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Il Foglio Rassegna Stampa
05.12.2003 Alla domanda di Galli della Loggia
risponde Giorgio Israel

Testata: Il Foglio
Data: 05 dicembre 2003
Pagina: 4
Autore: Giorgio Israel
Titolo: «Antisemitismo»
Riportiamo la risposta di Giorgio Israel all'articolo di Ernesto Galli Della Loggia (Sette di giovedì 4.12, si veda IC di ieri), pubblicata sul Foglio di venerdì 5 dicembre 2003.
Al direttore - Condivido in toto l’opinione di Galli della Loggia: circola un’indulgenza per l’antisemitismo di sinistra che non esiste per quello di destra. Il fatto che si metta in circolazione un sondaggio demonizzante Israele, mentre si occulta un rapporto che mette in luce l’antisemitismo islamico e filo-palestinese, ne è una prova clamorosa. Dove non lo seguo più è quando lamenta che, in questo caso e quando si tratta della sinistra, non si fa sentire "la voce delle comunità ebraiche, degli esponenti e degli intellettuali
dell’ebraismo italiano". Viene da chiedersi: "Farsi sentire, dove?". Perché,
tolto chi si fa sentire in virtù della carica, come Amos Luzzatto, gli altri – esponenti, intellettuali – dove e come potrebbero farsi sentire? Si ha un bel dire: "Parlate". Si conceda lo spazio per parlare e se ne sentiranno delle belle. Avrei – in molti avremmo – tanto da dire circa le questioni sollevate da Galli, ma la sua domanda cadrà nel silenzio e ciò potrebbe indurlo a conclusioni erronee. Difatti, con le notevoli ma ristrette eccezioni – che Galli cita – del Foglio e della rubrica di Paolo Mieli, i mezzi d’informazione sono l’esclusiva di un ristretto numero di "addetti ai lavori", di una compagnia di giro, che da sé se la canta e da sé se la suona. Se dovessi pensare dove altro scrivere queste righe, non mi verrebbe in mente che di supplicare un illustre opinionista affinché intervenga lui – magari uno di
quelli che si firmano con l’indirizzo di posta elettronica e, provate a scrivergli, non ti rispondono neanche per caso. Questo stato di cose è aggravato da una difficoltà politica. Illustrerò la cosa con un riferimento personale. Un anno e mezzo fa pubblicai un libro sul nuovo antisemitismo, uno dei cui intenti era di aprire una discussione anche difficile, ma costruttiva, a sinistra. Ma a sinistra il libro è andato a sbattere contro un muro di silenzio, con due eccezioni: una contestazione basata su un falso storico, e l’accusa di essere un "revisionista" che "blandisce la destra". Inutile dire che chi fa storia per davvero è "revisionista", ma non sono tanto ingenuo da non sapere che nella mente di certuni rivolgere quest’accusa a un ebreo è come chiamarlo "kapò". Dove rispondere? Da nessuna parte. Per chi non è disposto a bere ogni calice antisemita pur di restare a sinistra, e non ha neppure voglia di fare scazzottate, bensì vuole discutere, sia pure con fermezza, non ci sono molti luoghi. I pochi rimasti sono presidiati notte e giorno dagli "addetti ai lavori". Vorrei amichevolmente rimproverare a Galli della Loggia l’uso generico del termine "comunità ebraica". Questa comunità comprende chi non riesce a separarsi da Asor Rosa e dai no-global, e chi la pensa in modo opposto, ma non accetta che l’antisemitismo divenga una mazza di scontro politico. Che le scelte dei primi non ricadano sui secondi. Ricordiamo le tristi vicende del 1982, quando a sinistra si intimava agli ebrei di schierarsi contro Begin. E’ ancora fresco l’inchiostro dell’articolo con cui Barbara Spinelli chiedeva agli ebrei un mea culpa universale. Evitiamo di parlare non di questo o quell’esponente, o della dirigenza, ma delle "comunità ebraiche", degli "esponenti" e degli "intellettuali", che avrebbero tutti la colpa di non farsi sentire. Infine, non gettiamo sulle spalle di questo gruppo minuscolo un peso insostenibile. Da tre anni, la tradizionale dose di stress antisemita che accompagna ogni ebreo è salita a livelli di guardia. Oggi un pestaggio a Parigi, ieri una scritta sui muri della Rai, l’altro ieri il discorso del presidente malese, domani qualcun altro parlerà di "razza ebraica". Non di rado, un ebreo si chiede come sarebbe stata la sua vita se non avesse speso metà
del tempo a convincere le società in cui vive ad accettarlo. E se ne è valsa la pena. Allora, cominciamo col chiedere non ai quattro gatti intellettuali ebrei, ma alla potente intellettualità di sinistra – quella che può farsi sentire – di prendere coscienza della gravità della situazione e di uscire dall’ambiguità, per cui sottovoce ammette che ci sono compagni che sbagliano, ma in pubblico cincischia sofismi insostenibili pur di non rompere il fronte. L’onere di parlare forte e chiaro è soprattutto di costoro e della compagnia di giro, di cui, certo, non fa parte Galli della Loggia che, onore al merito, ha sempre parlato chiaro, forte e bene sull’argomento. A proposito: si attende la risposta di Umberto Eco sulla questione dei Protocolli dei Savi di Sion alla Biblioteca di Alessandria e sull’antisemitismo islamico.
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