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La Stampa Rassegna Stampa
23.11.2003 Fini in Israele
Ecco il primo commento

Testata: La Stampa
Data: 23 novembre 2003
Pagina: 6
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Fini in Israele»
Oggi inizia la visita di Fini in Israele. Pubblichiamo il commento di Fiamma Nirenstein. Da domani daremo resoconto dei vari servizi e commenti.
Farà pulizia dopo tanto parlare la visita in Israele del vicepresidente del Consiglio e capo di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini che comincia oggi: paradossalmente, proprio perché dopo tanti anni di attesa la visita avviene in tempi alquanto offuscati, in cui l’antisemitismo brucia e fa esplodere le sinagoghe europee e del mondo musulmano, prende a botte la gente con la kippà per strada, fa dire a Teodorakis, a Paulin, a non pochi altri intellettuali, a diplomatici in carica e a salotti benpensanti che "gli ebrei sono il male del mondo". Fini arriva dopo una preparazione lunghissima, dopo che le sue definizioni delle Leggi Razziali sono negli anni divenute sempre più precise, dopo essere stato ad Auschwitz, dopo avere chiesto scusa, dopo avere espulso
dal partito l’ammiratore di Priebke Antonio Serena...
La strada non poteva che essere lunga, perché la questione del rapporto fra destra e ebrei è davvero molto spinosa anche se dismessa talora a spallucce, come se non fossero stati deportati quasi novemila ebrei nella minuscola ma preziosa comunità di poco più di trentamila persone, come se l’orrore delle leggi razziali e delle sue conseguenze nell’alleanza con i nazisti (ebrei depredati, cacciati fuori dal lavoro, fuori dalla scuola, fuori da ogni
forma di vita civile, traditi, consegnati, affamati infine anche uccisi) fosse stato diminuito dalla natura degli italiani, che certo furono anche capaci
di grandi gesti di generosità e di eroismo, oppure di una scivolosa e silenziosa disapprovazione: i filosofi Ugo Spirito e Giovanni Gentile sentivano dentro di sè, si sa, una debole opposizione al razzismo, mai espressa però in modo incisivo, come racconta Gianni Scipione Rossi nel suo utilissimo studio "la destra e gli ebrei". Layolo, Piovene, Marinetti, nessuno fu un appassionato di antisemitismo, tutti però lo cavalcarono, e poi si scusarono. Dopo la sconfitta, i leader e gli intellettuali di destra hanno, e questo è frutto dell’orrore della Shoah, lamentato fra gli errori fondamentali del fascismo quello del razzismo.
Oggi la visita in Israele di Fini rappresenta innanzitutto una doccia di pulizia rispetto al passato, quindi la si potrà utilizzare come il segno definitivo di una riabilitazione completa quindi al consesso democratico
complessivo, non solo alla sua destra. Gli ebrei hanno a lungo ponderato se consentirgli questo passaggio. Ma attenzione, di mezzo c’è Israele dopo tre anni di Intifada, e il terrorismo dopo l’11 di settembre, e bisogna notare che Fini non si è tirato indietro. Forse quando Fini pensò alcuni anni fa che la
visita era importante per qualificarsi agli occhi dell’Europa intera come leader democratico, non prevedeva che questo avrebbe fatto di lui anche un leader in guerra col terrorismo contro le posizioni più morbide di molti europei: non prevedeva l’immensa animosità antisraeliana che oggi caratterizza il Vecchio Continente e carica non solo di legittimi giudizi critici il governo di Sharon ma che lo criminalizza, depositando su Israele le proprie paure del terrorismo, i suoi pregiudizi antisemiti che fanno di Israele "il Paese più
pericoloso per la pace"(più dell’Iran, della Corea del Nord, della Siria), come dice l’indagine della Comunità Europea, e che fa sì che per il 17 per cento degli italiani Israele sia il Paese che sarebbe meglio non esistesse. Volantini firmati dai movimenti giovanili di estrema destra, come quelli dell’estrema sinistra, dipingono Sharon come un mostro che sgranocchia bambini, lo rappresentano insieme a Bush con la svastica per insegna. Qualcuno ha addirittura consigliato a Fini di non andare in Israele finché c’è il governo Sharon per non esserne contaminato da destra, proprio come a Sharon molti
consigliavano di non incontrare un expostfascista. Ma Fini non è soltanto
andato ad Auschwitz: ha anche dichiarato varie volte che Israele è colpito da un terrorismo assassino, che non si deve negare a uno Stato sovrano il diritto all’autodifesa. Fini paga pegno venendo in Israele, da due parti: ai suoi no global di estrema destra, che marciano nelle piazze con caricature di ebrei nasuti come quelli dello Stumer che tramano per conquistare il mondo a partire
da tutto il mondo arabo; e ai suoi antisemiti classici, che non sono disposti a rinunciare a Salò,a Mussolini, a Evola, ai filonazisti, ai negatori dell’Olocausto. Israele tuttavia è alla ribalta del pensiero di destra come fatto di cambiamento fondamentale, perché il Msi volente o nolente e col suo antico antisemitismo, pure per sopravvivere si trovò a dovere elaborare un Occidente che, al contrario di quello che si era prospettato, voleva dire democrazia; e Occidente e Israele, nel corso degli anni e di tutte le guerre in cui Israele è stata aggredita, e poi quando l’attacco estremista islamico si è
appuntato soprattutto sullo Stato Ebraico e sugli Stati Uniti, non sono stati più termini divisibili. Fini, da vicepremier del paese che più di ogni altro nel corso di questa guerra contro il terrorismo si è avvicinato agli Usa, all’Inghilterra ed ha fatto da ponte fra un Europa piena di risentimento verso Bush e Israele, compie una visita che è andata molto oltre gli obiettivi personali originari: è una visita politica nella guerra al terrorismo. Gli ebrei
a loro volta, adesso non possono più limitarsi solo, nel decidere del loro
atteggiamento verso Fini, a compulsare le sue credenziali. Intanto, ne hanno visto di antisemitismo in questi anni, eppure non sono mai stati tanto severi; l'antisemitismo come lingue di fuoco proviene da ogni parte, la sinistra europea si è lasciata andare a una linea che lo ha lasciato smarginare nell’odio antisraeliano. A Israele, agli ebrei conviene profondamente,
oggi, elaborare il proprio lutto come fece Ben Gurion quando decise negli Anni
Cinquanta che era tempo di ricevere dalla Germania le compensazioni e accettare le sfide della storia che gli stavano di fronte; e Fini così, lancerà il suo desiderio di rinascita politica anche su un terreno più concreto di quello storico. Invece di parlare di Evola, da vice primoministro dovrà parlare di terrorismo. E lo stesso gli ebrei. Oggi, è questo il problema.
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