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La Nuova Ecologia Rassegna Stampa
11.12.2003 Verdi, ecologici, pacifisti
Ecco la loro propaganda contro Israele

Testata: La Nuova Ecologia
Data: 11 dicembre 2003
Pagina: 1
Autore: Maurizio Pagliasotti
Titolo: «Le strade della pace»
La Nuova Ecologia si trova anche su internet a questo indirizzo: http://www.lanuovaecologia.it/speciale/no_war/2403.php. Sulla versione cartacea del mese di novembre c'è un servizio sul Medio Oriente. Fra le tante cronache, c'è anche un diario di Maurizio Pagliasotti, che qui si trova sotto la nostra lente.

"Un reportage, quotidiano, dal Medioriente"

Gerusalemme. Tre anni fa, il 29 settembre 2000, Ariel Sharon irrompeva sulla Spianata delle moschee, terzo luogo sacro dell'Islam e luogo simbolo di Gerusalemme Est, pseudo capitale dello Stato palestinese. Scoppiava la seconda Intifada

Già il titolo ci informa da che parte stara' il nostro corrispondente: nessuna menzione della sacralità per gli ebrei: la "Spianata delle Moschee" è anche, prima soprattutto (almeno cronologicamente) la Spianata del I e II Tempio costruito da Re Salomone e da Erode.

da Nablus
Maurizio Pagliasotti

Tre anni fa, il 29 settembre 2000, Ariel Sharon irrompeva sulla Spianata delle moschee, terzo luogo sacro dell'Islam e luogo simbolo di Gerusalemme Est, pseudo capitale dello Stato palestinese. Scoppiava la seconda Intifada, che ha portato centinaia di morti tra gli israeliani e migliaia tra i palestinesi.

Sharon aveva chiesto il permesso alle autorità islamiche che glielo avevano concesso. Perfino i rapporti Tenet e Mitchell firmati anche da Arafat ammettono che l'Intifada cominciò 2 giorni prima della visita di Sharon

Gerusalemme
Tre lunghi anni di battaglie, assedi, uomini bomba, rappresaglie, in una spirale che sembra non avere fine. Sia gli israeliani che i palestinesi stanno perdendo il furore iniziale, nonostante la voglia di continuare a massacrarsi reciprocamente. Troppa guerra, troppi lutti, troppa povertà. La vita è diventata un inferno: città trasformate in fortini blindati sul versante israeliano e cumuli di macerie e immondizie su quello palestinese.
Non si capisce proprio da dove Pagliassotti abbia la sensazione che gli israeliani abbiano la voglia di massacrare i palestinesi. Contrariamente a questi ultimi che invece non passa giorno in cui non dichiarino di voler buttare a mare tutti gli israeliani

Il terzo anniversario dello scoppio della seconda Intifada è celebrato con una pretestuosa chiusura dei Territori Occupati da parte dell'esercito israeliano, e soprattutto con la limitazione imposta ai palestinesi di Gerusalemme Est di recarsi presso la Spianata delle moschee per la preghiera del venerdì. Mitra spianati in un luogo di preghiera. «Un bel modo per evitare tensioni» mi dice l'ufficiale di polizia cui chiedo spiegazioni.
Per le parole che usa Pagliassotti sembra quasi che Israele festeggi l'inizio dell'Intifada, esattamente come fanno i palestinesi quando dopo un attentato scendono in piazza e tra urla e danze distribuiscono dolciumi, come in un'allegra festa paesana.
Se Israele limita l'accesso a determinati luoghi è solo per la paura di nuove violenze. Perché per i palestinesi qualunque occasione è buona per rialzare il livello di tensione.

Cos'è la Terra Santa oggi? Un luogo dove si combatte tutti i giorni, dove la ragione si è spenta e la cecità verso la soluzione dei problemi, ovvero due Stati per due popoli, blocca tutto. Le agenzie occidentali battono rare notizie, magari solo quando c'è il "botto", mentre qui siamo di fronte a due popoli che in massa rispondono di «non avere nessun amico dall'altra parte», frase tra le più potabili che si sentono in giro. Nemmeno la classe universitaria si chiama fuori dalla mischia, alla faccia del detto che la conoscenza avvicina. E, dramma nel dramma, l'ambiente e la salubrità della vita crollano insieme ai valori della fratellanza o quantomeno della convivenza civile.
Un concentrato di faziosità: perché Pagliassotti non specifica chi ha rifiutato infinite volte la soluzione pacifica? E chi altrettante ha invece teso la mano? Lo stesso vale per le università: mentre quelle palestinesi sono un covo per allenare i giovani al terrorismo, quelle israeliane tentano di essere delle oasi di pace e convivenza. E a volte, approfittando dell'apertura di queste, i palestinesi hanno tentato di minare anche col terrorismo questi tentativi, come successe nell'estate del 2002 quando scoppiò una bomba nel caffè dell'Universita' di Gerusalemme "Har Hazofim".

Paesaggi stupendi distrutti da gigantesche costruzioni completamente abusive. Città fetide perché non ci sono più soldi per raccogliere l'immondizia che giace al suolo. «Giustamente», dicono i palestinesi, perché «prima vogliamo vedere aggiustati gli ospedali e la case demolite durante le incursioni». Israele e Palestina corrono verso l'autodistruzione, entrambi sanno che la guerra che stanno combattendo non la vincerà mai nessuno.
E i miliardi che Arafat intasca che fine fanno? Israele, poi, non bombarda gli ospedali, ma distrugge solo le case dei terroristi che compiono attentati. Semmai sono i palestinesi che usano qualunque edificio civile come laboratorio per fabbricare ordigni...


Lascio le strade di Gerusalemme Ovest che pullulano di soldati, testimoni di un terrore collettivo che diventa psicosi e sta formando, così dicono i sociologi, la generazione più militarizzata della storia israeliana. Raggiungo quelle di Nablus, puzzolenti e coperte di macerie, casa di migliaia di persone che meditano vendetta: "Senza giustizia nessuna pace", si legge sulle serrande dei negozi. E sarà così perché qui, nei Territori Occupati, tutti sognano di raggiungere il nemico e restituire quanto subìto. Con gli interessi.
Se così davvero fosse i palestinesi dovrebbero regalare agli israeliani strutture pubbliche, ospedali, scuole, aeroporti; dare loro milioni di dollari in rimesse e contributi per i lavoratori, armi per aiutare la polizia israeliana, ecc. ecc.
Invece i palestinesi sanno regalare solo e molto generosamente anche, la morte e la devastazione (ne sanno qualcosa anche i giordani e i libanesi)...

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