Antisemitismo e odio contro Israele in Europa Adesso anche i "grandi" media ne parlano
Testata: La Stampa Data: 08 gennaio 2004 Pagina: 6 Autore: Pierluigi Battista Titolo: «Un veleno che si nasconde dietro gli attacchi a Israele»
Riportiamo l'articolo di Pierluigi Battista sull'antisemitismo ed il pregiudizio contro Israele sempre più dilagante in Europa. Positivo che la Stampa ne scriva. Ci auguriamo che la stessa preoccupazione di Battista sia condivisa all'interno del giornale. Così la Stampa farà più attenzione prima di pubblicare articoli che spingono all'antisemitismo e al pregiudizio contro Israele. Certo, le sinagoghe che bruciano, i ragazzi francesi con la kippah che devono andare scortati nelle scuole della banlieu parigina, le solite scritte antisemite che deturpano i muri. Ma il senso dell’abbandono che attanaglia gli ebrei in Europa è alimentato da un’angoscia più sottile ma non meno devastante: dalla percezione di una rassegnata accondiscendenza, anche istituzionale, del continente europeo nei confronti del nuovo antisemitismo travestito da antisionismo, di un’indifferenza per i mille segnali, piccoli e meno piccoli, che denunciano la crescita atroce di un sentimento diffuso di ostilità anti-ebraica. Fino a non molto tempo fa, sapere che nel mondo, con il sostentamento acquiescente dell’Unione europea, circolano indisturbate le volgarità dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion avrebbe suscitato raccapriccio e indignazione. Oggi ci si limita a una scrollata di spalle. Ecco perché i risultati di un improvvido sondaggio europeo che misura il grado di demonizzazione di Israele nell’opinione pubblica occidentale suscitano l’allarme delle comunità ebraiche. Ecco perché viene percepito come un affronto l’assurdo occultamento dei dati sconvolgenti di uno studio dell’Università di Berlino pur voluto dalla stessa Commissione europea che ne ha voluto censurare il contenuto, secondo il quale il nuovo antisemitismo si nutre di motivi oramai diversi da quelli solitamente agitati nelle zucche vuote delle teste rasate. Ecco perché se davvero Romano Prodi, stizzito per le accuse del Congresso ebraico mondiale, mandasse a monte il seminario europeo sull’antisemitismo, il senso di isolamento degli ebrei europei e non europei creerebbe una ferita profonda che l’Europa non potrebbe permettersi. E’ il silenzio, la diffusione del pregiudizio, l’inerzia nei confronti delle manifestazioni di odio assoluto per Israele che dilagano in Europa, anche nelle cittadelle dell’intelligencija, ciò che lascia attoniti gli ebrei e gli amici degli ebrei. Quando, come spiega Amos Luzzatto che pure è critico nei confronti della lettera allarmata spedita dal Congresso ebraico europeo al Financial Times, si impone come un dogma la sequenza logica avvelenata secondo cui «questo è il governo degli Ebrei, guarda gli Ebrei cosa fanno quando hanno un governo», allora il veleno culturale dell’antisemitismo hà già intaccato le fibre profonde di un’opinione pubblica narcotizzata. Il premio Nobel per la letteratura José Saramago parla di Israele come la «nuova Auschwitz» e le reazioni sono flebili e timide. Un’icona della cultura di sinistra e della memoria antifascista come Mikis Theodorakis definisce Israele «la radice del Male» e la cosa viene accolta come una normale dichiarazione politica, nemmeno un po’ esagerata. Nelle università di mezza Europa si fa a gara a stilare bandi di nuova discriminazione nei confronti degli studiosi israeliani di cui si chiede la cacciata da aule e laboratori e la comunità scientifica internazionale ed europea in particolare non si sente offesa per questa nuova forma di ostracismo antiebraico. Non anti-israeliano, ma anti-ebraico. Certo, gli ebrei hanno sviluppato una sensibilità che qualche volta appare come una forma di iper-sensibilità esulcerata. Ed è pure improprio accusare Prodi di capeggiare una banda di antisemiti. Ma Prodi dovrà pur chiedersi perché ciò accade. Forse basterebbe leggere con attenzione ciò che non da oggi ma da anni denuncia un Centro di monitoraggio come il «Cmip» che ha indagato le pagine dei libri di testo destinati ai bambini