Il complotto dei malvagi visto da un intellettuale ben integrato: le bugie sono un male inevitabile?
Testata: La Repubblica Data: 29 dicembre 2003 Pagina: 9 Autore: Tahar Ben Jelloun Titolo: «Tangeri, in Piazza Saddam la rabbia degli esclusi»
Tahar ben Jelloun utilizza con frequenza lo stratagemma di mettere in bocca a personaggi non identificabili pensieri e considerazioni che non potrebbe pronunciare lui stesso senza con ciò stesso screditarsi agli occhi di chi tenacemente lo vuole considerare un intellettuale obiettivo e sereno. In questo suo articolo egli ci indica, dietro la porta socchiusa di un caffè frequentato dal sottoproletariato di una città marocchina malfamata, Tangeri, i pensieri che consolano quei malcapitati della fame e dell'ignoranza. Sono, e sappiamo che è vero, pensieri nei quali si legge la voglia di sfuggire alla realtà, inventandone una parallela e meno dura da accettare. Ma da un intellettuale della statura di ben Jelloun il lettore avrebbe diritto di aspettarsi qualcosa in più: un cenno, magari solo un cenno, di ragionamento critico, di analisi sociologica e di prospettiva culturale. Ma tant'è, ben Jelloun sembra non aver letto Bernard Lewis, e non ci consegna, con quell'affresco deprimente, anche un appiglio per scoperchiare la verità. Per ben Jelloun il fatto che la plebe araba creda di essere eterna vittima predestinata di un complotto macchinato dall'esterno, di forze malvage che nella sintesi di americanismo e sionismo concentrano l'essenza dell'inferno, non richiede smentita o correzione, e non merita neppure che si tenti di costringere questi infelici a guardarsi allo specchio. Questo non è, pare dire ben Jelloun, il migliore dei mondi possibili, ma è il mondo nel quale essi vivono e dunque va accettato e lasciato immutato. Con un insignificante dettaglio che - ma ben Jelloun lo tace ai suoi lettori - fa da corollario: se non saranno gli arabi stessi a smascherare questa menzogna, chi altri aiuterà i popoli arabi a liberarsi della schiavitù dell'arretratezza e dell' ingiustizia? Ecco il suo articolo.
Nel mondo arabo le voci sono più forti dell´informazione: circolano facilmente, raggiungono ogni strato della popolazione, mentre si diffondono si trasformano e finiscono per diventare mitologia. Così Saddam sarebbe stato arrestato quest´estate ma non lo avrebbero mostrato fino al 15 dicembre. Ci sono anche le prove: la palma accanto al suo nascondiglio aveva i datteri gialli, e d´estate non sono ancora maturi mentre a dicembre sono neri o marroni; se Saddam si lasciava visitare dal medico è perché si conoscevano da ben prima del 15 dicembre... Saddam non è uomo da obbedire e aprire la bocca perché un estraneo verifichi lo stato delle sue otturazioni... era perché Saddam, che avevano disarmato, tentava di suicidarsi che il medico cercava in quale dente nascondeva il cianuro! In breve quella cattura era tutta una messinscena, una scenetta da telefilm poliziesco che gli americani hanno servito al mondo, e in particolare agli arabi perché questi fossero ancora umiliati! I commenti si accavallano in questo bar nella bidonville in muratura nella periferia sud di Tangeri, un quartiere nato in modo clandestino e spontaneo che ha finito per essere riconosciuto dai servizi municipali della città e per giunta, dopo la prima guerra del Golfo, chiamato "Hay Saddam". Al bar, tutti guardano la televisione dell´Arabia Saudita Al Arabiya (in questo quartiere l´emittente del Qatar Al Jazeera è meno seguita). I commenti esplodono prima che il giornalista riesca a finire di leggere le notizie. Omar, un parrucchiere, mi dice: «Hai notato? Hanno trattato Saddam come Saddam trattava il suo popolo, vale a dire senza riguardi, senza lasciargli il tempo di parlare, e soprattutto violando i diritti dei prigionieri di guerra - perché siamo in una guerra - e allora che cosa sono tutti quei principi di cui parlano tanto? Dimmelo tu che conosci bene l´Occidente! Normale che un presidente degli Stati Uniti dica che Saddam sarà condannato alla pena di morte quando non è ancora nemmeno stato giudicato? A me ricorda un film western in cui John Wayne interpreta uno sceriffo bastardo che dice a un uomo sospettato di essere un ladro di bestiame: "appena ti processano sarai impiccato!". la stessa mentalità, lo stesso concetto di giustizia». Omar si alza accompagnato da Said, che si china verso di me e mi dice: «Sia ben chiaro, non stiamo mica dalla parte di Saddam... ma ammetti che hanno fatto di tutto perché ci si mettesse a difenderlo!». Le ultime piogge hanno lasciato grosse crepe sulla strada non asfaltata. La gente abita in appartamenti ammassati gli uni sugli altri. Il bucato è appeso alle finestre, il mercato abbonda di frutta e verdura ma non ci sono banchi di carne né di pesce. Sui tetti, parabole in quantità. Quando si gira per quel quartiere povero, ci si chiede perché porti il nome di Saddam. Gli abitanti non sanno granché sui crimini commessi da quell´uomo; si ricordano dell´occupazione del Kuwait e dell´accanimento americano contro l´Iraq. Un cliente del bar è addirittura convinto che Bush abbia occupato l´Iraq per ordine di Sharon. «D´altronde, dice, Sharon ha fatto un viaggio lampo in Iraq per interrogare Saddam, ma questo i media occidentali non lo diranno certo! Chi lo giudicherà? Degli iracheni agli ordini di americani e israeliani». Lascio quel quartiere senza rimpianti, convinto che la povertà abbia bisogno di miti per farsi dimenticare. Non credo che gli abitanti di Hay Saddam si siano sentiti umiliati guardando le immagini crudeli del dittatore iracheno. Sono più colpiti dalla distruzione delle case palestinesi, dalle incursioni dell´esercito di Sharon nei campi di rifugiati, dalla brutalità delle rappresaglie israeliane. La sorte di Saddam non li appassiona. In compenso, il modo in cui Gheddafi ha voltato gabbana per avvicinarsi ad americani e inglesi li fa ridere. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.