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L'Adige Rassegna Stampa
22.12.2003 Un quotidiano che si distingue
Per essere sempre anti-Israele

Testata: L'Adige
Data: 22 dicembre 2003
Pagina: 1
Autore: Mattia Eccheli
Titolo: ««Possibile una soluzione politica. L´arresto di Saddam? Rinforzerà la resistenza». Palestina, una speranza di pace. Incontro a Trento con il diplomatico Alì Rashid»
L'Adige è un quotidiano che si distingue per dare voce sempre alla versione palestinese dei fatti. Questa volta intervista Ali Rashid, impiegato dello stato italiano essendo il suo stipendio pagato dal nostro governo, in arte "primo segretario della delegazione palestinese in Italia". Leggere per credere. La storia riveduta e corretta in salsa adige-palestinese.
La voce della speranza sono quei milioni di persone scese nelle piazze per invocare la pace: «È una inversione di tendenza - osserva Ali Rashid, primo segretario della delegazione palestinese in Italia - perché di solito era la guerra a mobilitare le masse». Il portavoce palestinese, che venerdì sera ha parlato a Trento, pesa le parole che, tuttavia, pesano come macigni. Il processo di pace è morto con l´assassinio di Rabin e potrà riprendere solo con un´altra morte, quella politica di Sharon e del suo governo: «La vedova di Rabin - dice Rashid - si è rifiutata di stringere la mano a Sharon come a Netaniaho che considera gli istigatori di quel delitto». «Sharon non vuol la pace - insiste il diplomatico - e ha fatto di tutto per affossarne il processo".
Eppure, nonostante giudizi severi, dai commenti di Rashid traspare ottimismo: quello innescato dalla firma dell´accordo di Ginevra, una sorta di intesa alternativa.
«Questo accordo ha un grande valore perché dimostra che esiste la possibilità di una soluzione politica e dimostra che esistono degli interlocutori. Non è un accordo alternativo, direi piuttosto che è complementare. Tra l´altro, indica alcune prospettive, entrando in dettagli pratici».
Una soluzione politica, dunque, con l´avallo degli Stati Uniti?
«Io credo che la pace non possa essere la continuazione di una guerra. È necessaria una riconciliazione ed in Palestina come in Israele la maggioranza sa che la violenza non risolve alcun problema. Gli Stati Uniti hanno teorizzato la "guerra infinita" ancora prima dell´11 settembre, come risulta da un documento pubblico. Bush pensa di portare la democrazia attraverso la guerra».
E non è così…
«Noi crediamo che sia il contrario: solo la pace porta la pace. La guerra significa solo distruzione. E, del resto, tutte le iniziative messe in campo contro il terrorismo hanno semplicemente alimentato nuovo terrorismo. Lo stesso arresto di Saddam Hussein, a mio avviso, indurrà molti iracheni "neutrali" a sostenere la resistenza contro gli invasori perché, di fatto, si è trattato di una nuova umiliazione".
Ma i palestinesi non possono scaricare tutte le responsabilità!
«Lo stato ebraico fu ottenuto a spese di un altro popolo, al quale fu sottratta la terra. Il seme della violenza corrompe ed imbarbarisce sia gli israeliani sia i palestinesi e, non a caso, sono andate rafforzandosi le fazioni più radicali. Quella del terrorismo è la risposta sbagliata dei gruppi integralisti ad una politica sbagliata. Perché Shraon ha privato il nostro governo non soltanto dei mezzi repressivi indispensabili per combattere il terrorismo, ma lo ha anche penalizzato dal punto di vista della credibilità».
E quei morti innocenti, vittime di sciagurati che si fanno saltare in aria in mezzo alla gente?
«Quello dei kamikaze è un fenomeno complesso ma rappresenta comunque la sconfitta della classe politica palestinese che non ha saputo essere vicina ai giovani. Ma non bisogna dimenticare il terrorismo israeliano e che noi siamo le vittime, siamo quelli che hanno subito l´occupazione. Il terrorismo terminerà con la fine dell´occupazione».
Siamo ad un bivio allora: il vicolo cieco della guerra o la via della pace?
«L´accordo di Ginevra significa che c´è una via che si può percorrere. E le rinunce che ci sono state rinfacciate rappresentano la nostra assunzione di responsabilità. Dopo 55 anni di guerra, noi non cerchiamo una vendetta, ma una soluzione. Abbiamo bisogno di una riconciliazione storica e dobbiamo fermare questa trappola infernale".
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de L'Adige. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

p.ghezzi@ladige.it

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