La Turchia nell'Unione Europea se avverrà, sarà una scelta coraggiosa
Testata: Avvenire Data: 21 novembre 2003 Pagina: 1 Autore: Vittorio E. Parsi Titolo: «Legare Ankara all'Occidente»
Riportiamo l'editoriale sull'ingresso della Turchia nell'Unione Europea, firmato da Vittorio E.Parisi pubblicato su Avvenire in prima pagina. Lungimirante, chiaro, condivisibile. Il terrorismo fondamentalista ha espresso il proprio barbaro voto sulla questione della possibile ammissione della Turchia nell’Unione Europea. Nel colpire il popolo, il governo e lo Stato turco, probabilmente ha inteso dire all’Europa: «Non azzardatevi ad ammettere Ankara nel club di Bruxelles». Avrà l’Europa abbastanza prontezza, sufficiente energia morale, lungimiranza politica per raccogliere questa sfida infame? La questione di quanto sia «europea» la Turchia perde di colpo ogni scapricciamento futilmente accademico e relega in secondo piano sia gli egoismi economici, sia le alchimie istituzionali, per assumere tutta la sua drammatica centralità, squisitamente storico-politica. Che cosa vogliamo concretamente fare per la Turchia in relazione all’Europa? Esistono solo due scelte possibili. La prima, chiudere la porta in faccia ai turchi, nell’illusione di isolarli ermeticamente nel loro bunker e sbarrare in questo modo il passo al fondamentalismo. Al di là della solita retorica, questa opzione implicherebbe l’abbandonare Ankara al proprio destino. La seconda decisione, dire sì alla Turchia, significherebbe invece che l’Europa si fa carico di sostenere la democratizzazione e l’integrazione della Turchia, un Paese che da centinaia di anni fa parte della storia mediterraneo-europea. Ridotta all’osso, l’alternativa è l’operare tutti e 26 i futuri membri dell’Unione (Turchia compresa) per sconfiggere i turpi disegni del terrorismo o accettare l’eventualità di avere una minaccia fondamentalista alle frontiere europee. Oggi la Turchia sta sul crinale, e forse anche per questo si trova sotto attacco. È uno dei pochissimi Stati musulmani che non rappresenti un potenziale fallimento. Le ragioni sono probabilmente da rintracciarsi nel suo passato di impero e non di possedimento coloniale, oltre che nell’opera di modernizzazione realizzata sotto l’autoritaria guida di Kemel Ataturk. La Turchia, già solo per questo, è un pugno nello stomaco a qualunque sostenitore del progetto fondamentalista. Da qualche anno, poi, al governo è un partito islamista moderato, che ha accettato la sfida di democratizzare la struttura dello Stato turco anche per poter entrare a far parte della Ue. Un cammino che deve essere ancora completato e sul quale non possiamo fare sconti, neppure nella logica dell’emergenza. I diritti umani, a partire dal diritto alla libertà anche religiosa, non sono negoziabili dentro l’Unione Europea. Ma è una strada alla quale possiamo collaborare concretamente. Un Paese musulmano, guidato da un partito islamista, democratico e membro dell’Unione: tutto ciò sarebbe intollerabile, un vero e proprio incubo, agli occhi di Ben-laden e compagni. Ma rappresenterebbe lo scorno maggiore che potremmo infliggere al terrorismo fondamentalista e costituirebbe un clamoroso segnale di speranza per tutti quei musulmani che credono nella compatibilità tra islam e democrazia. Dire fin da ora che la Turchia entrerà nell’Unione e fornirle un orizzonte temporale certo e verificabile: si tratta di una scelta coraggiosa, che affiancherebbe quella militare momentaneamente in atto, e che chiarirebbe come la sola «resistenza» degna di questo nome sia quella della civiltà contro il terrore globale. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.