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La Repubblica Rassegna Stampa
16.12.2003 Una cronaca da Ramallah
Saddam amico dei palestinesi? per Mastrogiacomo sì

Testata: La Repubblica
Data: 16 dicembre 2003
Pagina: 15
Autore: Daniele Mastrogiacomo
Titolo: «Palestina, Hamas minaccia gli Usa»
Una cronaca da Ramallah ci dà l'ennesimo esempio della non libertà di pensiero nell'Anp. I palestinesi che parlano sono tutti prigionieri del sostegno dato a Saddam dal loro personale rais, Arafat, il quale ha beneficiato per primo dei soldi per finanziare il terrorismo palestinese nell'attuale conflitto contro Israele. Notare, non la causa palestinese, come scrive Mastrogiacomo, denominazione che mantiene pur sempre un romantico sentimentalismo tra gli europei, ma il terrorismo che ha massacrato finora più di 800 civili israeliani. Tutto il tono dell'articolo sembra non tenere conto della reale funzione di agente del terrore che Saddam ha avuto in combutta col suo degno socio Arafat. Il quale si è ben guardato dall'aprire bocca dopo la cattura del tiranno.
Ecco il pezzo.

RAMALLAH - «No, non è lui. Non è possibile. Sarà un sosia. Una comparsa organizzata dagli Usa». Nella piazza dei Leoni, nel cuore di Ramallah, la lettura dei quotidiani si trasforma in tragedia. La foto di Saddam Hussein è una frustata che colpisce l´orgoglio non solo palestinese ma arabo più in generale. Che annienta il mito dell´ultimo Saladino capace di tenere testa ai grandi della terra. Non si danno pace a Ramallah. Non vogliono credere a quel che vedono. Su tutte le prime pagine dei giornali, sulle tv che propongono, ossessivamente, quelle immagini forti, crude, persino spietate, del grande dittatore stanato dal suo buco e visitato come un essere primitivo catapultato nel terzo millennio. C´è chi si affida all´ironia, come un giornale che pubblica una vignetta in cui si vede il medico che chiede a Saddam mentre gli ispeziona la bocca: «Dove hai nascosto le armi di distruzione di massa?». Chi sceglie il silenzio, come Yasser Arafat. E chi taglia corto ogni richiesta di commento, come il premier Abu Ala, che si limita a dire, imbarazzato: «Sono affari interni del popolo iracheno».
Una brutta pagina. Da cancellare subito. Per concentrarsi sui problemi della Cisgiordania e sulla ripresa del negoziato con Israele che a questo punto diventa una priorità. Anche per l´amministrazione Bush. I colloqui preliminari tra le parti sono stati ripresi e si lavora per un incontro dato per imminente tra gli stessi Abu Ala e Ariel Sharon. Ma dietro il pessimo umore e le manifestazioni di sconcerto, quasi di vergogna per il modo in cui Saddam si è fatto arrestare, restano i ricordi del sostegno che il dittatore di Bagdad aveva dato ai palestinesi e alla loro causa. Appoggi non solo politici, ma economici. Nessuno, qui, ha scordato i diecimila dollari consegnati alle famiglie delle vittime degli scontri con l´esercito israeliano e i venticinquemila dati ai parenti dei kamikaze. Hamas, per bocca di Abdel Aziz Rantisi, non lesina nuove minacce: «Gli Usa pagheranno un prezzo molto alto per l´errore di aver catturato Saddam». Ahmad Daoud, direttore del "Palestinian media center", offre un´analisi più realistica e sincera. «Non penso che Saddam avrebbe potuto rimanere nascosto a lungo. Nessuno era disposto a dargli rifugio. Ha portato la sua gente al disastro quando iniziò la guerra con i suoi vicini. E ha portato persino il dolore al suo popolo per il modo in cui è stato arrestato».
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