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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.01.2004 Unione europea squilibrata
dove prevalgono doppiezza e cinismo. Lo scrive Angelo Panebianco

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 gennaio 2004
Pagina: 1
Autore: Angelo Panebianco
Titolo: «La zona d'ombra dell'Europa»
Un editoriale importante quello di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera di oggi. Degno di ogni elogio. Ne esce un ritratto dell'Europa identico a quello che fornisce ogni giorno Informazione Corretta. Avrà il tempo di leggerlo Romano Prodi ?
Quando prevalgono doppiezza e cinismo

LA ZONA D’OMBRA
DELL’EUROPA


di ANGELO PANEBIANCO
Pochi mesi prima di essere ucciso dai sicari di Bin Laden, il 9 settembre 2001, alla vigilia degli attacchi alle Twin Towers, il comandante Massud, un autentico combattente per la libertà, venne in Europa, disperato, a chiedere appoggi per la sua lotta contro il regime dei talebani in Afghanistan. Perorò la propria causa il 5 aprile davanti al Parlamento di Strasburgo. L’Europa lo ascoltò con indifferenza e non mosse un dito per aiutarlo. A Parigi, il presidente Chirac rifiutò persino di riceverlo.
Il trattamento riservato a Massud ci dovrebbe sovvenire quando deprechiamo il fatto che una « politica estera europea comune » ancora non esiste. In realtà, una politica estera comune, ancorché non formalizzata, è esistita per lungo tempo.
Ma non c’era di che esserne fieri. Non si fraintenda: l’Unione Europea è sempre stata fattore di stabilità e di pace nel nostro continente e, con l’allargamento, lo sarà ancora di più. Ciò non toglie che meriti di essere criticata quella « informale » politica estera europea che è stata per lungo tempo sponsorizzata dall’asse franco- tedesco ( e che se oggi è in crisi lo è a causa delle divisioni europee sulla guerra in Iraq).
Si è trattato di una politica estera fatta di doppiezze e ipocrisie. Si pensi al fatto che l’Europa si pretende tradizionalmente più « virtuosa » degli Stati Uniti nel suo rapporto con la parte povera del mondo mentre con il suo perdurante protezionismo agricolo contribuisce a ostacolarne lo sviluppo. Oppure si pensi a ciò che sempre è stata la politica dell’Europa nei confronti del mondo arabo. Quando, all’inizio del 2003, gli osservatori si scandalizzarono perché l’astensione dei Paesi europei aveva aiutato la Libia ad assumere la presidenza della Commissione per i diritti umani dell’Onu, non tennero conto del fatto che quel comportamento era parte di una coerente strategia: quella di vezzeggiare le tirannie mediorientali. La posizione così platealmente squilibrata a favore dei palestinesi nel conflitto israelianopalestinese ne è un aspetto importante. Basti ricordare che l’Europa ha sempre finanziato l’Autorità nazionale palestinese senza mai preoccuparsi di sapere se una parte dei fondi che inviava finiva in armi e bombe o in libri scolastici inneggianti all’antisemitismo ( che sono bombe a scoppio ritardato). O, peggio ancora, al fatto che essa ha per lungo tempo finanziato associazioni « caritative » facenti capo all’organizzazione terrorista Hamas ( solo da pochi mesi, su insistenza americana, l’Unione ha accettato di inserire Hamas nella lista dei gruppi da mettere al bando). E non è forse vero che la tradizionale posizione europea di arrendevolezza e, spesso, complicità nei confronti delle tirannie arabe ha contribuito ad alimentare l’opposizione di Francia e Germania all’intervento americano in Iraq? Negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei ( in Italia è la posizione dei radicali di Pannella e Bonino) si levano voci favorevoli alla formazione di una « Lega delle democrazie » capace di operare come gruppo di pressione a favore della democrazia. Paolo Mieli ne ha parlato giorni fa sul
Corriere.
Ma una tale Lega non potrà nascere se l’Europa non cambierà atteggiamento sulle tirannie, se tanti europei, dimentichi del valore della libertà, continueranno a deprecare l’intervento in Iraq senza mai aggiungere che nel mondo c’è oggi un dittatore in meno, e che gli iracheni, comunque vada, non potranno che star meglio.
E’ legittimo lamentarsi perché l’Europa non ha ancora, ufficialmente, una voce unica. Dopo essersi lamentati, però, conviene ricordare l’episodio di Massud e chiedersi se è proprio quella la « voce unica » che vorremmo ascoltare.


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