Tre articoli di propaganda anti-Israele in una sola rivista da far invidia al Manifesto e a Liberazione. Della Seta, ma la leggi la tua rivista?
Testata: La Nuova Ecologia Data: 15 dicembre 2003 Pagina: 56 Autore: Maurizio Pagliasotti Titolo: «Il nostro reportage quotidiano dal Medioriente»
Su La Nuova Ecologia del mese di dicembre '03: Critichiamo tre fra i tanti articoli di Maurizio Pagliasotti, tutti contenuti nella sua rubrica "Il nostro reportage quotidiano dal Medioriente". Cominciamo con il primo:
1) "La cifra della repressione"
La maggioranza della società israeliana approva la politica di Sharon. Ma i ragazzi di B'tselem, accusati di collaborazionismo, vogliono dimostrare con dati scientifici che la pace passerà solo con l'accettazione da entrambe le parti di due Stati per due popoli
Accusati di collaborazionismo da chi e perche'? E se c'e', che differenza c'e' tra un accusato di collaborazionismo che vive sotto l'ANP e un cittadino israeliano?
La società israeliana nella stragrande maggioranza approva la politica repressiva che l'attuale governo conservatore presieduto da Ariel Sharon sta attuando nei confronti dei palestinesi. L'idea di fondo è che il terrorismo debba essere prevenuto sul campo, con attacchi mirati a stroncare la resistenza e piegare il morale dei cittadini che, seppur non combattendo, appoggiano le organizzazioni oltranziste: Hamas e Jihad come capofila. Notare come gli aggettivi abbiano un loro enorme peso: Sharon è "conservatore e attua una politica repressiva", Hamas e Jihad sono "organizzazioni oltranziste". Chiaro il concetto no?
Anche l'Autorità nazionale palestinese (Anp), nella persona del presidente Yasser Arafat, è considerata un'organizzazione terroristica che deve essere neutralizzata e da qui i 20 mesi di isolamento del raiss.
Non è il governo (o il popolo) israeliano a considerare l'ANP un'organizzazione terroristica. E' un dato di fatto riconosciuto ormai da quasi tutti, tranne da Pagliassotti e i suoi "compagni" ancora accecati dall'ideologia
Il consenso per questo tipo di politica è vasto, circa l'80% della popolazione. Così, anche vasti settori dell'opposizione, i progressisti, hanno un programma simile basato sulla prevenzione con metodi violenti. B'tselem, in italiano traducibile "a sua immagine" per dare l'idea dell'uguaglianza di tutti gli uomini, è un centro studi israeliano che contesta questa politica, servendosi di dati che evidenziano non solo la brutalità dell'attuale repressione nei Territori occupati e nella Striscia di Gaza, ma anche la sua pericolosità per gli stessi israeliani. Situato nella zona sud di Gerusalemme, in B'tselem lavorono decine di riceratori che producono materiale statistico riguardante ogni tipo di situazione: insediamenti colonici, vittime fra i civili (entrambi i fronti), distruzione di case, imposizione di coprifuoco, utilizzo di scudi umani, assedi di civili, vita quotidiana e molto altro ancora.