dei territori sotto controllo dell’Autorità nazionale palestinese. Abbondano frasi contro gli «Ebrei traditori e sleali», sentenze sugli «Ebrei nemici del Profeta e dei credenti». In quei sussidiari si spiega anche la grammatica del plurale: «un martire è onorato da Allah, due martiri sono onorati da Allah». La traccia dei temi invita gli studenti a dare almeno un «esempio di tentativi malvagi degli ebrei». Tutto questo viene direttamente finanziato sin dal 1993, dopo gli accordi di Oslo, da vari organismi internazionale, in primis l’Unione Europea. Si comprende la diffidenza degli ebrei. Nutrita dalle mille resistenza da parte degli organismi europei a riconoscere la natura terroristica, con annessa sospensione dei finanziamenti. delle imprese di Hamas. Insaprita dalle indiscrezioni secondo cui un noto antisemita come Tariq Ramadan, emarginato come provocatore dalla stessa sinistra francese, sarebbe stato reclutato come consulente dalla Commissione europea per «il dialogo tra i poli e le culture». Proprio lui che aveva esortato a far tacere «gli onnipresenti intellettuali ebrei», consultato per il «dialogo tra i popoli e le culture». E certo fa male che il presidente francese Jacques Chirac si rifiuti per lungo tempo di deplorare le invettive dell’ex presidente malese Mahatir Mohammed sul tentativo degli ebrei di «dominare il mondo». Ma il dolore si trasforma in sbigottimento quando in Italia, in una manifestazione filo-palestinese hanno sfilato dirigendosi minacciosamente nei dintorni del «ghetto» degli ebrei di Roma dimostranti anti-Israele travestiti da terroristi kamikaze. Inorriditi, i dirigenti del centro-sinistra presenti al corteo, da Francesco Rutelli a Piero Fassino, si sono immediatamente allontanati dalla manifestazione. Resta il fatto che durante il comizio di chiusura l’ex arcivescovo melchita di Gerusalemme, monsignor Hilarion Capucci, ha galvanizzato gli astanti chiedendo «grazie ai martiri che vanno alla morte come a une festa». Frange isolate? Forse. Ma in Europa ben pochi hanno protestato, anche in via istituzionale, per le parole di odio di un uomo che ha tessuto pubblicamente l’elogio del terrorismo suicida. Ha taciuto la cultura democratica, che pure negli anni scorsi ha invitato a salvaguardare la memoria delle persecuzioni anti-ebraiche. E si sorvola con disinvoltura, in tutti i paesi europei, a scorciatoie antisemite nascoste come polemica puramente e legittimamente anti-israeliana. In Inghilterra, una qualificata giuria ha eletto come miglior vignetta dell’anno quella pubblicata dall’Independent in cui viene raffigurato un orco somigliante all’orrido ebreo Sharon che divora bambini palestinesi mentre, alle sue spalle, bruciano villaggi e si inceneriscono case. Anche qui, nessuna perplessità pubblica. In Francia anche l’opinione pubblica progressista è rimasta sgomenta quando, in una mostra «satirica», è stato esibito un disegno in cui poco a poco la stella di Davide si trasforma in una svastica destinata a schiacciare un pover’uomo. Almeno in Italia, anche per merito dell’immediata reazione del leader della comunità ebraica milanese Yasha Reibman, uno scivolone di Sabina Guzzanti sulla «razza ebraica» è stato accolto da critiche salutari per chi in futuro, certamente in buona fede, non vuole incorrere in tragici incidenti come questo. E ancora risuonano le polemiche che hanno scosso un libro di Alberto Asor Rosa, dove imprudentemente il tema della «razza ebraica» come razza «guerriera» e dominatrice ha fatto inopinatamente capolino. In Europa, nei libri e nelle università, nel mondo dei giornali e finanche della satira, il cortocircuito mentale che si fonda sull’identificazione dell’ebreo con Israele e di Israele con la politica del suo governo attecchisce con velocità contagiosa, senza che adeguate reazioni in campo politico e culturale si mostrino in grado di arginare la deriva antisemita camuffata da «antisionismo». Sarà iper-sensibilità, quella degli ebrei. Ma si tratta di un sentimento diffuso che ogni gaffe europea non può che rinfocolare. E non è mai troppo tardi per chiedere scusa. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.