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Avvenire Rassegna Stampa
10.12.2003 Sharon, pronto un piano di pace
qualora la Road Map si bloccasse definitivamente

Testata: Avvenire
Data: 10 dicembre 2003
Pagina: 4
Autore: Graziano Motta
Titolo: «Sharon: «Pronto un piano di pace alternativo»»
Avvenire riporta la notizia che Sharon avrebbe un piano di pace alternativo qualora fallisse la Road Map. Bene ha fatto Graziano Motta ad informare i lettori di Avvenire. Questa notizia non si trova sui maggiori quotidiani.


Il fallimento dell’incontro interpalestinese della scorsa settimana al Cairo alla ricerca di una nuova tregua nella rivolta armata contro Israele ha protratto la paralisi della Road Map. Il piano di pace prevede infatti la cessazione delle violenze prima di una riattivazione del dialogo politico. Ma a sorpresa ieri il premier israeliano Sharon dinanzi alla commissione parlamentare Esteri e Difesa, ha annunciato: «Sto preparando un piano alternativo, in caso di arresto dell’itinerario previsto dalla Road Map». Del quale non ha voluto dare particolari, salvo definirlo «compromesso, difficile e controverso» e riservandosi di annunciarne i contenuti al momento opportuno. Prima potrebbe incontrare per un vertice il primo ministro palestinese Abu Ala, e adottare alcuni «provvedimenti unilaterali» quali lo sgombero di alcuni insediamenti di coloni nei Territori «per ragioni di sicurezza» e alleviare restrizioni alla popolazione palestinese e ritirare i soldati da alcune città.
Di questi provvedimenti il ministro degli Esteri, Silvan Shalom, informerà stamane a Ginevra il presidente egiziano Mubarak (il primo incontro bilaterale ad alto livello da oltre un anno) e poi il comitato dei Paesi donatori al governo del’Anp, che comincia i suoi lavori oggi a Roma. E qui compirà un’importante visita in Vaticano dove sarà ricevuto dal Papa e dal segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano: al centro dei colloqui la necessità del dialogo israelo-palestinese come via di riconciliazione, nonostante il difficile processo di pace, e i rapporti bilaterali collegati all’«accordo fondamentale» tra Santa Sede e Stato d’Israele di cui a fine mese ricorre il decimo anniversario. Contro i provvedimenti unilaterali si è pronunciato subito il Consiglio dei coloni che ha definito «illegale, immorale, contraria ai valori del sionismo e un aperto incoraggiamento al terrorismo l’espulsione di ebrei dalle loro case» in giudea e Samaria e chiesto a Sharon di dimettersi perché «ha perduto il diritto di dirigere il Paese». Il Partito nazionale religioso e quello di Unità nazionale hanno minacciato di lasciare la coalizione di governo. Comunque un sondaggio dell’università di Tel Aviv ha accertato che il 60 per cento degli intervistati sostiene l’evacuazione degli insediamenti dei coloni e il 72 per cento ritiene che Sharon farà le «concessioni dolorose» ai palestinesi. Il 62 per cento si dice poi favorevole alla nascita di uno Stato palestinese.
Lo scenario politico è dominato ancora dalle raezioni alla decisione dell’Assemblea generale dell’Onu di chiedere alla Corte penale internazionale di giudicare la legittimità del muro. Il voto viene salutato come una «grande vittoria» dal governo di Abu Ala e invece condannato da quello Sharon come una delegittimazione del diritto fondamentale di uno Stato di proteggere i suoi cittadini dal terrorismo. Tuttavia sia i più alti esponenti laburisti sia l’ambasciatore degli Stati Uniti chiedono a Sharon di modificare il tracciato della barriera di sicurezza. E un nuovo attentato suicida è stato sventato appena in tempo con l’arresto di Suleiman Abu Ros, 20 anni, del campo profughi di Balata (Nablus) pronto a farsi saltare in aria in Israele presso Rosh-ha-Ayn; del suo mandante Zaber Abu Saris, 37 anni, e di una complice di 40 anni, latina Abu Drar (aveva portato con sé la cintura esplosiva) che è risultata esser madre di sette figli.
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