Tabelle, mai contestate da nessuno, che dimostrano quanto dura sia l'attuale repressione dell'esercito israeliano, che talvolta sconfina nella brutalità pura. B'tselem smentisce di essere un'organizzazione pacifista, a sottolineare una valenza scientifica e non politica del lavoro che svolgono nel sospetto generale che li circonda. L'accusa di collaborazionismo con il nemico è ricorrente, come ricorrente è quella di fomentare l'antisemistismo in Occidente. Entrambe, ovviamente, sono infondate. All'interno di B'tselem lavorano ragazzi israeliani che amano il loro paese e che vivono il loro lavoro come la vera e unica possibilità di difendere Israele dalla catastrofe incombente: militare ed economica. Di organizzazioni come B'tselem ve ne sono in tutti i paesi democratici. Pagliasotti dovrebbe chiedersi come mai non ce n'è nessuna sotto Arafat nè nei paesi arabi. La catastrofe incombente è prima di tutto il terrorismo e la volontà degli arabi di distruggere tutto Israele. L'economia in Israele va male a causa della guerra scatenata dai palestinesi. La militarizzazione di Israele è la conseguenza delle violenze arabe. Se non si riconosce questo non si può pretendere di capire la situazione e quindi giudicarla
Gli studi riguardanti le ricadute negative dell'Intifada al Asqsa sull'economia reale danno un quadro di recessione con pesanti tagli alla spesa sociale. Basta farsi un giro per le vie di Gerusalemme Ovest per incontrare numerosi homeless. B'tselem vuole dimostare, con dati scientifici, che la pace passerà solo attraverso l'accettazione da entrambe le parti di due Stati per due popoli, dove entrambi possano vivere in sicurezza e prosperità. Gia'! Peccato che Israele abbia cercato di farlo decine di volte, l'ennesima della quale a Camp David. Dall'altra parte pero' ci sono state solo risposte di violenza e tentativi di sopraffazione. Ma questo il nostro Pagliasotti non lo dice... Il quale poi termina l'articolo con queste parole: "E dove nessuno dei due prevarichi brutalmente sull'altro." Che il sig. Pagliasotti vada a dire al suo amico Arafat di non tentare di prevaricare brutalmente su Israele. Poi vediamo se esce vivo dalla Mukata...
Secondo articolo: 2) "Tutti i giorni così" Jenin. Le dimensioni sono quelle di tre campi di calcio. È la spianata situata all'interno del campo profughi di Jenin che l'anno scorso, nel mese di aprile, i bulldozer e i tank dell'esercito israeliano lasciarono solo dopo una battaglia che infuriò per dieci giorni
Le dimensioni sono quelle di tre campi di calcio circa. È la spianata situata all'interno del campo profughi di Jenin che l'anno scorso, nel mese di aprile, i bulldozer e i tank dell'esercito israeliano lasciarono solo dopo una battaglia che infuriò per dieci giorni. All'interno di questo quadrilatero, un tempo composto da case, si asseragliarono un centinaio di palestinesi ricercati dall'esercito. Come i migliori cronisti filo-terroristi Pagliasotti parla prima dei buldozer israeliani (che chissà perché entrano in un campo profughi) e poi dei palestinesi "ricercati dall'esercito", guardandosi bene dal chiamarli terroristi o dal descrivere che tipo di "attrezzature" avevano con sé questi "poveracci". Scambiando causa con conseguenza si confondono meglio le acque, per poi accusare senza scrupoli Israele e difendere a spada tratta il terrorismo palestinese Gli abitanti del campo fuggirono e il luogo dove resistevano i militanti di Hamas e Jihad islamica venne semplicemente abbatutto. Molti civili vennero uccisi nell'operazione. Ma nella riga precedente Pagliasotti dice che i civili erano fuggiti! Il livello del suolo originario è coperto da almeno tre metri di macerie, i palestinesi parlano di otto ma la cifra appare esagerata. In mezzo una casa superstite con un letto sul balcone mezzo pericolante e le pareti sventrate, quasi a simboleggiare l'enormità della situazione. Jenin rimane un posto molto "caldo", con coprifuoco quasi quotidiano e l'impazzare nella notte di carri armati e jeep che scorrazzano per le vie della città, sparando raffiche in aria. Della pericolsità della situazione parlano anche Isabella e Anna, rispettivamente fisioterapista e infermiera inviate da Emergnecy nell'ospedale di Jenin. Entrambe raccontano l'estrema fatica del loro lavoro, data dalla difficoltà quotidiana che si incontra nel normale espletamento delle terapie. Lavorano in un piccolo ambulatorio insieme ad Andrè, medico polacco. «Si passa da momenti in cui l'ospedale è deserto, durante i coprifuoco che durano più di un giorno, ad altri in cui la gente si ammassa per avere le cure necessarie, ovvero quando il coprifuoco finisce. In questo caso i malati devono scegliere se venire da noi a farsi curare oppure andare in città a fare provvista perché un altro periodo di coprifuoco potrebbe scattare in qualsiasi momento». Se sono ammalati e bisognosi di cure ospedaliere come fanno ad andare al mercato? E possibile che siano tutti ammalati da non poter mandare qualcuno sano a fare la spesa?
