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Il Foglio Rassegna Stampa
28.11.2003 Un progetto suicida
che però è bene conoscere

Testata: Il Foglio
Data: 28 novembre 2003
Pagina: 3
Autore: Emanuele Ottolenghi
Titolo: «In Israele e Palestina c'è chi dice: due popoli uno Stato. Sorprese»
Un breve e polemico articolo di Emanuele Ottolenghi su un argomento del quale si discute troppo poco: l'ipotesi suicida dello stato binazionale. Ottolenghi la spazza via con ragionamenti chiari e lucidi.
Che cosa hanno in comune Hamas, i coloni
israeliani, e i nazionalisti palestinesi?
Risposta, il sostegno per uno Stato
unico come soluzione al conflitto israelopalestinese.
Non è un mistero che la presenza
a macchia di leopardo, nei territori,
di insediamenti abitati da più di 200 mila
persone rende oggi difficile, costosa e dolorosa
l’applicazione del principio di spartizione
su cui storicamente si fondano tutti
i seri tentativi di pacificare il conflitto. In
dieci anni quella separazione sarà impossibile.
I negoziati falliti nel 2000 dovevano
portare a un ritiro negoziato di Israele e a
una pace tra le parti. Ora, col passare del
tempo e la continuazione del conflitto, l’ipotesi
di un rinnovo del processo negoziale
appare remota.
In questo contesto, si fanno strada alcune
novità. Sharon sta scoprendo le sue carte,
per far vedere che la sua disponibilità
a fare "dolorose concessioni" è una reale
proposta, non solo uno slogan. Il suo annuncio
sulla possibilità di azioni unilaterali
entro la prossima estate se non ci sarà
stato fino ad allora un accordo indica come
la realtà demografica che si staglia all’orizzonte
del conflitto stia modificando le
sue posizioni politiche. Sharon oggi conta
su un solido sostegno popolare trasversale,
che attraversa sinistra, centro e destra, per
un ritiro unilaterale o per concessioni negoziate
che portino alla soluzione dei due
Stati due popoli. L’opposizione a quest’idea
viene non dalla sinistra sionista, che
semmai protesta per la lentezza di Sharon
e ne dubita le vere intenzioni, ma dalla periferia
ideologica e politica dello schieramento
israeliano: a sinistra, i comunisti e i
partiti arabi spingono per lo smantellamento
dello Stato ebraico e la sua trasformazione
in Stato binazionale. A destra il
movimento dei coloni ha presentato a sua
volta una simile idea: la proposta sarebbe
di smantellare l’Autorità palestinese e annettersi
i territori, precludendo la creazione
di uno Stato palestinese. Dopodiché
Israele offrirebbe a tutti i palestinesi che
lo richiedessero la cittadinanza israeliana.
Vista la realtà demografica che ne risulterebbe,
per tutelare la componente ebraica
dello Stato, i coloni prefigurano un assetto
costituzionale simile al Libano di prima
della guerra civile, con un primo ministro
ebreo e un vice arabo, e con una distribuzione
di seggi parlamentari secondo etnie
e non numeri, per tutelare l’equilibrio interno
di quello che cesserebbe di essere
uno Stato ebraico e che diventerebbe uno
Stato binazionale. L’idea non è stata ancora
ben chiarita, visto che il progetto non è
definitivo, ma il punto è che i coloni non
vogliono rinunciare ai territori, e preferiscono
mettere in dubbio l’ebraicità dello
Stato e i suoi presupposti sionisti pur di rimanervi.
I palestinesi dal canto loro sostengono
che, data l’impossibilità di separare
i due popoli tracciando un confine
che crei uno Stato palestinese contiguo, occorre
pensare a una soluzione basata sul
principio di uno Stato binazionale, non più
ebraico. Prima o poi, i palestinesi chiederanno
non più l’indipendenza da Israele,
ma la cittadinanza israeliana, sostengono i
palestinesi nazionalisti e moderati, e quindi
sarebbe meglio che Israele rinunciasse
al sionismo, abbandonasse l’idea dei due
Stati, e si desse pena di negoziare l’assetto
costituzionale di uno Stato binazionale.
Hamas ovviamente non vede di buon occhio
uno Stato dove gli ebrei avrebbero diritto
di voto, ma sostiene anch’esso lo Stato
unico in Palestina, ovviamente islamico,
dove le minoranze religiose sarebbero dotate
dello status di dhimmi, cittadini di seconda
categoria protetti dal regime in cambio
di obolo e marginalizzazione politica e
sociale. Ma, al di là delle differenze, quel
che unisce Hamas, coloni israeliani e nazionalisti
laici e moderati palestinesi è più
di quel che li divide. Tutti e tre i gruppi sostengono
lo Stato unico e rifiutano il principio
dei due Stati per due popoli, e dovranno
soltanto mettersi d’accordo tra loro
sulle modalità, i tempi e la divisione dei
poteri entro questa struttura. Les extremes,
come dire, se touchent.
La pressione per lo Stato binazionale sta
crescendo, con sempre più sostenitori in
Occidente a credere, erroneamente, che
due popoli che si combattono da cent’anni
in nome di un progetto nazionale sarebbero
disposti come per incanto a rinunciarvi
per vivere insieme condividendo quanto
vedono come esclusivamente loro. La follia
dello Stato binazionale sta nel fatto che
esso, come sarebbe il caso dei Balcani senza
la presenza permanente della Nato, è
l’anticamera della guerra civile.
Per questo Sharon farebbe bene a non
aspettare, a non cercare inutili scontri, come
in questi giorni, con gli Stati Uniti sugli
insediamenti, e farebbe bene a non sprecare
risorse per espandere un progetto – gli
insediamenti – che finirà, se continua, con
il mettere a rischio l’intera impresa sionista.
Meglio ritirarsi dai territori, lasciando
coloni, Hamas, e nazionalisti palestinesi a
scornarsi tra loro sullo Stato unico.
E. O.
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