatti con lo Stato ebraico; l'Iran, in rotta con l'Egitto dal 1979 per via degli accordi di pace con Israele, improvvisamente sembra deciso a normalizzare le relazioni con il Cairo.
Solo sul fronte palestinese - quello che maggiormente interessa Gerusalemme - la situazione ristagna. Ieri il premier palestinese Abu Ala ha detto che i palestinesi non aspetteranno Israele all'infinito: se lo Stato ebraico vuole procedere con soluzioni unilaterali - completamento della barriera di separazione e annessione di fatto di ampie porzioni della Cisgiordania - rinunceranno per sempre alla formula dei due Stati in buon vicinato per tornare al progetto che preferivano decenni fa, quello di un unico Paese, laico e binazionale. «Sharon vuole chiuderci dietro reticolati come galline», ha detto indignato Abu Ala.
In un incontro con giornalisti israeliani, Sharon ha replicato che per Israele la questione palestinese mantiene assoluta priorità rispetto a quello siriana, e che lo Stato ebraico non potrà impegnarsi simultaneamente su entrambi i fronti diplomatici. Ha anche espresso il dubbio che le aperture di Assad siano dirette più a Washington che a Gerusalemme perché il regime siriano si sente accerchiato. Da queste analisi i giornalisti israeliani hanno ricavato l’impressione che Sharon non abbia gran fretta di intavolare negoziati con i siriani. Il prezzo di un accordo è evidente: il ritiro totale dal Golan, il confronto con i 15 mila coloni della zona (oggi relativamente tranquilli), e forse una frattura nel Likud.
Ma la prudenza del premier appare esagerata agli stessi compagni di partito - Netanyahu (Finanze), Shalom (Esteri), Olmert (vicepremier) - secondo i quali è necessario verificare fino in fondo le intenzioni di Assad. Le azioni della Siria, dicono, sono in ribasso dopo la caduta di Saddam, e forse proprio per questo Israele potrebbe raggiungere un accordo a condizioni più vantaggiose di quelle che quattro anni fa mandarono a picco le trattative.
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