Nell'ospedale si accalcano le persone ma un nuovo padiglione è in costruzione. «Le patologie che noi curiamo non sono direttamente collegate con gli scontri, rari, ma dalla fatica della vita quotidiana, data dall'occupazione militare e dalla cultura palestinese. In particolare le donne soffrono a causa dei numerosi parti e di una vita sfiancante». Isabella ha anche lavorato molti mesi in Afghanistan e, nonostante l'entusiasmo che dimostra, desidera tornare a casa. Molte le ragioni ma su tutte predomina la frustrazione per non riuscire a lavorare e il doversi scontrare con problemi insormontabili.
E per chi palestinese lavora o studia fuori da Jenin? Per arrivare ad esempio fino a Ramallah, distante circa 80 km, sono necessarie quattro ore tra taxi, bus e piedi. Durante il percorso, taxisti pazzi guidano attraverso i campi per evitare i check point, per poi trovare una sbarra con quattro lucchetti in mezzo alla strada. L'esercito israeliano chiude con disinvoltura le strade che non può controllare con un posto di blocco fisso. Visto che i terroristi approfittano di qualunque buco per infiltrarsi nelle città israeliane e farsi poi esplodere. Ma questi sono aspetti secondari per il nostro Pagliasotti
Durante il giorno arrivano i militari che fanno controlli a caso. Uno solitamente sale su una piccola altura e punta il fucile nella direzione di qualcuno, scelto non si capisce bene con quale criterio.
Sempre perché gli israeliani sono tutti matti e non si capisce il perché delle loro azioni (v. sopra)
Una volta superata la sbarra, e dopo aver percorso un pezzo a piedi, con pazienza si aspetta un bus. Intorno palestinesi che vendono caffé, ciabatte, frutta e improbabili souvenir ai giornalisti. Il bus arriva dopo un'ora. Siamo fortunati: ha la targa israeliana gialla, se l'avesse avuta verde, palestinese, sarebbe stato meglio aspettare ancora. Targa verde uguale controlli a raffica, targa gialla si passa abbastanza velocemente. Ennesimo viaggio con taxista pazzo e arrivo, finalmente, a Ramallah. Per entrare in città è necessario superare l'ennesimo check point e prendere l'ennesimo taxi. Tutti i giorni così Ma guarda che roba: oltre ad essere matti questi israeliani sono anche razzisti. Come al solito al nostro "corrispondente" non viene in mente che forse i tassisti israeliani saranno un po' meno inclini a fare da autisti ai bombaroli palestinesi
Terzo articolo: 3) "La festa dopo l'orrore" Nablus ore 15.30 di sabato 4 ottobre. Un venditore ambulante incomincia a sbraitare con un megafono. Immediatamente attira l´attenzione di molte persone che si accalcano intorno all´uomo e tentano di capire meglio cosa stia succedendo. Esplodono le manifestazioni di giubilo: risate, urla, una gioia irrefrenabile. Compaiono le armi, fucili automatici che esplodono raffiche di proiettili in aria per festeggiare l´arrivo della grande notizia: un kamikaze si è fatto esplodere ad Haifa. Il nostro sig. Pagliasotti non mette tra virgolette la grande notizia. Forse la penserà come coloro che festeggiano?
«Allah è grande! Allah è grande! Allah è grande!»: la piazza centrale di Nablus, quella che pochi giorni prima aveva visto le più vaste manifestazioni palestinesi per l´anniversario della terza Intifada (con fortissima presenza di Hamas e Jihad islamica) è un unico delirio di felicità pazza, furiosa, violenta. Qualche donna impreca perché consapevole che la notizia ha un unico significato per la quotidianità di questa città: aumento della repressione, occupazione più dura. Ma la folla oggi pomeriggio è in preda ad una esaltazione collettiva. La nostra impressione ha una piccola conferma: il sig. Pagliasotti non si addolora per i 4 bambini uccisi, per le famiglie sventrate, per la convivenza pacifica tra israeliani e arabi minata (l'attentato era avvenuto in un ristorante di proprietà araba in cui si incontravano cittadini di tutte le proveniene etniche e religiose), ma della repressione che avverrà (lui ne è sicuro). Un uomo al quale ho chiesto informazioni su quanto accaduto, mi cerca per tutta la piazza e una volta raggiuntomi mi offre un pacchetto di dolcetti, «un regalo per festeggiare questo grande giorno», mi dice con un sorriso infinito. L´impressione è di essere in una grande piazza italiana quando ci sono le partite della nazionale di calcio durante i mondiali. Arriva la notizia che tutti aspettano: dieci morti israeliani. Ulteriori urla ed esplosioni di felicità, raffiche di kalashnikov e taxi che strombazzano impazziti.
***Proprio come una partita di calcio, infatti... 10 morti israeliani paragonati ad una squadra sportiva vincente. Che campione di sensibilità!!
Compaiono i militanti di Hamas e Jihad islamica, armati fino ai denti. Rivendicano l´attentato, sbraitano insulti e minacciano ulteriori attacchi, dopo di che si dileguano. Arrivano altre notizie, proprio come in una radiocronaca sportiva: venti morti. La piazza ha però sbollito il grosso dell'entusiasmo e ora la reazione è più contenuta; pochi minuti e tutto torna alla normalità, come se nulla fosse accaduto. In attesa che arrivi la rappresaglia. Che ovviamente si scatena nelle ore notturne con l´entrata in città dei blindati che vanno ad arrestare dei militanti nelle loro case.
***L'arresto di alcuni terroristi è cosa grave e luttuosa molto di più del massacro di 20 persone...
Nablus, fino al calar del sole brulicante di persone, diventa deserta, si notano solo pochi ragzzi nascosti nelle vie più strette con le pietre in mano: attendono il passare dei soldati israeliani per iniziare l´Intifada. Escono i ragazzi dell´Ism, il movimento di solidarietà internazionale che tenta di ostacolare il lavoro dei militari con azioni non violente. Di tale gruppo faceva parte anche Rachel Corrie, la ragazza ventunenne schiaccaita da un bulldozer israeliano nel mese di aprile.
***Anche qui, si evita accuratamente di spiegare come sono andati i fatti realmente, non sia mai Israele dovesse uscirne con un'immagine un po' meno demoniaca
Capeggiati da una ragazza palestinese si lanciano in azioni di disturbo folli, senza alcuna atilità. Si parano davanti ai soldati con fare minaccioso e fanno richieste assurde. I soldati sparano in aria e minacciano di abbassare il tiro, lanciano sound bomb tra i piedi, pericolosissime perché il bossolo parte ad altezza uomo ad una velocità elevatissima, una specie di proiettile. Il tutto di notte. I palestinesi sembra abbiano la voglia irrefrenabile di farsi ammazzare questa sera, e trascinano con loro ragazzini scapestrati che arrivano da tutto il mondo, ansiosi di "fare qualcosa". Intanto la battaglia scoppia vicino alla moschea del campo profughi di Balata. Soldati scesi dai blindati sembra vogliano entrare dentro il luogo di culto. Almeno duecento ragazzi scatenano una sassaiola contro i blindati che ripiegano. Il tutto in un contesto grottesco con barbieri aperti nei quali serafici clienti discutono sul quanto farsi accorciare le basette oppure mamme che scendono con i bimbi in braccio e vanno a comprare qualche cibarie nel negozio sottostante.
***Di notte? Beh se possono andare a fare la spesa o dal barbiere, allora questo coprifuoco non è così terribile
Il tutto in mezzo al lancio di lacrimogeni, raffiche di mitra, sassaiole, sound bomb. Passa il tempo e tutto sembra calmarsi. Per poi riprendre verso le quattro della mattina quando carri armai entrano nella città vecchia e sparano quattro colpi, non si sa contro cosa, svegliando la popolazione di Nablus e facendo tremare le pareti delle case. «È arrivata la festa», sghignazzano i ragazzi palestinesi.
***Sempre i soliti pazzi israeliani che non si capisce perché agiscano in questo modo... In più ora sono anche dispettosi, visto che svegliano la popolazione dormiente alle 4 del mattino Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de La Nuova Ecologia. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.